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Cento fotografie dolenti e dirette. I disturbi alimentari al centro di Ri-scatti al PAC di Milano

Santosuosso Sofia

Il PAC di Milano ospita la settima edizione di Ri-scatti con la mostra Fino a scomparire. Il tema di quest’anno è dedicato ai disturbi alimentari, vissuti e raccontati attraverso la fotografia, da nove ragazze e un ragazzo che hanno vissuto o stanno ancora vivendo la malattia. In programma fino al 24 ottobre 2021, la mostra è a ingresso gratuito, e realizzata in collaborazione con l’Ospedale Niguarda di Milano e l’Associazione ERIKA.

C’è una mela perfetta, la quale basta girarla appena perché ci sveli che è anche un po’ ammaccata. C’è una mela che si è ridotta al torsolo, fino a scomparire. Sono tre degli scatti di Giulia, che insieme ad altre otto compagne e un compagno, ha restituito in immagine il dolore, fisico e psichico, di chi ha sofferto e soffre di disturbi alimentari. Alessandra, Alessia, Anna, Emanuela, Emanuele, Federica, Giulia, Sofia, Silvia e Teresa. Ognuno di loro ha raccontato, attraverso la fotografia, un aspetto specifico del proprio vissuto e della propria malattia. Il risultato – in mostra al PAC, grazie al progetto Ri-scatti – sono cento fotografie metaforiche, dolenti perché dirette, che non lasciano scampo ad equivoci, chiedono aiuto – anche espressamente, con la scritta aiuto sulla pelle. E ci insegnano a cambiare punto di vista, per il quale basta spostare una bottiglia piena d’acqua davanti a un soggetto, perché le sue forme si esasperino, fino a deformarsi. Come ci rivelano gli scatti di Alessia.

Quando queste fotografie mettono in scena il corpo, è un corpo costretto in gabbie, che cerca di nascondersi dietro le maschere colorate e divertenti del carnevale. È un corpo che sembra lottare contro forze che non si vedono, ma che si fanno sentire da dentro e che inducono il corpo quasi a scomparire. Fino a scomparire è infatti il titolo della mostra, curata da Diego Sileo, per la settima edizione di Ri-scatti, Onlus che punta a realizzare progetti di riscatto sociale, raccontando il disagio da chi lo sta vivendo, attraverso la fotografia. Le ragazze e i ragazzi sono stati accompagnati in un workshop di fotografia di tre mesi da Amedeo Novelli, per giungere poi a raccontarsi senza filtri e a mostrare le proprie fragilità e insicurezze, affidandosi alla propria creatività e fantasia.

Mazza Giulia

Nelle parole del direttore del PAC, Domenico Piraina, i musei sono espressione dei valori della nostra contemporaneità. Essi devono confrontarsi con la realtà, nei suoi aspetti più o meno positivi. I musei non devono limitarsi a essere luoghi di cultura, ma luoghi che concorrono al benessere personale. In questo, il progetto Ri-scatti si inserisce del tutto nel programma di un museo d’arte contemporanea come il PAC, confrontandosi con problemi tipici della nostra contemporaneità. Dopo la problematica ancora incombente della prostituzione, quest’anno è il turno dei DCA, i disturbi del comportamento alimentare. Una malattia verso cui è tutt’oggi diffuso un certo disconoscimento, che la margina a capriccio adolescenziale o a una moda giovanile. Tuttavia, i numeri parlano. In Italia, circa tremila persone all’anno restano vittime di disturbi alimentari; tre milioni ne sono affette, con una forte prevalenza nel sesso femminile (il 95% sono donne, il 5% sono uomini). Dunque, non sono capricci. Sono patologie – l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il Binge Eating Disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) – che nascono nella mente, che ti dice e ti convince che puoi smettere di mangiare.

Vismara Alessandra

Le cento fotografie in mostra raccontano storie diverse, di paura, di disagio, di sofferenza. È la vita che diventa arte e l’arte che diventa vita, in uno scambio imperituro. C’è Silvia nel tentativo di aggiustare un vetro rotto con una gomma da masticare e mentre sfugge ai riflessi degli specchi. Federica, che attraverso l’effetto sfocato, descrive il tormento della bulimia, circondata da cartoni della pizza. C’è una valigia, quella di Teresa, piena di oggetti insoliti per una vacanza: pentole, tisane, bilancia, omogenizzati (che sono anche la torta per il suo ventiduesimo compleanno). Sofia, invece, ci mostra le pagine del suo diario, dove riusciamo a scorgere, nel flusso dei suoi pensieri, parole come male, magrezza, corpo. C’è Alessandra, che gioca con le ombre e a nascondersi dietro a un cuscino che sorride per lei. Emanuela, piuttosto, si sente in trappola: dalle grate della sua casa, così come dal portone, sporge solo una mano, che chiede di essere presa e accompagnata. C’è Anna, che si ritrae o meglio si nasconde dentro scatole o dietro un drappo lilla, mentre con le sue braccia si avvolge in un abbraccio di resistenza. C’è il decorso della malattia di Emanuele, poeticamente raccontato in quattro dittici. Un piatto vuoto e dei vestiti vuoti, appesi alla parete con del nastro adesivo, che vanno via via riempiendosi, colorandosi. Fino al piatto pieno di maccheroni, insieme a una maglietta che recita che “le cose belle richiedono tempo”. È la vita che riprende il suo corso.

Le parole di Alessandra ci rivelano con spontaneità qual è l’obbiettivo di Ri-scatti:

Volevo solo sparire, in silenzio. Diventavo più leggera per non fare rumore e non disturbare. In punta di piedi e con lo sguardo offuscato, avanzavo in bilico, sul filo della vita. Un’estranea per gli altri e aliene a me stessa, intendevo cancellare l’orma di me nel mondo, la mia immagine. Poi piano piano mi hanno insegnato a dubitare: apri l’inquadratura, allarga l’obbiettivo. Non sei sola.

Informazioni

PAC Milano – Ri-scatti, Fino a farmi scomparire

Tutte le fotografie realizzate per il progetto e il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, saranno acquistabili durante la mostra e l’intero ricavato sarà utilizzato per supportare le attività dell’Associazione Erika con sede presso l’Ospedale Niguarda di Milano, a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie.

Franceschini Alessia
Zanzi Emanuela
Pallotta Teresa

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