Cinema Italia. I film che hanno fatto gli italiani. In libreria il nuovo libro Giovanni de Luna, un viaggio tra cinema, storia e identità nazionale
«Un film “storico” ci racconta molto di più sul presente in cui viene realizzato che sul passato che racconta”, da questo assunto prende il via il viaggio di Cinema Italia. I film che hanno fatto gli italiani di Giovanni de Luca (in libreria con Utet LIbri), una fotografia dell’Italia cinematografica, dai primi anni del ‘900 agli anni ‘80 della Milano da bere, un’avventura che va da Cabiria di Giovanni Pastrone fino a La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana. Perché dietro alle storie che i film raccontano ce ne sono (nascoste) altre, ci sono intenzioni, ci sono slanci, tensioni e visioni (a volte perfino premonizioni).
Cabiria esce nel 1914, è uno dei più grandi kolossal del cinema italiano: alla sceneggiatura c’è Gabriele d’Annunzio, la scenografie esotiche e decadenti hanno influenze arte deco e fanno da sfondo alla lotta tra Roma e Cartagine, ma in filigrana traspare lo spirito di un Paese (l’Italia) che vuole (ri)conquistare un ruolo centrale nel gioco della politica internazionale. Il film di Pastrone si rivela così non solo come una semplice rievocazione storica sfarzosa e magniloquente, ma – anche – il simulacro di quella stagione a cavallo tra due secoli che vede l’alba di una nuova (terribile) epoca segnata da sogni di conquista e di rivalsa, di guerra.
Per introdurre il lettore in questo excursus l’autore parte da Noi Credevamo di Mario Martone, un doppio viaggio nel tempo tra l’Italia del Risorgimento e quella degli anni ‘70; il film, del 2010, raccoglie retrospettivamente tutte le tensioni del decennio post 11 settembre, in una riflessione sui modi e i tipi (possibili) di terrorismo. Il cinema è, in forma duplice, uno strumento per raccontare e per documentare (conoscere) la storia, ma de Luna si spinge ancora un po’ più in là, tracciando anche una terza via possibile, vedendo nel cinema un “agente di storia”, uno strumento in grado di costruire, influenzare comportamenti, scelte e abitudini di una platea numerosissima.
Il cinema come modello diventa quindi anche il racconto di una storia possibile, ancora in divenire: «con l’affievolirsi della capacità della politica, delle istituzioni e dello stato di perimetrare territori e definire appartenenze, è stato proprio il cinema come agente di storia a proporsi con forza inusitata come uno dei grandi costruttori di identità e di memoria, giovandosi della sua capacità di rispecchiamento, della sua “rappresentatività”».
C’è un cinema quindi che fa da propulsore, che rispecchia una coscienza collettiva – spesso ancora dormiente – dandole voce e corpo, indicando possibili nuovi scenari; non assolve quindi solemante a una funzione documentaria, ma si fa anche proposito, suggerendo nuove realtà (inedite, alternative, in potenza). Fin dai primi anni del ‘900 il cinema ha dato volto a un’Italia sconosciuta agli italiani, li ha fatti viaggiare, li ha fatti sentire cittadini di una nazione nuova, ha dato loro la possibilità di immaginarsi in nuovi contesti, dando loro nuove speranze, nuovi orizzonti, nuovi obiettivi. Si è fatto veicolo di una reinvenzione sociale.
Il cinema oltre a raccontare propone. Il libro di de Luca si apre con un’analisi di metodo, prendendo in esame alcuni film chiave per spiegare i diversi modi in cui una pellicola può avere un impatto sulla realtà in divenire. Cabiria ha contribuito a costruire l’immaginario di un’Italia interventista, La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo quello della contestazione giovanile del ‘68, La vita è bella di Roberto Benigni quello dell’opposizione al negazionismo di fine Novecento: il cinema quindi non intercetta solo la realtà, ma la elabora in possibili nuove forme, ha in sé una forza costruttrice, propulsiva.
Il viaggio di Cinema Italia si conclude con gli anni 1992-1994, anticipati da Il Portaborse di Daniele Luchetti, un periodo di profondo cambiamento per il Paese, dalla politica a numerosi aspetti di ambito sociale (famiglia, lavoro, consumi). L’ascesa vincente di Berlusconi in politica certifica il ruolo nuovo della TV, che si sostituisce allore al cinema come “agente storia”. Altro cambio di testimone li si avrà poi tra il 2013 e il 2018 con il web (ma questa è, in effetti, un’altra storia). Quello che pare chiaro è dunque il tramonto del cinema, non come forma di intrattenimento (sempre più vincente nel suo essere rifugio di escapismo), ma come voce politica e sociale (sempre più influenzato, soprattutto nella fascia di produzione mainstream, dal linguaggio e dall’estetica dei social media).
Cinema Italia prosegue poi in ordine cronologico, dai primi del Novecento (La Presa di Roma, Maciste alpino) ai film dei telefoni bianchi (I grandi magazzini, Mille lire al mese), dal Neorealismo (Ladri di biciclette, Rocco e i suoi fratelli) al Boom economico del dopoguerra (Poveri ma belli, Il sorpasso), proseguendo negli anni di piombo (Indagini su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Ecce Bombo) fino ad arrivare agli anni ‘80 (da Gassman a Jerry Calà).
Questo lungo viaggio tra cinema e storia (che ben mette in evidenza la complessità dei loro rapporti), viene concluso con l’analisi di La meglio gioventù, per sintetizzare al meglio la proposta metodologica e la tesi di tutto il libro, attraverso un film che racconta tutta la seconda metà del ‘900, nel suo spirito di eterna gioventù che sembra non passare mai, fino a quando, inevitabilmente, prende coscienza di esserlo (passata).
>> Giovanni De Luna ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Torino. Firma della “Stampa” e autore di Rai Storia, ha pubblicato tra gli altri: Il corpo del nemico ucciso (Einaudi, 2006), Le ragioni di un decennio. 1969-1979 (Feltrinelli, 2009), La Repubblica del dolore (Feltrinelli, 2011), La Resistenza perfetta (Feltrinelli, 2015) e La Repubblica inquieta (Feltrinelli, 2017). Per Utet ha pubblicato Juventus. Storia di una passione italiana (con Aldo Agosti, 2019) e Il Partito della Resistenza. Storia del Partito d’Azione 1942-1947 (2021).