Nato a Napoli nel 1958, Perna ha vissuto e si è affermato fra il Venezuela e Los Angeles. Sue mostre al DIA di New York, all’ICA di Los Angeles e all’ICA di Londra
“Quando ero un adolescente in Italia, avevo appesa alla parete della mia camera da letto una fotografia di Dennis Hopper sul suo chopper con il serbatoio a stelle e strisce”. Comincia presto, la fascinazione di Luciano Perna per l’America, dove svilupperà tutta la sua carriera artistica. Prima in Venezuela, poi a Los Angeles, dove il suo fragile cuore l’ha portato nei giorni scorsi alla prematura morte, all’età di 63 anni.
“Ho iniziato collezionando oggetti e assemblandoli in modo astratto, non rappresentativo”, ricordava in una recente intervista. “Usavo questi oggetti come se stessi usando la pittura: badavo al materiale, al colore, alla forma, cercando volutamente di ignorare le loro funzioni originarie. A poco a poco, ho iniziato a pensare di usare gli oggetti per fare qualcosa che fosse più simile a un’immagine, che rappresentasse qualcosa. Come la moto di Easy Rider, che era composta da 45 dischi, e tazze, e pentole, e stampelle, e un bersaglio per le freccette”.
Nato a Napoli nel 1958, Perna iniziò a fotografare all’età di quattordici anni, con l’ormai classica fotocamera Leica M3. Quando non aveva ancora 16 anni, si trasferì per cinque anni a Caracas, in Venezuela, per vivere con un fratellastro maggiore, Claudio Perna, artista concettuale. Trasferitosi poi in California, frequentò il California Institute of the Arts, con docenti del calibro di John Baldessari e Barbara Krueger. Il suo percorso artistico si è sviluppato quasi totalmente all’estero, anche se conservava forti legami con l’Italia. Fra le sue mostre di maggior rilievo quelle presso il List Visual Art Center al MIT, il DIA di New York, l’Institute of Contemporary Art di Los Angeles, l’ICA di Londra.
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