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Tutto sul Festival della fotografia etica: un viaggio nel tempo (presente) e nello spazio

A young girl asks for money on a street in the Colombian capital, Bogotá. By June 2019, the Colombian Institute of Fa- mily Welfare (ICBF) had provided attention to nearly 80,000 Venezuelan children, adolescents and families countrywide.
Una giovane ragazza chiede l’elemosina lunga le strade di Bogotá, capitale della Colombia. © Nicolò Filippo Rosso

Sabato 25 settembre 2021, a Lodi, ha preso il via la dodicesima edizione del Festival della fotografia etica. Un palinsesto ricco di appuntamenti e mostre dislocate in tutta la città, in edifici storici e all’aperto, fino al 24 ottobre.

Il Festival della Fotografia etica è come un albero che con i suoi rami segue le tracce della città di Lodi, per raccontare le storie del mondo, attraverso la fotografia documentaristica e il fotogiornalismo. Giunto alla dodicesima edizione il Festival prosegue con l’obbiettivo di presentare storie di migrazione, di minoranze, di conflitti, di microcriminalità. Ma anche storie d’amore e di salvataggi.

Ventuno le mostre dislocate nei luoghi più suggestivi della città di Lodi: da Palazzo Barni, all’ex Chiesa dell’Angelo, dal Palazzo della Provincia a Palazzo Modignani. I temi trattati vanno dalla migrazione, ai più recenti fatti di cronaca nel mondo – dall’America alla Siria -, all’inquinamento ambientale (con Terra dei buchi di Mattia Marzatori), fino alla questione delle vaccinazioni (con il progetto (Un)vaxxed di Francesco Andreoli, iniziato a dicembre del 2019, prima dell’avvento del Covid) e della pandemia (raccontata da Lorenzo Pesce in Tunnel, attraverso i racconti degli adolescenti).

Se una parte del mondo della fotografia si dichiara contro le didascalie – perché “distraggono” dall’immagine -, il Festival della Fotografia etica è sicuramente pro. Come in un complesso musicale, le didascalie devono armonizzarsi con la fotografia, descrivendone i personaggi e il contesto. È il fotografo che attraverso la didascalia parla.

Picnic sul lago. Una donna canta con orgoglio canzoni gagauze mentre balla intorno a un buffet galleggiante. © Jana Mai

Tra i protagonisti di questa edizione:

Eugene Richards (1944)
Fotografo americano a cui è dedicato lo “spazio approfondimento” con la mostra The day I was born: life in the Arkansas Delta, nell’Ex Chiesa dell’Angelo. Dalla fine degli anni Sessanta Richards lavora come reporter per raccontare e testimoniare la povertà degli afroamericani che vivevano nell’Arkansas. Stato che ha conosciuto una storia lunga e violenta di segregazione razziale. La mostra propone un viaggio nel tempo: dall’Arkansas dei coltivatori neri, i più poveri tra i poveri, all’Arkansas del 2010 e del 2019, svuotato degli uomini e delle donne che un tempo lavoravano nei campi, e delle baracche dei mezzadri. È la morte della speranza di una vita migliore.

I fotografi di AFP
Le mostre La democrazia americana messa alla prova. Una nazione divisa e Siria: dieci anni di conflitto sono state organizzate in collaborazione con AFP (Agence France Press), che documenta gli avvenimenti di attualità internazionale, con una qualità unica di narrazione multimediale. Entrambe le esposizioni si svolgono all’aperto, nei cortili interni del Palazzo della Provincia. Da un lato l’America degli ultimi tre anni – che completa il viaggio nel tempo iniziato da Richards –, attraversata da proteste, manifestazioni e violenze, seguite all’uccisione da parte di un poliziotto bianco di George Floyd e alla sconfitta di Trump alle elezioni presidenziali, che scaldarono gli animi dei suoi sostenitori, pronti ad assalire il Campidoglio.
Dall’altro, la Siria colpita da un conflitto durato dieci anni, che ha visto morire quasi mezzo milione di persone e fuggirne la metà, causando il più grande sfollamento dopo la Seconda guerra mondiale. Le foto esposte sono opera soprattutto di siriani, diventati fotografi durante il conflitto. Spinti dalla necessità di testimoniare ciò che stava succedendo nel loro Paese e sensibilizzare la coscienza collettiva.

Jana Mai
Vincitrice della sezione “Student Award”, in quanto studentessa della Scuola di fotografia di Hannover, ha presentato per il Festival della foto etica il progetto I discendenti dei lupi, esposto a Palazzo Barni. Jana Mai ha documentato la vita quotidiana dei gagauzi, una minoranza turca di fede ortodossa cristiana. Unico popolo turcofono di fede cristiana al mondo, che risiede nella regione autonoma della Gagauzia, nel sud della Repubblica Moldava. La leggenda vuole che i gagauzi discendano dall’unico bambino sopravvissuto a un attacco da parte dei nemici, che sarebbe stato allevato da una lupa. Ogni scatto è un dettaglio. Ogni immagine è un rito.

Agostino e Nadia si passano una sigaretta come fosse un bacio. © Daniele Vita

Daniele Vita
Vincitore della sezione “Generazioni future Award” con Bagnanti. Daniele Vita ha seguito un gruppo di dieci ragazzi, tra gli 11 e i 15 anni, di Catania. Sono vite e storie che si intrecciano con la microcriminalità catanese. L’apparente normalità di ragazzini che passano la loro estate sugli scogli tuffandosi, è interrotta dalla presenza di sigarette e tatuaggi, che in bocca e sulla pelle di adolescenti, stonano, non rispecchiando affatto la loro giovane età.

Jędrzej Nowicki
Fotografo polacco che vince lo “Spot Light Award” con The Scars. Le cicatrici sono quelle lasciate dalle manifestazioni di protesta antigovernativa, iniziate nell’agosto 2020, in Bielorussia. Nowicki presenta cicatrici fisiche – lividi, abrasioni, fratture – e cicatrici psicologiche, causate dai traumi. La dinamicità del momento è restituita in modo elegante, quasi artistico. Sembra sublimare la tragicità delle proteste contro il regime di Lukashenko, organizzando i personaggi e le scene in pièce teatrali. Il racconto di Nowicki inizia con l’immagine di un mazzo di fiori bianchi tenuto in mano e alzato verso il cielo da una donna (fiori bianchi e rossi sono diventati il simbolo delle proteste in Bielorussia); e termina con l’immagine di un fiore rosso alla deriva nella fontana della città. Un’allusione all’esito tragico e violento delle proteste.

Nicolò Filippo Rosso
Protagonista indiscusso della dodicesima edizione del Festival, vincitore di due sezioni “Master Award” – con la mostra Exodus – e “Short Story Award” – con Straziati dal dolore -, Nicolò Filippo Rosso (1985) racconta il fenomeno migratorio in America Latina, a partire dal 2018. Honduras, Colombia, Venezuela sono paesi difficili dove è complicato pensare a un futuro, a causa della povertà, della violenza e delle insicurezze. Sono storie di morte e di vita, perché c’è chi muore e chi nasce in movimento. E chi nasce è apolide. Rosso indaga la migrazione come condizione umana, che interessa il mondo intero. Cerca di spiegare alcuni fenomeni esistenziali e ne rintraccia la causa nella mancanza di educazione, non solo scolastica, ma di educazione all’empatia, alla coscienza. Rosso documenta la successione di traumi che condizionano l’esistenza di chi li vive: a partire dall’abbandono della propria terra, alle violenze subite nel tentativo di raggiungere un destino migliore.
La mostra Straziati dal dolore riunisce, in una piccola sala di Palazzo Barni, dieci immagini dei funerali di sedici migranti che nel gennaio 2021 lasciarono il Guatemala per incontrare la morte pochi mesi dopo, prima di raggiungere la frontiera con il Texas.

La giraffa Asiwa viene traghettata al largo dell’isola di Longicharo, in Kenya. © Ami Vitale

Immancabile l’appuntamento con il Premio Voglino assegnato ad Alfredo Bosco e al suo progetto Guerrero, uno stato dimenticato, esposto nella Banca Centropadana. Un reportage che documenta l’attuale situazione politica e sociale dello stato messicano di Guerrero, un posto unico per la violenza e i disordini nella guerra per le droghe del paese.

Il Festival della fotografia etica è quindi occasione per incontrare storie di conflitti, di violenze, di minoranze e tradizioni che rischiano di estinguersi. Ma anche di love story come quella tra due piccioni durante la pandemia, raccontata da Jasper Doest. O ancora, di salvataggi. È il caso delle giraffe di Rothschild in Kenya, una sottospecie in via di estinzione, portate in salvo dall’isolamento, causato dall’innalzamento del livello delle acque del lago Baringo, che ha trasformato la pensisola di Longicharo in isola. Salvataggio documentato dall’americana Ami Vitale (1971).

Il Festival offre un nuovo sguardo sul mondo, non sempre pacifico, e piuttosto politico. Documentare la realtà contemporanea e i fatti di cronaca attraverso la fotografia è un atto politico. La fotografia ha il poter di mostrare e testimoniare, senza limitarsi a evocare. Si offre alla nostra vista con assoluta immediatezza. Enuncia eventi e personaggi senza filtri, favorendo l’immedesimazione di chi la guarda. Come una poesia, la fotografia costringe il caos del mondo all’interno di un’immagine ordinata, che ci costringe a riflettere sui mali del mondo.

Rincon Chautla, Guerrero, Meddico, 2019. Ritratto di una madre appartenente alla polizia della comunità con sua figlia. © Alfredo Bosco

Informazioni

Per il programma completo del Festival della foto etica clicca qui.

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