Print Friendly and PDF

Dalle nebbie londinesi ai riflessi umidi di Giverny. Le luci di Monet si rivelano a Milano

Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa. Olio su tela, 130x120 cm © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa. Olio su tela, 130x120 cm © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris
Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa. Olio su tela, 130x120 cm © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris
Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, 1917-1919 circa. Olio su tela, 130×120 cm © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris
Aria e luce vibrano nelle tele di Monet. L’osservazione attenta della realtà, il desiderio di cogliere ogni atmosfera e le continue metamorfosi lottano in una corsa contro il tempo. Definito il “meteorologo dell’anima”, Claude Monet (1840-1926) sbarca direttamente dalla collezione parigina del Musée Marmottan al milanese Palazzo Reale in un excursus dedicato alla sua vita artistica: da discepolo di Eugène Boudin a padre dell’impressionismo.

La mostra è un percorso nel tempo e negli spazi rurali e urbani che Monet ha vissuto e dipinto: da Argenteuil a Londra, Parigi, Veéheuil, Pourville, per terminare nella sua dimora di Giverny, sipario finale della sua vita.

La curatrice e direttrice scientifica del Musée Marmottan Marianne Mathieu connette le oltre cinquanta opere in sette sezioni dalle tematiche diverse. Il percorso espositivo rappresenta un’ottima occasione per immergersi nell’impressionismo di Monet e nei capolavori che, egli stesso, ha considerato fondamentali e significativi per la sua carriera. Fortemente legato a queste opere, infatti, le ha custodite gelosamente nella sua abitazione di Giverny fino alla morte. Solo grazie al figlio minore Michel Monet, possiamo fruire di questi capolavori, i quali hanno contribuito a connotare il museo parigino come Marmottan Monet, o Museo di Monet.

Claude Monet, Londra. Il Parlamento. Riflesi sul Tamigi, 1905. Olio su tela, 81,5×92 cm cm © Musée Marmottan Monet, Académie des beaux-arts, Paris

Definito dall’amico Cézanne «Un occhio…ma, buon Dio, che occhio!», Monet ha dedicato la sua vita a correre contro il tempo cercando di fissare, con agili pennellate, le inesorabili e continue metamorfosi della luce. È Eugène Boudin, suo maestro, il primo a trascinare il giovane pittore a dipingere all’aria aperta, en plein air. Quale miglior modo di studiare la natura se non dentro la natura? Quest’esperienza in esterna è stata talmente significativa e ispiratrice, da spingere Monet a combattere una costante battaglia con la natura, al fine di sottrarre e catturare, sempre più rapidamente, le variazioni luminose e le impressioni cromatiche in continuo mutamento. Quest’occhio speciale ora universalmente consacrato alla storia dell’arte, e che tuttavia non ha avuto vita facile ai tempi dei Salon, è stato capace di donarci, grazie a rapide pennellate, la fragilità e la caducità del tempo con un’immediatezza visiva unica nel suo genere.

Nelle stanze di Palazzo Reale si entra gradualmente nel cuore pulsante dell’impressionismo scoprendo, di sala in sala, capolavori come Passeggiata vicino ad Argenteuil (1875), Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905), fino alle famose vedute del suo giardino a Giverny, Il ponte giapponese (1918-19) e le sue Ninfee.

La prima delle sette sezioni, elegantemente curate da Marianne Mathieu, apre con le origini del museo Marmottan.A seguire, ci si addentra nella pittura en plein air fino a che la luce diventa la tematica protagonista. Luce che prevede necessariamente anche ombre, foschia e nebbia, qualità che si ritrovano nei capolavori del periodo Londinese. Durante il suo secondo soggiorno nella capitale britannica, infatti, tra i tanti paesaggi, Monet si dedica a dipingere dalla finestra del St Thomas Hospital l’architettura gotica del Parlamento, sperimentando l’“impressione” dei riflessi timidi sulle acque del Tamigi. Qui i dettagli sono dissolti, quasi turneriani, spettrali e in contro luce.

Da questo momento in Claude Monet si apre una nuova fase di ricerca, manifestata nelle tele dedicate alle Ninfee, in cui la prospettiva e la linea d’orizzonte scompaiono lasciando spazio al gesto, alla luce e alle distese di colore. L’ultimo Monet è questo: è occhio, è mano, è rapidità del gesto, con spinte tendenti quasi all’astrazione. Una prospettiva nuova che poteva già intravedersi già negli anni della giovinezza, come nel ritratto della moglie Camille in Normandia.

Sala delle Ninfee © Palazzo Reale
Sala delle Ninfee © Palazzo Reale

In forte dialogo con il padiglione tondeggiante dell’Orangerie, una delle ultime sale si misura nel ricreare quell’atmosfera parigina che le famosissime tele di grandi dimensioni trasmettono, diventando eco del giardino d’acqua di Givernye permettendo una fusione estetica profonda dello spettatore nell’esperienza contemplativa. Le rose, dipinte nel 1926, all’età di 85 anni, sono l’ultimo respiro di un uomo che ha sempre omaggiato i fiori e la natura cogliendone la loro bellezza, caducità e sfumature.

Il progetto museologico rientra nel percorso “Musei del mondo a Palazzo Reale”.La mostra è stata prodotta da Palazzo Reale in collaborazione con Arthemisia e con il patrocinio del Comune di MilanoCultura ed è stata realizzata in partnership con il Musée Marmottan Monet di Parigi e l’Académie DesBeaux – Arts – Institut de France. Il catalogo, edito Skira edizioni, si articola in due capitoli corredati dai saggi di Marianne Mathieu, Domenico Piraina, SarahBelmont, Pierre Pinchon, Philippe Piguet, Emmanuelle Amiot-Saul-nier.

INFORMAZIONI UTILI

L’esposizione è visitabile fino al 30 gennaio 2022, dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 19.30 e il giovedì dalle 10.00 alle 22.30.

L’accesso alla mostra è contingentato e la prenotazione, tramite il preacquisto del biglietto, è fortemente consigliata.

Commenta con Facebook