Nonostante Claude Monet non fosse rimasto totalmente convinto delle opere che realizzò durante il suo viaggio in Liguria, queste contribuirono a creare il mito della Riviera e a stimolare il turismo verso quei luoghi precedentemente poco conosciuti.
“Caro Durand-Ruel, […] sto vivendo un’esperienza umana ed artistica ricca e forse irripetibile. La riviera ligure è rischiarata da un sole che modella le forme ed accarezza la natura e le barche dei pescatori solcano le acque d’un mare verde-blu che non vi posso descrivere a parole. Acqua, fiori e poesia si confondono in un’armonia musicale di colori che i miei occhi non hanno mai incontrato. […] Inoltre, per dipingere certi paesaggi bisognerebbe avere una tavolozza di gemme e diamanti. È mirabile.”
Il passaggio è tratta da una lettera che Claude Monet scrisse a Durand-Ruel, mercante d’arte e primo sostenitore degli impressionisti, all’inizio del viaggio che il pittore fece lungo la Riviera ligure nel 1884. Un seconda la scrisse poco prima di ripartire per la Francia.
Mio caro signor Durand, parto pieno di ardore, ho l’impressione che farò cose meravigliose. Con tutta la mia devozione”. Bordighera, 25 marzo 1884 “(…) Non so se ciò che ho fatto è buono, non so più nulla, ho lavorato tanto, fatto tanti sforzi, che ne sono abbrutito. (… ) Circondato da questa luce abbagliante, trovo la mia tavolozza ben modesta; (… ) Forse, una volta rientrato a casa, mi ricorderà un po’ ciò che ho visto”.
Due lettere, una all’arrivo, piena di speranze e di entusiasmo, una al momento del ritorno, piena dei dubbi e dell’insoddisfazione dell’artista. Monet guarda al lavoro svolto e pensa di non essere stato all’altezza della natura che ha trovato nella Riviera dei Fiori, da Bordighera a Dolceacqua. Oggi noi sappiamo che il periodo trascorso a Bordighera, dalla metà di gennaio a inizio aprile del 1884, oltre a essere molto fecondo – produsse in tutto una quarantina di opere – gli permise di recuperare un entusiasmo che i dispiaceri vissuti negli anni precedenti sembravano avere cancellato.
Da Bordighera, Monet, in una ventosa giornata di febbraio, sale a Dolceacqua, già oggetto di una gita la domenica precedente, il 18 febbraio 1884. “Il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza” scrive l’artista all’amico Durand-Ruel mentre si arrampica sulle colline del piccolo borgo della Val Nervia alla ricerca del miglior punto di vista. Anche attraverso il suo pennello e la sua sensibilità, Dolceacqua e Bordighera entrano nell’immaginario comune quali luoghi del meraviglioso, al pari di Etretat, Giverny e Mentone. Il suo viaggio diviene parte di un processo più grande, quello della scoperta, o meglio dell’invenzione della Riviera dei Fiori.
La scoperta di un territorio povero e marginale per secoli, che, improvvisamente, in seguito all’apertura della ferrovia Genova-Ventimiglia (1871) e Marsiglia-Ventimiglia (1872), viene riconosciuto dalle élite europee come un’Arcadia dove svernare e ritrovare una natura ancora intatta. Bordighera e il suo territorio, in quei mesi, si popola di un turismo cosmopolita, tedeschi e inglesi soprattutto, ma anche l’aristocrazia italiana è presente ai massimi livelli: qui arriva, a partire dal 1879, la Regina Margherita. Da allora, quasi tutti gli anni, la Regina passa i mesi dalla primavera all’autunno a Bordighera, prima come ospite a Villa Bishoffsheim, poi come proprietaria, trasformandola nella Villa Etelinda progettata da Charles Garnier.
La Regina Vittoria visitò Bordighera nel 1882 arrivando sino a Capo Sant’Ampelio e decise di passarvi una vacanza negli anni successivi. Tutto fu organizzato per l’inverno del 1901, ma la guerra anglo-boera costrinse la sovrana a rinunciare. Qui soggiornarono in quegli anni personaggi come Clarence Bicknell, Rafael Bischoffsheim, Frederic Von Kleudgen. Possiamo dunque affermare che se questi luoghi sono diventati meta ambita del turismo internazionale lo si deve anche al pennello di Claude Monet.