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War Is Over, il Kurdistan tra voglia di normalità e resilienza

War Is Over

War Is OverWar Is Over, il documentario che racconta il Kurdistan e la sua gente, tra voglia di normalità e resilienza

Cosa faresti se fossi lì? War Is Over, documentario di Stefano Obino in concorso nella sezione Panorama Italia di Alice nella Città, è un vero e proprio viaggio alla scoperta del Kurdistan iracheno, un’area profondamente colpita dal conflitto contro l’Isis:  più di 40 campi profughi, 1,6 milioni di persone in stato di necessità, di cui la metà con meno di 18 anni. In questo panorama desolate, nonostante tutto, si possono però scorgere degli squarci di “vita normale”.

Sperare, ricostruire, rinascere. Il diario di una madre accompagna gli spettatori all’interno di questo viaggio di “ricostruzione”, fatto di semplice quotidianità. Stefano Obino restituisce quell’euforia esplosiva e inaspettata di una vita che non vuole arrendersi, che vuole andare avanti nonostante le enormi difficoltà. Così, una città bombardata si lascia “colorare” da una piscina e dalle risate di giovani che nuotano. Un campo profughi cerca di trasformarsi in una città normale: si ordina pizza a domicilio dalla propria tenda e ci si riunisce per guardare una partita di calcio con gli amici.

>> E poi la forza dell’arte, quella che riesce a rendere una vecchia fabbrica di tabacco una fucina di giovani creativi che trasformano la violenza in bellezza: «Nel corso del nostro viaggio – spiega il regista –– siamo arivati alla città di Sulaymaniyah, non lontano dal confine con l’Iran, dove abbiamo trovato una realtà magica: in una ex fabbrica di tabacco, abbandonata da decenni, un colletivo di giovani studenti curdi aveva creato un collettivo artistico. Inizialmente pensavamo fosse quasi uno scherzo. Era davvero difficile immaginare qualcosa del genere dopo aver attraversato campi profughi e città distrutte. Arrivati nell’ex area industriale, la zona sembrava abbandonata. Poi l’incontro con un ragazo, che poi è diventato la nostra guida, ci ha portato la magia. Una lunga rampa di scale ci ha introdotto in un’ala della fabbrica piena di disegni, musica, luoghi per creare. Uno spazio conquistato da questo picolo gruppo di ragazze e ragazzi intorno ai 20 anni. Una maceria vibrante di resilienza, un’esplosionenascosta. Il desiderio di esere se stessi, di liberarsi da traumi e ricordi. Un bisogno dirompente di costruire qualcosa unico e indimenticabile. Forse un nuovo inizio».

War Is Over War Is OverObino scardina tutti i luoghi comuni sulla guerra e restituisce dignità a quei luoghi e quei volti che ne sono stati derubati. War Is Over non è semplicemente un documentario sulla guerra, vuole essere più un inno alla vita e alla speranza.

La collaborazione con Aispo (Associazione Italiana per la Solidarietà tra i popoli) ha consentito l’accesso a strutture e luoghi altrimenti inacessibili: il regista ha così attraversato tutto il paese fino alla città di Sulaymaniyah, non lontana dal confine con l’Iran.

«La sofferenza è diventata ormai un ingrediente imprescindibile nella cronaca del quotidiano – ha spiegato  Stefano Obino – sui media, attraverso immagini e parole che raccontano la realtà in una maniera quasi univoca. Lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle: i campi profughi che abbiamo visitato nell’immediato dopoguerra con l’Isis, somigliavano a una specie di tristi ‘supermercati di tragedie’. Ma c’era un netto divario tra questo tipo di racconto, costruito ad uso e consumo del mondo occidentale, e la realtà che emergeva attorno a noi, nei mille gesti semplici delle persone attorno a noi. Tutti alla ricerca di una vita finalmente normale. Si percepiva un’energia, un’euforia quasi irrazionale, che a dispetto della situazione difficile, festeggiava ogni giorno il ritorno a poter pensare un futuro, a poter sognare una vita migliore». Questo è quello che War Is Over racconta, la voglia di normalità, di ritorno alla vita, la forza incessante che anche tra le macerie trova una strada per germogliare.

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