Tra i personaggi più affascinanti ed enigmatici dell’arte del Novecento, A.R. Penck (1939-2017) è un artista complesso e innovatore che ha saputo dipingere se stesso al di là di ogni sistema, ispirando artisti come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat.
É proprio a questa personalità che il Museo d’Arte Mendrisio ha dedicato una monumentale retrospettiva, la prima in ambito italofono, ma anche una delle più rigorose e accurate scientificamente mai realizzate. A cura di Simone Soldini e di Barbara Paltenghi Malacrida, A.R. Penck è stata costruita con l’expertise di uno dei massimi esperti dell’autore, Ulf Jensen. La mostra riunisce oltre 40 dipinti, 20 sculture e 70 opere su carta insieme a libri d’artista. Per questa impresa, frutto di un meticoloso lavoro di ricerca durato oltre due anni, il team si è avvalso dell’aiuto del gallerista Michael Werner, amico dell’artista, che ha prestato la maggior parte dei pezzi in esposizione.
Chiave di lettura fondamentale è la parola übergang, che significa passaggio, transizione. É proprio il passaggio tra il mondo socialista e il mondo occidentale il nodo di svolta del percorso, che si sviluppa cronologicamente ripercorrendo le tappe della ricerca di Penck, dagli inizi a quando lascia la Germania per lavorare negli Stati Uniti e in Europa.
Pseudonimo di Ralf Winkler, A.R. Penck nasce a Dresda nel 1939, nella Germania nazista. Nel 1949, con la nascita della DDR, la città diviene presidio socialista. Come sottolineerà personalmente, per comprendere la sua poetica è fondamentale inquadrare il contesto politico e sociale nel quale nasce e si forma. Artista eclettico, si dedica alla pittura, alla scultura e al disegno, ma è anche poeta e musicista. Grande appassionato di scienza, cibernetica e filosofia costruisce la sua poetica considerando questi temi e facendo dell’interdisciplinarietà un elemento fondante. Punto cruciale della sua pratica è la cosiddetta Standart, un linguaggio codificato che Penck crea a partire dalla fine degli anni ’60 nel quale si identifica il suo intero universo figurativo. Standart semanticamente è “stendardo, vessillo”, ma anche “presa di posizione”.
Dietro a questo nuovo idioma, interdisciplinare, archetipico e sistematizzato, vi è il desiderio di trasformare la società moderna secondo criteri estetici, realizzando immagini-concetto che ne raffigurano i meccanismi. Nelle opere penckiane permane una grande attenzione verso il popolo, Standart è concepita per essere parte integrante di un’arte popolare, comprensibile a tutti attraverso regole specifiche. I personaggi del suo universo, ridotto all’essenziale, prendono ispirazione dagli «scarabocchi nei bagni pubblici, la cui chiarezza espressiva non lascia dubbi di interpretazione».
«Un sistema di segni fatto in modo tale da non essere solo percepito e imitato, ma anche prodotto, moltiplicato e operativamente modificato, è Standart»
A partire dal 1984, in ambito scultoreo, dopo diverse sperimentazioni con materiali poveri, come oggetti quotidiani e il legno, si dedica alla tecnica di fusione in bronzo realizzando opere sempre più di maggior formato sino a giungere a una dimensione monumentale. La scultura è l’occasione che gli consente di abbandonare la teoria per dedicarsi finalmente alla pratica. Desiderio dell’artista è quello di creare, attraverso le sue sculture, memoriali di se stesso, testimonianze della sua auto-coscienza. La prima parte della sua produzione è di chiara ispirazione socialista, in linea con l’idea di arte sociale, ispirata alla vita comune e operaia.
É solo successivamente che l’artista si scontrerà con gli ideali del regime: pur definendosi sempre profondamente comunista, trasforma la sua pittura, ora più dinamica e più percettiva rispetto all’esterno, in un elemento in dialogo con il sistema politico. I suoi lavori riscuotono ampi consensi soltanto nel mondo occidentale e gli verrà preclusa la possibilità di esporre in patria. Partecipa a importanti rassegne, come a documenta 5 (1972) a Kassel invitato da Harald Szeeman, ed entra in contatto con i principali esponenti della scena artistica internazionale, come il curatore Dieter Koepplin, Marchel Duchamp, Joseph Beuys e Andy Warhol.
La mostra a Mendrisio, aperta dal 24 ottobre 2021 al 13 febbraio 2022, è una preziosa occasione per conoscere il lavoro di questo geniale artista, ancora troppo poco studiato e conosciuto ma che ha inevitabilmente influenzato tutta l’arte successiva.