Al MAMbo di Bologna Fronte e retro, antologica di Italo Zuffi che vedrà la seconda tappa a Palazzo De’ Toschi in primavera
Esiste un modo di concepire lo spazio che abbia in sé una visione rigida e incontrovertibile? Esiste una maniera di definire e perimetrare la cosiddetta pratica artistica all’interno di una griglia maieutica ed ontologica sempre ripetibile? Fronte e Retro pone il focus su tali aspetti attraverso l’esperienza di Italo Zuffi, ripercorrendone i vari tragitti da lui intrapresi dagli anni Novanta al 2020 che vanno a costruire un itinerario concettuale negli spazi del MAMbo e che saranno rievocati nel contraltare di Palazzo De’Toschi per Banca di Bologna, mediante opere inedite e realizzate in dialogo con gli spazi ospitanti.
Fronte e Retro, due visioni e molte più, una serie di echi e rimandi che stabiliscono la costruzione di un filosofia interpretativa che agisce secondo i prodromi delle tematiche così strutturate: “contrasti e opposizioni che possono agire sul corpo (talvolta quello dell’artista stesso) come sulla forma scultorea: tra le idee di costruzione e al contempo di distruzione/caduta; di lavoro e, insieme, di dispersione di energia; mollezza e di rigidità; di fragilità e di competizione“, come si evince dal comunicato ufficiale che accompagna la mostra, la cui curatela è di Lorenzo Balbi e Davide Ferri.
Il contrasto, il sovvertimento delle rigidezze dei vari sistemi – da quelli dello spazio geometrico e volumetrico a quello del sistema dell’arte e dei suoi attori – si traduce in “Osservatorio” di privilegiate “Scomposizioni”. Che sancisce la conversazione ironica, allusiva e affascinante con il fruitore. Il quale, in maniera fluida, entra a far parte dello spazio artistico, alla cui emblematica successione fa da eco una sorta di attesa sospesa. Di assenza pregressa e sine die ove tutto appare nella forza della irresoluzione. La Sala delle Ciminiere e le sale attigue del MAMbo accolgono circa cinquanta opere che funzionano come collettore di istanze per lo svolgimento di pensiero e azione, ove il passaggio del proprio corpo diviene esercizio non fine a sé stesso di un linguaggio performativo che pure e in larga parte afferisce alla grammatica di Italo Zuffi.
Le installazioni, le opere video e le fotografie fungono da racconto in cui suggestioni da insider e rivelazioni per outsider dell’Arte seminano spunti di riflessione che, come narrato dalle didascalie critiche, tendono in maniera paradossale a minare talune granitiche certezze di cui il sistema arte, i sistemi critica e curatela, i sistemi museali e galleristici si cibano sempre più famelicamente. Italo Zuffi svela l’insvelabile? Esplora dal suo interno quello che è un meccanismo complesso. Lo mette alla berlina e lo offre allo spettatore che, investito del ruolo attivo di esponente della collettività ricevente arte, è chiamato a non guardare soltanto. Ma ad interagire con il proprio ragionare, in un crogiuolo di energie già dissipate, ancora in atto o in attesa d’esser impiegate.
Ancora una volta, la visione di Zuffi è magmaticamente molteplice. A tale eterogeneità risponde la materia – composta, destrutturata, evocata e reinventata –, risponde il linguaggio video, ma anche quello fotografico. E risponde la parola che rimette in discussione ciò che – nel percorso ideale della mostra – le opere già incontrate hanno fatto sì vacillasse. Se Fronte e Retro, così come allestita e presentata al MAMbo è una sorta di itinerario a ritroso nella carriera di Italo Zuffi, è intuibile che quanto ideato per la Sala Convegni di Palazzo De’ Toschi produrrà un continuo stravolgimento del già noto. Sottolineando, in particolare mediante l’azione performativa, il paradosso della fascinazione e il fascino del paradosso.
Dunque, Fronte e Retro, si possono allegoricamente immaginare come due lati della stessa medaglia o due lati che scompongono la semplicità intrinseca della medaglia medesima, frammentandosi, nella costruzione delle opere, nella relazione con lo spazio e poi, nel dialogo con Bologna, generando una enigmatica ridistribuzione della meraviglia.