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Il magico Pop irrazionale di Emilio Tadini. Il suo Viaggio in Italia in mostra a Milano

Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1971 Acrylic on canvas 200 x 300.5 x 3 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1971 Acrylic on canvas 200 x 300.5 x 3 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan
Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1971 Acrylic on canvas 200 x 300.5 x 3 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan
Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1971 Acrylic on canvas 200 x 300.5 x 3 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan

Viaggio in Italia. Il grand tour di Emilio Tadini, A vent’anni dalla scomparsa dell’artista, dal 4 febbraio al 5 marzo 2022 Gió Marconi inaugura una mostra con opere dell’omonima serie dei primi anni Settanta dell’artista milanese, esposte per la prima volta nel 1971 dallo Studio Marconi.

L’intera opera di Emilio Tadini, apparentemente semplice e immediata, offre molteplici livelli di lettura: le immagini emergono in un procedimento freudiano di relazioni e associazioni tra elementi onirici, oggetti quotidiani, personaggi anonimi e spesso senza volto. Considerato una delle figure più originali del dibattito culturale del secondo dopoguerra italiano, Tadini ha adottato aspetti del linguaggio Pop quando il movimento era già in declino, ma il suo interesse per l’inconscio e l’irrazionale lo ha indotto a rappresentare scene di frammentazione e alienazione che ricordano il Surrealismo, con riferimenti tanto alla Metafisica di de Chirico quanto alla psicanalisi di Lacan e Freud.

Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1971 Acrylic on canvas 146 x 114 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan
Emilio Tadini
Viaggio in Italia, 1971
Acrylic on canvas
146 x 114 cm
Courtesy: Gió Marconi, Milan

Nasceva così il suo Realismo Integrale. Tadini ha sempre avuto un approccio seriale alla pittura: da un’immagine ne scaturiscono altre, per progressive modificazioni e alterazioni. Ogni volta l’artista produce un racconto, tanto che la sua pittura cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate, in cui le leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente annullate.

Onnipresenti nella serie Viaggio in Italia sono le figure solitarie e senza testa, già protagoniste di alcuni suoi primi cicli di lavori, come L’uomo dell’organizzazione (1968) o Vita di Voltaire (1967). Le creature di Tadini sono costituite da corpi, movimenti e gesti ma non hanno né volti né teste: ricordando il teatro epico di Brecht, aggiungono un effetto di alienazione delle sue opere.

Per un intellettuale come Tadini sembra quasi impossibile guardare Viaggio in Italia senza pensare all’omonimo diario di viaggio di Johann Wolfgang Goethe, in cui l’autore descrive il suo soggiorno italiano dal settembre 1786 al maggio 1788. Una notevole somiglianza tra i due Viaggi in Italia è che Goethe, così come Tadini, fa molto affidamento sulle immagini autoprodotte e sui propri repertori visivi: mentre visita l’Italia, Goethe disegna e produce numerosi acquerelli, mentre Tadini per i suoi quadri si rifà a una miriade di immagini fotografiche che ha scattato e archiviato ordinatamente. I disegni preparatori e le
fotografie sono i primi riferimenti di ciò che alla fine sarà tradotto in testo e su tela.

Emilio Tadini Viaggio in Italia, 1972 Acrylic on canvas 100 x 81 cm Courtesy: Gió Marconi, Milan
Emilio Tadini
Viaggio in Italia, 1972
Acrylic on canvas
100 x 81 cm
Courtesy: Gió Marconi, Milan

In uno dei dipinti di grandi dimensioni della serie Viaggio in Italia, Tadini cita il noto acquerello di Johann Heinrich Wilhelm Tischbein Goethe am Fenster der römischen Wohnung am Corso, raffigurante Goethe in piedi di spalle che guarda fuori dalla finestra. La versione di Tadini mostra sia le finestre aperte che quelle chiuse e conferisce alla figura, in piedi senza testa, lo stesso identico outfit dell’originale – calze lunghe, un paio di pantaloni alla zuava e camicia.

Nel suo diario, Goethe è stato particolarmente attento all’architettura antica italiana, alla geografia, geologia e botanica della penisola, e ha riportato molteplici osservazioni mineralogiche. Tadini sembra rispecchiare quell’interesse nelle sue rappresentazioni ricorrenti di forme architettoniche, cilindri, cubi e piramidi di diversi tipi di marmi e rocce. Come in precedenti lavori, Tadini utilizza motivi ricorrenti: un elemento piramidale a strisce bianche e nere, una figura femminile in piedi senza testa, un telefono, un cappello coloniale o un rossetto rosso. Attraverso la scelta degli oggetti rende il suo viaggio più concreto. Il suo viaggio italiano riguarda la vita quotidiana contemporanea, come suggeriscono il telefono, le lettere (ci)nema, gli eleganti abiti femminili, i vari oggetti di design o la scultura di Calder.

Pur includendo riferimenti all’antichità, Viaggio in Italia di Tadini tocca anche i campi del design, dell’arte, della cultura, della moda e dello stile. La sua visione italiana unisce il passato con la modernità. Questo punto di vista strettamente oggettuale, in cui la riflessione su diversi tipi di oggetti porta a una migliore conoscenza di sé, avvicina il Viaggio in Italia di Goethe a quello di Tadini che sosteneva “L’arte come mezzo per intensificare la percettibilità delle cose”. Georg F. Schwarbaner lo riassume in poche parole: “Ogni oggetto, ogni simbolo, ogni frammento di una frase e di una parola ha il suo significato specifico. Le opere di Tadini somigliano a un’enciclopedia di immagini del nostro secolo”.

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