PINO, il documentario su Pino Pascali, premiato al Torino Film Festival e candidato ai Nastri d’Argento, dal 3 ottobre in streaming su MUBI
Walter Fasano, dopo una brillante carriera nel montaggio (sempre a fianco di Luca Guadagnino, da Melissa P a Suspiria), debutta come regista con un documentario che omaggia l’arte e la personalità di una delle figure chiave del panorama artistico italiano degli anni 60, Pino Pascali. Il documentario di Fasano è un ritratto libero e personale che coniuga il ritorno al luogo d’origine dell’uomo con il paradosso, l’anticonformismo e il gesto vulcanico dell’artista.
PINO (titolo emblematico) è una riflessione sull’artista d’avanguardia di Arte Povera, Pino Pascali, tragicamente scomparso nel 1968. 50 anni dopo la sua morte, la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare acquista la sua opera Cinque bachi da setola e un bozzolo e questo viaggio viene documentato dal fotografo Pino Musi insieme a filmati d’archivio. Per raccontare questa storia sono stati chiamati dal regista dei narratori d’eccezione: Suzanne Vega, Alma Jodorowsky, Monica Guerritore e Michele Riondino.
Il documentario, dopo la presentazione al Bif&st di Bari (2 ottobre), sarà disponibile in streaming su MUBI.
«Io cerco di fare ciò che amo fare, alla fine è l’unico sistema che mi funzioni»
Pino Pascali
Pino Pascali nasce a Bari nel 1935, dopo il diploma presso il liceo artistico, nel 1956 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma dove segue il corso di scenotecnica di Toti Scialoja. In questi anni inizia a lavorare come aiuto scenografo in alcune produzioni RAI e collabora come scenografo e grafico per la pubblicità. Nel 1965 la sua prima mostra personale presso la Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis a Roma e, nel 1966, espone le Armi presso la galleria di Gian Enzo Sperone a Torino. In questi anni inizia la produzione delle prime opere in tela centinata, alcune delle quali presentate in occasione del Premio Avezzano e presso L’Attico di Fabio Sargentini.
«Non scelgo di interessarmi all’interiore o alla parte superficiale, l’importante è lo strato leggero che si forma tutto intorno. È l’aspetto di finzione che fa scattare automaticamente l’identificazione con quella o quell’altra immagine, una certa parola del dizionario: un cannone, una scultura, un Brancusi. È esattamente così per certe opere di Lichtenstein. Egli ridipinge una tela di Picasso come se fosse un fumetto»
Pino Pascali
Nell’estate del 1967 presenta le opere del nuovo ciclo Elementi della natura: 9 mq di pozzanghere, 1 mc. e 2 mc. di terra; un mese dopo, a Foligno, presenta 32 mq di mare circa. Segue la personale presso la galleria milanese di Alexander Iolas, dove espone le finte sculture e le opere di terra e paglia. Dopo la mostra in Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma dove espone Campi arati e canali d’irrigazione, nel 1968 è inserito da Celant nel gruppo dell’Arte Povera e presenta i Bachi da setola presso la galleria di Iolas a Parigi. In giugno partecipa alla 34. Biennale di Venezia, presentato da Palma Bucarelli. Coinvolto in un incidente stradale il 30 agosto nel sottopassaggio del Muro Torto a Roma, muore l’11settembre. La definitiva consacrazione arriva pochi giorni dopo, con il conferimento postumo del Premio Internazionale di Scultura della Biennale di Venezia.