Paul McCarthy (USA, 4 agosto 1945) rappresenta nel XXI secolo quello di cui la natura umana ha per molto tempo oppresso dentro se stessa. Un istante primordiale, animalesco e a forte impatto visivo e della psiche si scaglia sullo spettatore richiamando in noi qualcosa di abietto e viscerale. Attraverso le sue opere come “Santa Claus”, lo “Stainless Steel Butt Plug” o “Train Mechanical” è lampante come uno dei suoi desideri sia quello di far riscoprire la sessualità nelle sue parti più controverse e amene.
La nostra società viene dominata da un senso di disagio alla vista di queste opere, non può che rimanerne sconcertata e sottilmente affascinata nel profondo; l’arte abbatte e porta con sé anche questi “tabù” sociali poco discussi apertamente. Ed è questa la caratteristica maggiormente presente nelle opere dell’artista, saper far suscitare in noi queste controversie, quasi generando un diverbio interiore, perché se da una parte si è attirati dal suo erotismo psicologico che gioca a scacchi con la natura umana dall’altro la ragione, affinata nel corso dei secoli, o forse dovremmo dire, modellata dalla società nel tempo, ci pone davanti a limiti convenzionali. Quasi un dramma amletico: istinto o ragione l’eterno dilemma!.
Senza fallo McCarthy vuole far scaturire le nostre perversioni, dandogli forma e vita, colore e sentimento nella sua personale e bizzarra interpretazione dando luogo a un tête-à-tête tra noi e il desiderio sessuale. L’artista non si fa fermare dalla società odierna, anzi vuole fronteggiare la sua crescente depravazione sessuale e coniugale rivelando la rude natura umana, le opinioni sulla fallacia della monogamia e quindi il bisogno antropologico di essere liberi. Prende forma nei suoi lavori la libidine dell’essere umano, come lo dimostra l’uso artistico assiduo dei fluidi corporei nelle opere, ma in quanto artista la definizione stessa cela qualcosa di non convenzionale, di non comune e McCarthy personifica in modo calzante questo argomento.
Le sue opere sono per l’appunto prettamente provocatorie, come lo dimostra con la scultura gonfiabile in vinile di plastica rosa denominata “Piggies” risalente al 2007. Essa è correntemente esposta nel giardino Museo Middleheim di Anversa e rappresenta due maiali; la madre e il piccolo in una posizione che a primo impatto suscita scalpore e divertimento. La madre è prostrata a terra, con le ginocchia piegate e il sedere slanciato verso l’alto mentre il figlio tenta di salirle in groppa anche se la sua testa risulta mozzata. L’utilizzo del gonfiabile potrebbe risultare quasi a scopo infantile, (chi non ricorda i piacevoli castelli riempiti d’aria e i suoi salti giocondi dopotutto?) ma gli elementi dapprima descritti conferiscono alla scultura un tono quasi orrifico e volgare e ad alimentare questa atmosfera contribuiscono dettagli quali l’orifizio della madre che è infatti ben esposto, le mammelle rigonfie anche esse nude e la posa sottomessa. Il suino torna come scultura, gonfiabile, maschera di una performance nell’opera di McCarthy ma principalmente si insinua nelle nostre menti come simbolo e nostro “alter ego”. L’artista toglie la distinzione tra uomo e maiale, creando situazioni che fanno riflettere come la nostra natura sia simile a quella dell’animale portando lo spettatore a un incontro ravvicinato con l’essere primitivo che risiede dentro ognuno di noi. Il binomio uomo/animale si fonde così in una visione allegorica e satirica soffermandosi sulla lussuria, la voracità del sistema capitalistico e sull’erotismo perverso spogliato da ogni bellezza per divenire mero atto bestiale.