Mai e poi mai Mario Rigoni Stern, il Sergente nella neve, avrebbe pensato che un giorno, l’1 novembre, centenario della nascita, ci sarebbe stato un francobollo a lui dedicato. Lui, che dai fronti di Francia, Albania e Russia andava pietendo a congiunti, il padre in particolare, e amici l’invio di francobolli che servivano per spedire le proprie lettere. E che assenza di questi importanti lasciapassare per collegarsi con i suoi cari sulle buste spesso ricorreva alla scritta “Zona sprovvista di francobolli” confidando sul buon cuore di Poste Italiane e dei postini affinché in arrivo le missive non venissero fatte pagare, attraverso tassazione, ai destinatari.
In guerra, ricordò in uno dei suoi ultimi racconti, pubblicato nel 2007 da “Storie di Posta”, la lettera “era quella che ci teneva legati con il mondo, con la vita, che ci dava speranza. Ricordo sempre quell’alpino del mio caposaldo che poi è morto per una pallottola in testa, due giorni prima del ripiegamento. Quando riceveva una lettera era l’uomo più felice: ‘E la morosa, mi ha scritto la morosa!’ diceva a tutti sventolando la lettera. E’ tornato a casa in una bara.
In guerra dov’ero io, di donne non ne ho mai viste. Ma confesso che sinceramente sentivo più la mancanza di francobolli”. Francobolli che qualche volta realizzò in proprio. Come fece in una missiva indirizzata al suo amore giovanile: Clary, “la ragazza veneziana” dai “capelli d’oro, gli occhi di mare profondo, la voce come un usignolo, semplice e bella come una stella alpina bagnata dalla rugiada” con la quale sognava, non ancora ventenne, di diventare guardia forestale e con la quale sognava di condividere la vita in qualche valle delle Alpi, un disegno aggiuntivo.
“Nell’inverno del 1940 – scrisse nella prefazione del libro di Carlo S. Cerutti ‘Francesco Matraire incisore’ e litografo’ – sulle montagne dell’Albania, ho in ventato un francobollo su una busta indirizzata a casa di una ragazza (rappresentavo goffamente la testa di un alpino visto di profilo con attorno la scritta ‘Zona sprovvista di francobolli ma non di cartucce’). Questa lettera – proseguiva – , affidata a un porta – ordini che scendeva nelle retrovie, giunse alla destinazione senza sopratassa”. Se n’è persa traccia.
Non così la busta della lettera mandata il 26 marzo 1942, anno XX dell’era fascista, a Giuseppe Rigoni presso Vescovi, via S. Spaventa 19, Milano, sulla quale oltre alla consueta scritta “Zona sprovvista di francobolli” con la meno frequente “ma non di cartucce”, disegnò un suo “francobollo” con gli scii, il monte Cervino e la dicitura “Btg. Sciatori m. “Cervino Pista!”.
A guerra finita le busta venne resa al maggiore scrittore di montagna italiano di ogni tempo, che la custodì, assieme a tante altre nella cassettina di noce che nell’aprile del 1949 si era fatto costruire dal caporale Baiocchi, falegname della sua compagnia ad Aosta, pagandola 5 lire. E che anni dopo, come rivelò in “Quasi una tregua”, pensò di bruciarle perché, si domandava “a chi potrebbero interessare?” visto che si trattava di “ cose mie, intime, quello che raccontavo a mia madre e quelle che lei raccontava a me. A una madre – soggiunse- basta un accenno per capire quello che altri non capirebbero”.
Fortunatamente desistette da questo proposito e ora queste e altre lettere sono conservate nell’Archivio Mario Rigoni Stern che la famiglia ha donato al Comune di Asiago che le ha mette a disposizione degli studiosi. Un certo numero delle quali, per evidenti ragioni di conservazione trattandosi di carta di guerra, vengono presentate in riproduzione lunedì 1 novembre nella Sala dei Quadri del Comune di Asiago, dove il sindaco Roberto Rigoni Stern terrà a battesimo il francobollo dedicato al grande scrittore.
Ma Mario Rigoni Stern comunicava, e questo è un aspetto forse inedito, anche attraverso delle illustrazioni. Un modo per rendere un po’ allegra e scherzosa la comunicazione. Come la cartolina postale in franchigia per le forse armate mandata al “tenente Rigoni Giobatta Comando Milit. di Stazione Mestre, Venezia, che al retro ritrae il padre di spalle con un piccolo treno in basso e il figlio che dopo aver salutato il padre chiede “Pista!”.