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La libertà nel cinema di Liliana Cavani: a Carpi in mostra la “perdizione” de Il portiere di notte

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Liliana-Cavani-con-Umberto-Sambuco-dir-produz-e-Dirk-Bogarde_foto-Mario-Tursi
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Il Palazzo dei Pio di Carpi ospita fino al 6 gennaio 2022 una mostra dedicata alla regista carpigiana Liliana Cavani dal titolo Il portiere di notte. Libertà della perdizione, curata da Francesca Brignoli.

Era il 1974 e nelle sale cinematografiche europee e americane usciva un film coraggioso e fuori dagli schemi, pronto a stupire come la sua regista Liliana Cavani (1933). Il film, intitolato Il portiere di notte, non era esattamente ciò che la critica italiana del tempo si aspettasse. Soprattutto nessuno si aspettava un film tanto audace, per lo più ideato e realizzato da una donna. Nelle menti e nei cuori di chi lo vide – oltre all’amarezza di fondo che come un eco si trascinò fino all’uscita della sala cinematografica – non poté di certo sfuggire l’evidente istanza dell’eros e l’ormai già iconica immagine di Charlotte Rampling (1946) che indossa proprio quei pantaloni da uomo con le bretelle che sfiorano il seno libero e naturalmente nudo. Il portiere di notte mostra una storia difficile e dolorosa che a che fare con i sentimenti più profondi e ambigui dell’essere umano e, soprattutto, che a che fare con la storia. I protagonisti – Max e Lucia- si ritrovano a dover fare i conti con un passato ancora troppo recente, tagliente come una lama affilata, che non li riguarda solo come individui, ma anche come parti integranti e simboli di un qualcosa di più grande che abbraccia e accomuna la collettività del tempo.

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Dirk Bogarde, Charlotte Rampling e Liliana Cavani

Ex-ufficiale delle SS lui, ex-deportata nei campi di concentramento lei. Si erano incontrati proprio nel luogo peggiore della terra durante il periodo nazista, quello dei campi e lì da nemici, o meglio, da carnefice e da vittima si erano invaghiti l’uno dell’altra. Finisce la guerra e i due non si rivedono per anni. Improvvisamente, un giorno del 1957, ecco che si rincontrano a Vienna dove lei giunge con il marito dagli Stati Uniti e lui lavora come portiere nell’albergo dove la coppia soggiorna. Scatta la scintilla ma, nonostante il loro passato sia ora definito dalla preposizione–ex, i due scoprono presto di non essersi mai liberati di quel marchio. Comprendono con dolore che il loro amore sarà per sempre perseguitato dalla storia e che non potranno mai evadere dai ruoli che entrambi furono costretti a ricoprire durante la guerra. Ecco che l’amore, quel sentimento che grida libertà, si rivela soffocato dalla memoria e dall’impossibilità di accettazione da parte della società. L’amore dunque diviene lotta, uno scontro morboso, erotico e drammatico tra se stessi e con gli altri.

La mostra ospitata nel Palazzo dei Pio di Carpi intende proprio sviscerare e far riflettere i visitatori sul significato stesso di libertà ma anche su quello di censura. Il film della Cavani all’epoca in Italia venne infatti ritenuto uno scandalo e dunque censurato. All’estero invece il successo, sia di critica che di pubblico, fu enorme. Il film venne censurato soprattutto per le scene di nudo e di eros esplicite che, ovviamente, costituiscono il simbolo di relazioni molto più profonde ma che al tempo in Italia nessuno, se non Luchino Visconti (1906-1976), si prese la briga di difendere. Visconti difese la libertà creativa del regista; difese una verità inscenata nell’arte del film che, seppur finta e amara, è pur sempre parte della realtà; difese l’indipendenza intellettuale di Liliana Cavani; difese l’autonomia della donna e la parità dei generi, ed infine, difese l’esistenza di situazioni e di emozioni ambigue ed inspiegabili.

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Charlotte Rampling. Foto Mario Tursi

La lettera che Visconti scrisse direttamente al Presidente della Repubblica, chiedendo di rendere accessibile il film, fa parte del repertorio visivo e documentario presente in mostra. Più di 60 fotografie di scena, materiale video, articoli di giornale provenienti dal Fondo archivistico Liliana Cavani, annotazioni della stessa regista e le bozze originali con la sceneggiatura del film animano la mostra  che, come ricorda Davide Dalle Ave, assessore alla Cultura di Carpi, “getta luce sia sul significato dell’opera, sia sulle vicissitudini che ne hanno accompagnato l’uscita nelle sale. Non è un caso che la ricerca della verità costituisca spesso motivo di scandalo, ma al tempo stesso quella ricerca è forse ciò che può renderci veramente liberi”. Un viaggio dunque all’insegna della scoperta del pensiero e dell’arte della Cavani, una grande donna e artista che la città di Carpi celebra e riscatta ancora una volta perché è proprio dalle grandi menti e dalle persone coraggiose che si impara sempre qualcosa di nuovo.

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