
Si ricomincia. Dopo Armory a New York, avanti MiArt (settimana prossima Art Basel), prima fiera d’Europa in presenza della stagione. Ha inaugurato oggi, 16 settembre, la fiera internazionale di arte moderna e contemporanea di Milano (fino a domenica 19), la prima del neo direttore Nicola Ricciardi (direttamente dalle OGR di Torino). Ed è una buona fiera, sincera, pochi fronzoli, nessuna pretesa. C’è solo voglia di ricominciare. Di vendere. Tutto il resto passa, legittimamente, in secondo piano. Pochi gli stand curati (anche perché la conferma definitiva dell’apertura della fiera è arrivata a luglio), interessanti le sezioni curate, meno spazio a inutili eventi satellite e situazioni “collaterali”. La cosa che conta alla fine è chi percorreva i corridoi (ed entrava negli stand) oggi alla preview. E anche qui la sfida è vinta. Meno consueto luna park di personaggi colorati, più sostanza. Una sfilata di direttori, curatori, advisor, collezionisti importanti e inaspettati. Buona la presenza straniera, c’è anche un po’ di America, fattore molto importante. Soddisfatte in generale le gallerie, le vendite ci sono state. Il numero totale degli espositori ha toccato le 142 presenze, provenienti da 19 paesi oltre all’Italia (ridotta la presenza straniera come ovvio che sia in tempi complicati pandemici), divise nelle solite 5 sezioni (Established Contemporary, Established Masters, Emergent, Decades, Generations). La fiera torna (buona cosa) al primo piano dei padiglioni (GATE 4) di FieraMilano (fermata della metro Amendola, Lotto o Portello), ed è affiancata da miart digital: una piattaforma digitale che attraverso la suddivisione in aree tematiche permette di arricchire l’esperienza dei visitatori con contenuti multimediali originali e offre l’opportunità al pubblico di tutto il mondo di esplorare le opere esposte ed entrare in dialogo immediato con i galleristi attraverso una chat dedicata.
La redazione ha stilato una top 20 delle “cose” viste in questa giornata. Seguiranno aggiornamenti.
Terror di Mimmo Rotella, 1968, da Frittelli. Un raro riporto fotografico su tela del 1968 al centro di uno dei più belli stand visti in fiera

The Oval di Maurizio Pellegrin (1988). Un pezzo storico su cui gravita l’intero stand di Michela Rizzo, tra i più ricercati della fiera.

Schiele da Matteo Lampertico (un inedito per le fiere italiane, uno stand elegante nel complesso)

Uniformità, cromie color sabbia, formato gigante. Scarpitta, Poons, Bianchi, Ray Parker, Brown e Chuck Close da Gariboldi per uno dei migliori stand in fiera.


Una delle migliori artisti emergenti italiane: Marta Spagnoli da Continua

Le Surréalisme en 1947: libro d’artista, scultura, opera d’arte di Duchamp e Breton. Una chicca tra le tante da Osart

Mia Madre di Boccioni del 1907, da Bottegantica. Un capolavoro di china, matita e tempera

Arena, Bonvicini, Forti, Fliri, Labri, Maiolino. Consueta eleganza per Raffaella Cortese


Ghirri e Leonardi in un sofisticato dialogo da Antonio Verolino


Uno stand di livello internazionale. Solo Show di Marguerite Humeau, da Clearing

Una scala in meno del più classico grado di blu. Due tagli. Attese di Fontana (1966), da Tornabuoni

Le quattro stagioni di Gerardo Dottori, 1945 (Russo)

Due metri e mezzo per due metri e mezzo di Neon in vetro di Murano blu, rosso, verde e giallo. LOVE di Nannucci del 1897 (Astuni)

Un raffinato Parmiggiani da Poggiali

Solo Show di Sandro De Alexandris, da 10 A.M. ART

La Cometa di Melotti (1978) e un Fontana salmone (Attese, 1960), da Mazzoleni

Rosso di sera, Afro, del 1967 (da Cortesi)

L’uscita delle Valchirie di Melotti (1980) da Repetto

Three Thousand Tigers (2020) di Irene Fenara da UNA

Le nuove nature di Giovanni Frangi da Kromya

Un gioco di bianchi. I Cavalli e le rovine in riva al mare di De Chirico del 1927, da Farsetti

Fisiocromia di Carlos Cruz Diez del 2007 (Dep Art)

Drowning Light (2020) di Silvia Mariotti (A Plus A)
