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L’immagine è morta, la pittura è viva. Pablo Candiloro

Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi
Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi
Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi

Alla Galleria Giampaolo Abbondio di Todi una quarantina di dipinti tracciano i più recenti sviluppi della pittura di Candiloro

Una traiettoria accidentata, sempre segnata dal suo vissuto, dalle sue esperienze, dalle sue emozioni, dalle sue riflessioni sulla realtà. La pittura è una delle certezze che lo accompagnano: seguendo il ritmo sincopato della sua esistenza”. Così il curatore Massimo Mattioli contestualizza i più recenti esiti dell’arte di Pablo Candiloro, artista argentino protagonista di una vasta personale alla Galleria Giampaolo Abbondio di Todi. La terza mostra dopo l’apertura della sede della galleria in Umbria, che si inserisce nell’ambito della Giornata del Contemporaneo AMACI.

Pablo Candiloro disegna il suo tormentato percorso artistico come un personalissimo storytelling”, nota il curatore. E questo percorso si struttura nelle quattro sale della galleria che illustrano le tre serie che hanno impegnato l’artista negli ultimi quattro anni. A partire dalle monumentali tele di “Domani al mare”, dove la sintesi formale rispetto alle precedenti prove si fa radicale, con un approccio lirico guidato dall’evocazione di Mark Rothko. Alla successiva, “Disidratazione”, una sorta di installazione composta però da venti singole opere, autoritratti di grandi artisti del passato che Candiloro reinterpreta. E qui emerge un passaggio concettuale chiave: l’artista brucia con una pistola termica il colore appena steso, in tal modo “uccidendo” la pittura. Per poi “resuscitarla” con nuove prospettive.

 

Pablo Candiloro, Sin titulo #7
Pablo Candiloro, Sin titulo #7

Nell’ultima serie, “Tavolozza infinita”, c’è infatti una sorta di “ripartenza” formale: tornano i temi classici della pittura, fiori, paesaggio, architettura, figura umana. Ma le opere ora sono influenzate dal sopraggiunto clima pandemico: con i toni che si fanno quasi lividi, specchio dello stato d’animo dell’artista. “Tentare di mettere a fuoco una singola opera di Pablo rischia di portare fuori strada”, scrive ancora Mattioli nel testo in catalogo. “Il suo lavoro va infatti osservato nella sua globalità, dove c’è sempre un prima e un dopo. Dove azioni e reazioni si susseguono ciclicamente”. Noi ce le siamo fatte raccontare direttamente dall’artista…

Nella tua formazione è stata fondamentale la figura di Piero della Francesca. Com’è che un giovane argentino incontra un grande artista del Rinascimento italiano?
All’epoca mi interessava sviluppare l’osservazione dello spazio bianco della tela con la maggiore consapevolezza e lucidità possibile e penso che da questo punto di vista Piero Della Francesca sia “Il Sacerdote”. Ma poi credo che tutta l’arte italiana, anche quella più estrema e contemporanea, sia riflessiva nei confronti del senso dello spazio. E questo é in sintonia con il mio carattere. Anche se questa tradizione spesso rischia di trascurare lo sguardo della finestra che affaccia sul mondo. A parte questo, e per tutta una serie di motivi personali e rocamboleschi, sono finito a Sansepolcro.

 

Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi
Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi

Sulle orme di Piero ti sei trasferito a vivere e lavorare in Toscana. Hai trovato quello che cercavi?
L’aria di campagna mi permette di avere il distacco necessario per girare mentalmente intorno alla complessità dei tempi in cui viviamo. Una complicatezza, quella del mondo attuale, alla quale mi interessa fare visita spesso: prova a immaginare Giorgio Morandi in una serata punk e troverai me, solo per rendere l’idea…

Le tue prime opere avevano stilemi Pop, ma con una tavolozza di colori tonali. Quali erano i tuoi riferimenti?
Nella prima serie “Room Service” mi ero ispirato alla gente che passa la maggior parte del tempo ad auto- raccontarsi in maniera ossessiva e con grandiosa banalità. Per cui ho cercato di raccontare me stesso come se fosse una bottiglia di Morandi, di osservare e comprendere l’architettura formale di miei gesti. Nella seconda serie “Stop searching for me, Marcelo” in realtà non sapevo esattamente cosa fare e quindi ho deciso di concentrarmi appunto su questo, il tempo ammazzato dalla noia e tutto ciò che questo comporta mentalmente, a partire dalla esplorazione proustiana dei propri ricordi, le proprie frustrazioni e desideri. Entrambi i temi delle due serie possono apparire in un primo momento stupidi (pop) ma poi, se passi dei mesi ad osservarli in continuazione, scopri un profondo campo di sfumature e ricami.

Quando inizi la serie dei “Mari”, il tuo astro diventa Rothko. Cosa ti attrae del grande espressionista astratto?
Le sue opere sono esperienze spaziali riuscite con la forza emozionale del colore, tragico e delicato al tempo stesso.

 

Pablo Candiloro nel suo studio, con le opere della serie Disidratazione
Pablo Candiloro nel suo studio, con le opere della serie Disidratazione

La tua arte è un continuo cambiamento. C’è la figura umana, poi questa scompare, poi ricompare ma con tratto travagliato. Perché questi repentini passaggi?
Punto lo sguardo sull’epoca che ci tocca vivere: ritmi incerti, circolari, trasparenti e imperfetti, alternati con l’esatto opposto. Nel bel mezzo di questa imprevedibile fluidità ognuno di noi cerca di fare la propria esperienza della storia, quindi direi che il mio lavoro pittorico subisce anche questa dinamica di sopravvivenza. Ma non è detto che ci riesca. La pittura oggi non ha la potenza che hanno altri linguaggi (soprattutto quelli tecnologici) per seguire visivamente i mutamenti attuali quindi perde in partenza, ma, se accetta la sconfitta, guadagna in capacità narrativa.

Nelle opere più recenti, utilizzi una fiamma per bruciare la pittura. Perché senti questa esigenza?
Oggi le immagini si consumano velocemente. Volevo raccontare questo. È una pittura che nasce e muore subito. Sono quadri sbagliati dove rimane una sorta di memoria parziale di qualcosa che è già mancato. Infatti, quando guardo le opere, mi ci trovo solo parzialmente in esse perché il resto l’ha già deciso l’accelerazione del calore. Sono macchie di colore/calore la cui forma e tonalità non ho deciso volontariamente. Ho solo guidato il piano e accettato il tentativo fallito della mia volontà. Sono matericamente al collasso. Questo modo di procedere mi permette di raccontare meglio i nostri tempi… quindi da questo punto di vista è vero che l’immagine è morta, ma la pittura è più viva che mai.

I tuoi ultimi lavori sono nati durante l’isolamento dovuto al Covid. Quali meccanismi ha innescato in te e nella tua pittura questa solitudine forzata?
Nel 2020 le misure anti Covid sono esplose proprio nel momento in cui dovevo rientrare dall’Argentina. Avevano cancellato il mio volo tre volte in una settimana e alla fine sono stato costretto a rimanere sei mesi. Ho improvvisato uno studio di 1 mq utilizzando come cavalletto lo stesso letto in cui dormivo. Cercavo di sfruttare al massimo i pochi colori e piani che avevo a disposizione per lavorare. Queste condizioni ridotte al minimo indispensabile mi hanno forzato a riutilizzare i colori rimasti sulla tavolozza che a sua volta diventava il piano del dipinto successivo. In questo modo mi accorgevo che non buttavo mai via niente. Era diventato un metodo circolare e la tavolozza una specie di magazzino di dati e macchie apparentemente inutili ma interessanti da esaminare.

 

Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi
Pablo Candiloro, A promise of immortality, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi

La tua nuova mostra, “A promise of immortality”, cita nel titolo Stanley Kubrik. Credi nell’immortalità dell’artista?
Sono molto contento di fare questa nuova mostra con la galleria Giampaolo Abbondio perché è la galleria con cui collaboro da dieci anni e che a mio avviso è riuscita a condensare, sotto ogni linguaggio visivo possibile, una certa sensibilità dell’animo umano durante il primo ventennio di un secolo XXI che va sempre di più verso l’ingegnerizzazione di ogni categoria. E quando ho visto e studiato la distribuzione dello spazio nella nuova sede a di Todi, mi è subito balenato in mente l’Overlook Hotel: il posto perfetto per mostrare i fantasmi della pittura..

PABLO CANDILORO. A PROMISE OF IMMORTALITY
11 dicembre 2021 – 26 febbraio 2022
Galleria Giampaolo Abbondio
Piazza Garibaldi 7, Todi
www.giampaoloabbondio.com

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