Opera Viva Barriera di Milano, il progetto torinese di arte contemporanea, ha inaugurato il quinto manifesto: Almanacco di Federica Peyrolo. L’opera, un collage digitale composto da 599 disegni su carta, sarà visibile in Piazza Bottesini a Torino, fino al 29 settembre.
Quinta puntata del ciclo di arte urbana che ogni mese, da maggio, inaugura un manifesto, ognuno realizzato dalle nove artiste vincitrici della settimana edizione di Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto – quest’anno giunta alla VII edizione. Un progetto nella forma di spazio pubblicitario, sostenuto dalla fiera Flashback di Torino, attraverso il quale si autopromuove. Dopo Lucrezia Testa Iannilli, è dunque arrivato il turno di Federica Peyrolo: classe 1989, originaria di Susa, inizia a lavorare dal 2010 con il video e la performance. Al centro della sua ricerca il dialogo tra l’uomo e gli oggetti della quotidianità, i ricordi, la musica, la natura.
Il manifesto realizzato dalla Peyrolo, dal titolo Almanacco, è un collage digitale composto da 599 disegni di carta, realizzati quotidianamente dall’artista durante il 2020. Una profusione di elementi che si ricompongono in un’unica grande immagine – tre metri per sei -, in cui rispecchiare se stessi e ritrovare gli altri, in cui riconoscere di volta in volta il vuoto e il pieno. L’almanacco era il libro che registrava i giorni dell’anno con le indicazioni astronomiche e la posizione del sole e della luna; l’antenato del nostro calendario. Dunque, uno spazio ricco di dati e informazioni. Esattamente come il manifesto di Federica Peyrolo, che raccoglie storie individuali e collettive, esperienze comuni e traumatiche. L’obbiettivo dell’artista è dar vita a collegamenti che altrimenti si disperderebbero, e che invece nella sua opera trovano una soluzione.
Sono le parole dell’artista a chiarirne le intenzioni e la poetica:
C’è qualcosa che vorrei urlare, qualcosa che vorrei raggiungere con una corsa a piedi nudi nella neve, cerco di stare su a galla ma basta così poco per riportarmi sotto dove non si respira dove tutto è immenso e sembra di non appartenere più a niente. Non riesco più a vedere niente in questo tutto, cerco appigli, storie, giornate, legami, ma il pieno svuota, sono solo flussi di immagini, di ricordi, un pieno che sembra che debba finire presto, che non valga la pena, mai. Mi ricordo di ‘noi’ quando dicevamo: “perché ne vale la pena”, erano castelli di sabbia infiniti, uno sull’altro, ma non mi ero mai accorta di quanto il costruire era più rapido del mare. Ora non è così. Sono sdraiata a fianco delle mie varie costruzioni, le guardo essere inghiottite dall’acqua e non faccio niente. Aspetto di essere presa nell’onda, ma non decido, non so più sperare, gli occhi non brillano, piangono. E’ come una guerra inutile, ingiusta, una guerra autodichiarata, va tutto bene, il cielo, i colori, i soldi, gli amici, tutto mi dona affetto e io piango. Vedo solo la fine di tutto senza riuscire a vedere la pienezza nel mezzo in cui mi trovo. Affogo. Annego in un mare asciutto. Non respiro perché ho troppa aria.