Nell’ottimo lavoro di recupero che il sovrintendente del Carlo Felice Claudio Orazi sta portando avanti con il direttore artistico del teatro Pierangelo Conte c’è anche la valorizzazione della civiltà musicale genovese. Riscoprire pagine di storia che si presupponevano disperse è l’obiettivo della ricerca del teatro genovese, il quale ritiene di fondamentale importanza che la società di oggi si rifletta nel suo passato.
In questo contesto si inserisce l’operazione effettuata riguardo l’opera Bianca e Fernando di Vincenzo Bellini che inaugurò il Teatro Carlo Felice nel lontano 7 aprile 1828. Il maestro Conte ha sottolineato l’importanza di questo complesso procedimento, definendolo “di rilievo assoluto, trattandosi di un lavoro estremo fatto di ricerca, di sospetti ritrovamenti e molto altro”, di cui la professoressa Graziella Seminara sta curando l’edizione critica che uscirà tra un paio d’anni.
La prima della nuova edizione di Bianca e Fernando ha debuttato venerdì 19 novembre alle 20. Pieno il teatro grazie anche alle nuove regole che permettono il riempimento completo della sala ai possessori di green pass, fattore che indubbiamente ha riportato ai tempi migliori della fruizione degli spettacoli teatrali (a parte la costrizione della mascherina per tutta la visione).
Grande l’attesa che è diventata emozione non appena si è aperto il sipario, che ha lasciato un po’ interdetti quando invece di trovarci davanti ad uno scenario che riportasse al XIV e XV, periodo storico in cui è ambientata la storia, ci si è imbattuti in un gigantesco disegno a griglie di luci a led. L’allestimento, che porta la firma del regista Hugo de Ana, ha scelto di catapultare la vicenda tratta dal dramma di Carlo Roti in un mondo immaginario in cui lo svolgersi delle azioni avviene in parte dentro un’enorme mezza sfera bianca e l’altro davanti a questa, facendo uso solo di una parte del palcoscenico, molto vicina al proscenio. De Ana ha utilizzato le sfere ponendole anche in mano dei protagonisti e dei mimi danzatori che movimentano la narrazione, oltre che disseminandole sul palco sotto forma di palloncini o mappamondi. Una predilezione che supponiamo abbia un valore simbolico, che rimane però di non facile interpretazione, salvo il messaggio palesemente estetico.
Ciò non toglie che tale regia, per fortuna, non sia risultata invasiva ed abbia quindi dato il giusto rilievo al canto, di cui si sono apprezzate l’autorevolezza vocale e l’intensità espressiva di Salome Jicia nel ruolo di Bianca e la forza e bellezza delle voci di Nicola Ulivieri (Filippo) e Alessio Cacciamani (il vecchio Carlo). Qualche perplessità si è avuta ascoltando il tenore Giorgio Misseri, indubbiamente impegnato nella difficile scrittura belliniana che sembra avergli creato non poche difficoltà nell’affrontare gli acuti.
L’opera resterà in scena al Carlo Felice fino al 30 novembre 2021.