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I Carnet degli Egittologi, pagine dai taccuini dei pionieri dell’egittologia

I Carnet degli Egittologi Watercolours of Egypt made by Hector Horeau in 1838. Copyright of all images © Griffith Institute, University of Oxford
I Carnet degli Egittologi
Watercolours of Egypt made by Hector Horeau in 1838. Copyright of all images © Griffith Institute, University of Oxford

I Carnet degli Egittologi: un libro per scoprire i taccuini dei pionieri dell’egittologia, dai primi studi sui geroglifici alla scoperta della tomba di Tutankhamon

(ri)Scoprire l’Egitto attraverso lo sguardo dei primi egittologi, attraverso i loro taccuini ricchi di disegni, appunti, riflessioni e ipotesi su quel mondo antico e misterioso che per la prima volta dopo secoli riaffiora dalle sabbie del deserto. Molti di loro hanno avuto intuizioni geniali, altri invece hanno preso tremende cantonate, ma il loro lavoro di ricerca è stato fondamentale. Un libro ora raccoglie le esperienze più importanti, dal 1600 alla prima metà del Novecento, raccontando le storie di studiosi, esploratori e archeologi attraverso i loro taccuini: I Carnet degli Egittologi di Chris Naunton (Edizioni Ippocampo).

Quello attraverso in cui ci porta Naunton è un viaggio che ci permette di vedere l’Egitto con gli occhi di chi, granello dopo granello, l’ha “ricostruito” in tutto il suo passato splendore. Da appunti presi al volo, su fogli di fortuna, a veri e propri studi organizzati scientificamente, quella della scoperta dell’Egitto è una storia piena di fascino (tanto quanto l’Egitto stesso) e i suoi protagonisti degli avventurieri, spesso incoscienti e scapestrati.

L’Egitto visto da lontano. Tra i primi studiosi moderni è abbastanza rappresentativa (e singolare) la storia di Athanasius Kircher, ecclesiastico e antiquario (ma anche filosofo, storico e museologo) tedesco, tra i suoi numerosi studi (dal magnetismo alla sinologia) fondamentale è stato quello sui geroglifici, che si impegnò a decifrare con metodo e impegno… Arrivando a conclusioni completamente errate, o quasi. Kircher fu tra i primi a intuire la correlazione tra la lingua scritta degli antichi egizi e il copto, ma si concentrò esclusivamente sull’aspetto simbolico dei geroglifici (quello religioso, divinatorio… Magico), influenzato dalle teorie neoplatoniche, invece che vedere con il loro “semplice” aspetto semantico. A sua discolpa va detto che molti dei suoi studi si sono basati sulla Tavola bembina, un manufatto di epoca romana che imita i geroglifici egizi nello stile, ma senza nessun significato linguistico, allora era impossibile saperlo.
In quanto esperto di geroglifici nel 1644 Kircher inizia anche una collaborazione con Gianlorenzo Bernini per progettare la Fontana dei Quattro Fiumi, dedicando un libro alla decifrazione delle iscrizioni presenti sull’obelisco che svetta al centro della fontana (Obeliscus Pamphilius, 1650). Eppure Kircher in Egitto non c’è mai stato, tutti i suoi studi si sono svolti “da remoto”, copiando minuziosamente reperti in giro per l’Europa e disegnando vedute di piramidi e templi rifacendosi a descrizioni di antiche fonti letterarie.

I Carnet degli EgittologiMa l’Egitto era una meta troppo mitica per essere osservata solo da lontano, molti altri studiosi si sono spinti fino ai limiti della civiltà conosciuta per studiarne i misteri, ed allora non era un viaggio né semplice né comodo, ma in breve diventa una tappa obbligatoria per ogni Gran tour che si rispettasse. Schizzi, resoconti, cronache avventurose, poetiche (spesso venate di malinconia e toni romanzeschi) continuano negli anni ad accrescere la forza magnetica dell’Egitto che in epoca napoleonica diventa meta prediletta, un po’ terra da scoprire, un po’ forziere da saccheggiare. Nasce l’egittologia e dall’Europa vengono spediti tra le dune artisti, architetti e studiosi con il compito di carpire, scoprire e riportare a casa per la gloria dei propri Paesi quanta più conoscenza possibile. Da Dominique Vivant Denon che accompagna la Campagna d’Egitto nel 1798 a Robert Hay la cui testimonianza è importante ancora oggi perché descrive molti siti andati completamente perduti o danneggiati, poi ancora Jean Francois Champollion che ha dedicato la sua vita allo studio delle lingue antiche dando un contributo superiore a chiunque altro nella decifrazione dei geroglifici, o Karl Richard Lepsius che ha pubblicato uno studio fondamentale in ben dodici volumi consultato dagli egittologi ancora oggi – un’opera monumentale (nella forma, nel contenuto e nel soggetto) dal titolo monumentale: Denkmäler aus Ägypten und Äthiopien nach den Zeichnungen der von Seiner Majestät dem Könige von Preussen detta anche, più semplicemente, Denkmäler.

Studiosi, artisti, avventurieri… Ognuno di loro ha storie e background molto diversi tra loro. Giovanni Battista Belzoni, per esempio, incaricato di recuperare antichità egizie per conto del generale britannico Henry Salt, era stato (tra le altre cose) uomo forzuto al circo (con il nome d’arte Patagonian Samson) – ma fu anche ingegnere e Cavaliere Templare. «La vista di che godemmo allora era d’una bellezza tale, che la penna tenterebbe invano di potere descrivere – ha scritto durante il suo primo viaggio in Egitto – La nebbia distendeva sulle pianure d’Egitto un velo, che andava alzandosi e scomparendo a misura che il sole si approssimava all’orizzonte: nello sciogliersi quel velo leggero ci lasciò vedere tutta la contrada dell’antica Menfi».

Non sono mancate le donne, come Amelia Edwards che ha pubblicato Mille miglia sul Nilo e fondato L’Egypt Exploration Fund (diventato poi Egypt Exploration Society) per arginare la distruzione dei monumenti antichi, o Marianne Brocklehurst, viaggiatrice, antiquaria e collezionista che ha contribuito ad alimentare l’interesse per l’Antico Egitto in Inghilterra anche al di fuori della cerchia degli studiosi.

I Carnet degli Egittologi di Chris Naunton raccoglie tutte queste testimonianze  (e moltissime altre – da Howard Carter che ha scoperto la tomba di Tutankhamon a Ernesto Schiaparelli che ha scoperto quelle di Nefertari e Kah, capo architetto della Valle dei re, solo per ricordare i più celebri) attraverso le pagine dei preziosi taccuini di questi pionieri, con un ricchissimo repertorio di immagini: aquarelli, appunti, pagine di diario, fotografie, stampe, mappe, rilievi… restituendo una storia complessa, spesso accidentata e piena di colpi di scena. In queste pagine è racchiuso tutto lo stupore della scoperta, lo sconcerto per l’ignoto, il fascino per l’inafferabile e la gioia della conoscenza.

I Carnet degli Egittologi

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