TTozoi è il nome di un sodalizio artistico composto da Stefano Forgione e Giuseppe Rossi, originari di Avellino, nel cuore dell’Irpinia. Realizzano opere d’arte partendo dalle muffe e dalle polveri che si accumulano nei siti archeologici.
Con maestria e tanta pazienza questi materiali vengono trasferiti su tela e juta dando vita a nuova arte e a quadri dal sapore decisamente contemporaneo, aspettando che la Natura faccia il suo corso. Volta per volta e sito dopo sito nascono così autentici capolavori di arte “informale”.
Ad Artslife i due artisti raccontano, in una intervista doppia, gli inizi della loro carriera, i sogni e le aspettative per il futuro alla vigilia della loro prossima mostra, che si inaugura questa domenica a Santa Maria Capua Vetere. La cornice è quella suggestiva dell’antico Anfiteatro Campano (secondo per grandezza solo al Colosseo) che ospita anche il Museo dei Gladiatori.
Progetti futuri? “Nel 2022 il sito archeologico per eccellenza: Il Colosseo e i Sassi di Matera”.
Ragazzi, come nascono la vostra amicizia ed il vostro progetto d’arte Genius Loci che vi sta portando in giro per l’Italia e per il mondo?
S. Siamo amici praticamente dall’infanzia, passata nella piccola cittadina di Avellino. Per anni abbiamo entrambi lavorato a Padova e Milano senza incontrarci mai ed una sera ad una festa di un amico comune ci siamo ritrovati proprio nella nostra città ed abbiamo iniziato a parlare di arte e di muffe. E da lì non ci siamo più fermati.
L’inizio del nostro progetto risale al 2010, anno della personale a Napoli a Castel Dell’Ovo con Luca Beatrice, curatore del Padiglione Italia alla 53ª Biennale di Venezia.
Da quel momento abbiamo affinato sempre di più le nostre tecniche e nel 2017 è partito il progetto Genius Loci con la mostra nell’anfiteatro del sito Unesco di Pompei. Poi c’è stata la Reggia di Caserta, la Casa Romana di Spoleto e adesso Santa Maria Capua Vetere, dove ci fermeremo all’incirca un mese. Nel 2022 saremo nel luogo simbolo della storia, il Colosseo, e ai Sassi di Matera.
E cosa c’entra allora il figlio di Marta Marzotto con i vostri esordi?
P. Vede, in un certo senso dobbiamo tutto a lui.
A Stefano, uno dei figli di Marta Marzotto, piacquero alcuni quadri che avevamo realizzato nel laboratorio di Avellino e che erano esposti in fiera a Bologna. Non solo decise di acquistarli ma ci propose anche di realizzarne altri in situ direttamente nell’ex lanificio Marzotto. Così scoprimmo che le muffe cambiano e si adattano ai luoghi dove vivono e capimmo che il nostro lavoro doveva uscire dal laboratorio di Avellino e approdare nei siti storici, per riportare la vita in quei luoghi che trasudano di storia.
Ma come può la muffa così bruttina e maleodorante diventare arte su tela?
S. La muffa è stata sempre trattata nel mondo dell’arte ma con noi è la prima volta che diventa opera vera e propria. Lasciamo che il tempo e la natura facciano il loro corso, uniamo poi pigmenti, acqua, farine e colori e infine, dopo una quarantina di giorni che l’opera vive nei meandri dell’archeologia, fermiamo il processo e scopriamo cosa è venuto fuori. Ed ogni volta è un’emozione sempre nuova. E, sempre, fortissima.
Come quella internazionale che avete vissuto a San Francisco ?
P. In quella occasione, qualche anno fa, siamo stati contattati direttamente dall’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco, a Fort Point, un ex fortino americano della guerra d secessione. Una fetta di America è nata da quella guerra tra nordisti e sudisti, la memoria della potenza americana era lì e per noi è stato un onore lasciare una traccia con la nostra arte.
Che è arte informale: che cosa significa esattamente?
S. L’arte informale nasce tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, noi partiamo da quella ma abbiamo una traccia davvero trasversale perché intrecciamo anche l’arte povera ed elementi naturali come la farina e la juta per rendere la land art concettuale. Insomma un’arte che sappia andare oltre la semplice tela. Quello che vogliamo far capire con i nostri lavori è che la natura ha una forza che va oltre l’arte. Una natura che per noi è amica, alleata e partner diretta dei nostri quadri. Picasso diceva che dopo Picasso c’era solo Dio; noi rispondiamo che con Dio lavoriamo o meglio con quello che il buon Dio ha creato. E lo diciamo senza nessuna presunzione è, direi, un dato di fatto.
Il vostro nome d’arte TTozoi che significato ha?
P. Quello della vita: il nome deriva da spermatozoi, è solo abbreviato e con l’aggiunta di una T. Gli spermatozoi creano la vita; noi, dalla vita che fu, creiamo arte. La tela è donna. Vede, ogni artista non può operare prescindendo dal passato: da qui il nostro progetto, basato su concetto, forma, tempo e materia che sta diventando portavoce di una piccola rivoluzione nel campo sperimentale della pittura.
Avete progetti anche fuori dai confini nazionali?
S. Abbiamo avuto una proposta per il Muro del Pianto in Israele, se parliamo di estero; in Italia, invece, per il Castello Sforzesco di Milano. Ma non c’è luogo al mondo dove ci sia stata storia che non possa ospitare le nostre tele e il nostro modo di fare arte.