494 Bauhaus al femminile, storie di donne creative, intraprendenti e avventurose. In libreria il volume che fa luce sulle loro vite
494 tra studentesse, docenti e manager, questi i numeri delle donne al Bauhaus. Ma quali sono le loro storie? Quale il loro contributo alla produzione e alla ricerca della scuola tedesca di arti e design? Il nuovo libro di Anty Pansera, 494 Bauhaus al femminile (in libreria con Nomos), fa luce sulle loro vite, una ricerca archivistica puntuale e inedita che raccoglie le vicende biografiche di tutte le “ragazze” del Bauhaus, le Bauhausmädels.
La vita all’interno dell’Accademia ha da sempre affascinato studiosi, critici e curiosi: studenti e studentesse convivevano e collaboravano con maestri come Gropius, van der Rohe, Kandinskij, Klee, e il tempo libero era condiviso tra feste a tema, letture, discussioni politiche, mostre, performances artistiche, musica (l’Accademia aveva un’orchestra e un teatro), sport e… Storie d’amore, ovviamente.
Quella del Bauhaus è stata un’incredibile avventura di arte e passione, rivoluzionaria e piena di contraddizioni, funestata dall’inesorabile l’ascesa del nazismo che portò alla chiusura dell’Accademia, al divieto di pratica per gli artisti, e che costrinse molte delle donne alla fuga e all’esilio (più del 14% era di origine ebrea), quando non alla morte in campo di concentramento.
Nella prima sede di Weimar, all’apertura della scuolas, troviamo solo una Lehrerinnen (docenti donne), Lydia Gertrud Grunow (nel gruppo degli esoterici), nel corso propedeutico di Itten, arriverà poi Gunta Stölzl chiamata a impostare l’officina di tessitura e, nel corso della storia della scuola, diventeranno poi undici.
Oltre alle storie delle artiste più famose e conosciute, l’autrice racconta anche figure meno studiate, molte di loro non compaiono né in rete né nei testi critici dedicati al Bauhaus, tra queste anche una misteriosa italiana, Maria Grazia Rizzo, la cui storia è ancora da ricostruire.
Per contributo artistico, su tutte sicuramente spicca Anni Albers, un’innovatrice dell’astrazione che ha saputo unire l’antica arte della tessitura con il linguaggio dell’arte moderna. Come artista, designer e insegnante, ha saputo trasformare il modo in cui la tessitura era percepita, elevandola da medium a opera d’arte. La Albers ha iniziato a lavorare col telaio come studente del Bauhaus a Weimar (ha fatto il suo ingresso nella scuola nel 1922) e ha continuato a esplorare le possibilità offerte da questa tecnica durante tutto il corso della sua carriera, continuata poi negli Stati Uniti. Proprio al Bauhaus ha conosciuto Josef Albers, che nel ’25 è diventato suo marito. Nel ’33, con l’avvento del nazismo, la scuola viene chiusa e la coppia scappa negli U.S.A. dove entrambi insegneranno al Black Mountain College in North Carolina, una scuola sperimentale e innovativa con un approccio interdisciplinare al centro del quale massima importanza era data alla pratica artistica. Il lavoro di Anni Albers è stato di grande influenza per le generazioni successive di designer e artisti.
A dispetto della modernità su cui si fondava la scuola, al Bauhaus la disparità tra uomini e donne non era ancora stata superata. Anni iniziò il suo primo anno seguendo le lezioni di Georg Muche e successivamente quelle di Johannes Itten, alle donne però non era consentito l’accesso a determinate discipline, come, per esempio, l’architettura. Non potendo entrare in un laboratorio dedicato alla lavorazione del vetro con Josef Albers, Anni iniziò senza troppa convinzione il corso di tessitura di Gunta Stölzl – chiamato anche “The Women’s Workshop”. Una scelta che le cambierà la vita. La stessa Gunta Stölzl negli anni successivi ricreò diversi arazzi perduti di Anni Albers.
C’è poi Lisbeth Oestreicher, moderna Penelope che riuscirà a salvarsi in campo di concentramento procrastinando il completamento dei capi di maglieria realizzati per l’amante del comandante del campo. O, ancora, di Edith Suschitzky, che aderisce al partito comunista austriaco iniziando un’attività di agente segreto dell’Unione Sovietica (determinante la sua attività nel reclutamento del cosiddetto “circolo delle spie di Cambridge” – quello del film Another Country con Rupert Everett) e frequenta il corso di fotografia a Dessau nel 1929-1930.
Dietro a ognuna delle ragazze del Bauhaus ci sono storie diverse, avventurose, tutte accomunate dalla voglia di emanciparsi, di trovare il proprio posto in un mondo che stava cambiando a una velocità tutta nuova, hanno aperto strade in settori prima non accessibili, mettendo a punto linguaggi moderni e innovativi: tessitura, fotografia, architettura, stampa, legatoria, pittura murale, falegnameria, vetro, lavorazione del legno e grafica pubblicitaria. Donne rimaste troppo a lungo nell’ombra, magari di un marito o di un collega più famoso, e ora finalmente riscoperte, in una ricostruzione delle loro avventure che diventa anche una riflessione sulla natura della creatività e un tassello importante per completare e conoscere meglio la storia di del Bahaus.
>> Presentazione del libro 494 Bauhaus al femminile.
11 gennaio 2022, ore 18.30
Triennale Milano
Interventi di Anty Pansera (autrice del libro), Francesca Pellicciari (fondatrice di pupilla grafik e co-curatrice della mostra Saul Steimberg. Milano New Yor), Annalisa Rosso (Contemporary design specialist, Direttore editoriale del nuovo progetto digitale del Salone del Mobile.Milano), con Mariateresa Chirico, Daria Grimaldi e Giovanna Cassese
Modera Marco Sammicheli (Direttore Museo del Design Italiano di Triennale Milano)
Ingresso libero nel limite dei posti disponibili
Triennale Milano, viale Alemagna 6