La decisione provocatoria, ma anche promozionale, giunge dopo una serie di scelte paradossali prese dai social network più utilizzati. Scelte che hanno danneggiato Vienna e i suoi musei.
1898. Sulla facciata del Palazzo della Secessione di Vienna viene affissa una scritta che farà storia: “A ogni epoca la sua arte e a ogni arte la sua libertà”. A elaborarla il gruppo di artisti guidati da Klimt, che lavorano a una rivoluzione estetica e culturale, dove i canoni classici lasciano il posto a nuove tendenze.
2021. L’ente del turismo di Vienna annuncia l’apertura di un canale OnlyFans. Si tratta di una piattaforma a pagamento popolare soprattutto per i contenuti porno. Una reazione ai paradossali limiti imposti alla nudità dai social network più diffusi. Provocazione? Certamente. Ma l’operazione trova il suo senso proprio nella frase che impreziosisce il palazzo tributato alla libertà delle arti. Perché oggigiorno l’arte deve temere di esprimersi? Questa censura cieca finisce infatti per danneggiare musei e gallerie che vorrebbero promuovere le loro opere con soggetti svestiti.
Sembra assurdo? E invece è proprio così. A luglio 2021 l’account TikTok del Museo Albertina è stato sospeso e poi bloccato per aver mostrato opere del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki che mostravano un seno femminile. Il museo ha poi dovuto aprire un nuovo canale Nel 2019, Instagram aveva stabilito che un dipinto di Peter Paul Rubens violava gli standard della community della piattaforma, i quali impediscono qualsiasi rappresentazione di nudità, anche quelle di “natura artistica o creativa”. E che dire del Leopold Museum, che vanta la più grande collezione di opere di Egon Schiele. L’artista, celebre per i suoi ritratti di nudo, è sostanzialmente impromovibile tramite mezzo social. E ancora: un breve video con il dipinto Liebespaar di Koloman Moser, realizzato per celebrare il ventesimo anniversario del Leopold, è stato rifiutato da Facebook e Instagram perché “potenzialmente pornografico”. Sempre di Moser, l’opera Gli amanti era stata rimossa da Facebook perché considerata pornografica. Lo stesso era accaduto a un post che raffigurava la Venere di Willendorf, una statuetta di nudo di donna che risale a circa 25mila anni fa e che si trova al museo di Storia naturale della città.
E allora Vienna ha così deciso di trasferire i suoi contenuti pericolosissimi su una piattaforma per adulti. Per accedervi è sufficienti sottoscrivere un abbonamento al canale, al prezzo di 4,99 dollari al mese (per i primi trenta giorni scontato a 3 dollari al mese). Piuttosto conveniente soprattutto perché gli abbonati riceveranno una Vienna City Card gratuita.
Aldilà delle (legittime) provocazioni intellettuali, è chiara la manovra di promozione turistica del territorio. Il settore non si è ancora ripreso dal blocco pandemico e questi ostacoli alla diffusione del suo patrimonio artistico di certo non aiutano. Sul sito dell’ente turistico si legge che Vienna e i suoi spazi artistici sono “tra le vittime di una nuova ondata di pudore sproporzionato“. La portavoce dell’ente del Turismo Helena Hartlauer ha spiegato che per la città e le sue istituzioni culturali è stato “quasi impossibile” utilizzare opere d’arte con nudi nei propri materiali promozionali.
Nella speranza che l’operazione raggiunga il suo effetto, nel frattempo Vienna assesta un altro raffinato colpo al moralismo dilagante. Già nel 2017 la città austriaca aveva dato prova di sagacia e ironia. Quando Londra, in occasione di una mostra su Schiele, aveva rifiutato di esporne i cartelloni in metropolitana perché considerati osceni, la città aveva risposto censurando i genitali degli autoritratti in questioni. All’altezza della vita si poteva però leggere: “SORRY, 100 years old but still too daring today” (“Siamo spiacenti, hanno cento anni ma sono ancora troppo audaci”). Oggi hanno 4 anni in più, ma la situazione non sembra essere cambiata.