Galleria Poggiali presenta la prima personale italiana di Basil Kincaid. L’artista, esperto nell’assemblaggio di frammenti di trapunte, è in mostra con The Rolling Fields to My House. A Milano dal 15 settembre al al 20 novembre 2021.
Ogni mondo ha il suo linguaggio. Questo insieme di simboli, codici e costumi contribuiscono a formare l’essenza della realtà a cui appartengono. Così facendo gli strumenti del mondo che prenderemo in analisi diventano allo stesso tempo colonne portanti e ingranaggi di questa dimensione.
In modo analogo, Basil Kincaid (1986, St. Louis, Missouri) si concentra su come il luogo in cui ci troviamo modelli la nostra prospettiva, la nozione di appartenenza e il modo in cui ci percepiamo. La prima personale italiana dell’artista è ora allestita nella sede milanese della Galleria Poggiali.
Attraverso collage, fotografie, installazioni, performance e soprattutto con la tecnica del quilting (assemblaggio di frammenti di trapunte) – realizzate con materiali trovati, recuperati e donati – Basil Kincaid interroga i costumi sociali mentre disegna tessuti culturali alternativi. In particolare in The Rolling Fields to My House, Kincaid utilizza la pratica del “world building” – ovvero della creazione di un mondo immaginario completamente nuovo per creare un senso di appartenenza. Le trapunte, le sculture e i disegni esposti in mostra rappresentano un linguaggio unico, personale ed estremamente legato alla storia dell’artista.
L’entità nera che appare in queste opere rappresenta infatti una versione ancestrale di sé stesso e dell’osservatore; un testimone onnisciente in sintonia con tutte le versioni di sé attraverso le proprie dimensioni esponenziali.
Anche la pratica della trapuntatura ha una lunga storia nella sua famiglia, che si tramanda da oltre 7 generazioni. Il quilting, all’interno della tradizione culturale nera, è sempre servito come uno spazio rivoluzionario di gioia, coraggio e comunità in diretto contrasto con la sottomissione sociale e finanziaria.
“È un modo per onorare i miei predecessori mentre affronto le domande e le preoccupazioni su dove sono, siamo, oggi. È un modo per restaurare e ricostruire con l’intraprendenza insita dentro di noi”.