Dal Gruppo Forma 1 all’ideazione del suo particolare stile pittorico composto da visioni prospettiche di solidi geometrici, cromaticamente atonali e dalle infinite possibilità di varianti. Il racconto della parabola artistica di Achille Perilli.
Più che necrofilia è malinconia: la generazione nata tra gli anni ’20 e ’30 si sta estinguendo per inarrestabile quanto inevitabile morìa. Per questo voglio qui omaggiare un artista tutt’ora non disponibile a cedere a Thanatos. Si tratta del pittore, scenografo e scrittore Achille Perilli, nato a Roma nel 1927.
L’ho incontrato a metà degli anni Settanta del secolo scorso, quando aveva lo studio in via Flaminia e, come galleria, la filiale romana della Marlborough di New York. Ero andato a scegliere le immagini fotografiche e per ottenere le quotazioni ufficiali della Galleria per il Catalogo Nazionale Bolaffi d’Arte Moderna, dove Il Comitato dei Critici e del Sindacato Nazionale Mercanti d’Arte, all’unanimità, gli avevano assegnato una pagina intera. Inoltre la storica dell’Arte Claudia Terenzi stava scrivendo un suo profilo critico per il mensile BolaffiArte; una sua opera era in copertina con il titolo significativo La Geometria elevata al Cubo.
Achille Perilli proviene dal Gruppo Forma 1, sorto a Roma nel 1947 e formato da una pattuglia di giovani pionieri dell’Astrattismo: Perilli, Turcato, Consagra, Dorazio, Sanfilippo, Guerrini, Attardi e Accardi. In breve tempo sono stati tutti vincenti sia sul piano critico, che di mercato, e ne hanno fatto le spese gli artisti del Realismo Socialista, iscritti in massa al Partito Comunista.
A differenza dei procedimenti adottati dai colleghi che operavano in chiavi espressive dettate dall’inconscio, Achille Perilli esegue, oggi come ieri, visioni prospettiche di solidi geometrici, cromaticamente atonali e dalle infinite possibilità di varianti. Lo spazio per lui è soggettivo, come il concetto di prospettiva, lasciandosi guidare da una sorta di automatismo psicologico, ovvero da un procedere diretto, manuale, segno dopo segno, ed estremamente rigoroso nel divenire compositivo.
Nel 1945 Perilli aveva diciotto anni. Dopo il caos della guerra, nuovi valori si imponevano; unitamente ai suoi coetanei, l’artista aveva preso coscienza del contenuto linguistico ed etico del Cubismo, applicabile e rivelatore di inedite visioni sui concetti di realtà, concretezza e poetica. Gli sembrava ignobile la continuità con il passato, e quindi con la figurazione anche solo di area Espressionista. Come i suoi amici aveva preso la tessera del Partito Comunista, confidando nel messaggio di giustizia sociale. Con loro c’era Renato Guttuso appena uscito dalla clandestinità, il cui modello di riferimento era Guernica eseguita da Picasso nel 1937.
La coabitazione degli astrattisti con i figurativi politicamente impegnati si è interrotta nel 1947. La nascita del Gruppo di Forma 1 rappresenta la risposta colta e civile al segretario politico Palmiro Togliatti che, sul suo periodico Rinascita, si era rivolto con sarcasmo allo storico dell’arte Lionello Venturi, esegeta dei giovani astrattisti, per chiedergli il significato di tali stupidaggini del tutto incomprensibili, di sole forme informi e idiozie, che nulla avevano da spartire con la lotta di classe.
Lionello Venturi avrebbe anche potuto rispondere – avendo subito sulla sua pelle le repressioni del Fascismo – che l’autoritarismo rappresenta la morte per asfissia della creatività. Ma non l’ha fatto, perché forse era inutile. E dunque anche la scissione del Gruppo è stata lo sbocco inevitabile del tentativo di confrontarsi dialetticamente con l’Arte di Partito, che però ha continuato a credere, fino a poco tempo fa, in una nuova umanità illuminata dal Sole dell’Avvenire.