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Orson Welles e la New Hollywood

Orson Welles e la New Hollywood

Orson Welles e la New HollywoodOrson Welles e la New Hollywood. Tutto vero, tutto falso? Un libro ricostruisce tutta la storia dell’ultimo capolavoro del regista più inafferabile di sempre

Tra la Golden Age del cinema hollywoodiano e il crollo dello Studio system ci sono stati degli accadimenti, delle personalità, degli scossoni che hanno preannunciato questa svolta storica nel mondo dell’industria del cinema, da Olivia de Havilland a Robert Aldrich, attori e registi obliqui che hanno saputo sfuggire al sistema verticale, minandolo – a loro modo – dal suo interno. Tra loro, il più leggendario (aggettivo che, per una volta, non pecca di retorica) è ovviamente Orson Welles, il più irrequieto e autodistruttivo dei cineasti nati in seno al cinema classico, ma che mai vi è appartenuto. La sua lunga amicizia con Peter Bogdanovich rappresenta, non solo in maniera simbolica, un passaggio di testimone tra due epoche che si danno il cambio, sebbene – a conti fatti – Orson Welles non abbia mai aderito alla figura del regista da Studio system.

Artisticamente troppo irrequieto, progetti troppo ambiziosi e azzardati (tra gli altri un adattamento di Cuore di Tenebra di Conrad che non ha mai visto la luce), rapporti tempestosi con la RKO che l’aveva messo precocemente sotto contratto come regista, flop commerciali (Quarto potere, rivoluzionario e amatissimo dalla critica, non fu una hit al botteghino), Welles fugge da Hollywood che lo rinnega, trova rifugio, ma non vita facile, in Europa: i produttori sono scettici, i suoi progetti costituiscono sempre un salto nel buio, tante idee e poche garanzie. In un breve ritorno a Hollywood, dopo 10 anni di assenza, gira L’infernale Quinlan, film che chiude simbolicamente la stagione d’oro del noir americano – è forse Orson Welles un regista testamentale?

Il suo ultimo film, The Other Side of the Wind, vede la luce solo nel 2018. Questo progetto, a lungo incompiuto e oscuro, ha alle spalle forse la storia assieme più travagliata e assurda tra tutte quelle che hanno visto  il regista vagabondare alla ricerca di finanziamenti e ripari professionali. Il film si rivela come una critica caustica sulla New Hollywood, al suo stile, ai suoi personaggi, ai suoi contenuti e ai suoi clichè. Un nuovo cinema avanza con forza, i suoi autori vedono in Welles un maestro, un faro, e lui non esita a deriderli, Olandese volante, alieno a qualsiasi movimento, manifesto o programma, fino alla fine.

Il volume di Massimiliano Studer, Orson Welles e la New Hollywood (in libreria con Mimesis), racconta di questo film mitico, dalla sua genesi alla sua tribolatissima lavorazione, fino al suo montaggio finale post mortem. Racconta anche di cosa parla questo film, facendo luce sul lascito spirituale che rappresenta la pellicola nel corpus della filmografia del regista. Si parte da Hemingway, si indaga la nascita dell’idea alla base del film, delle trasformazioni che ha subito e degli obiettivi del regista. All’inizio, nell’idea originale del regista, The Other Side of the Wind avrebbe dovuto essere un film dedicato alla figura dello scrittore spagnolo e al mondo delle corride. Nel 1961 Orson Welles è in Spagna per filmare un documentario prodotto dalla RAI su Don Chisciotte, la notizia del suicidio di Hemingway lo colpisce in maniera tale da far nascere l’idea di un nuovo progretto. Poi cambia tutto.

Orson Welles e la New HollywoodSi prosegue, nel secondo capitolo, con un’analisi dettagliata delle vicende che hanno portato all’avvio della produzione di The Other Side of the Wind, incrociando – tra il 1966 e il 1976 – le esperienze e i protagonisti della New Hollywood. Orson Welles ha sviluppato negli anni il progetto come un film indipendente (alla Corman), legandosi poi a nuova società di produzione franco-iraniana, l’Astrophore (Il Deserto dei Tartari, Un’Orchidea Rosso Sangue), una storia che ha portato a (tantissimi) nuovi guai, al sequestro della pellicola, a una lotta legale durata decenni e proseguita anche dopo la morte del regista. Di mezzo, come se non bastasse, ci si è messa pure la rivoluzione in Iran del 1979.

Il libro conclude, nel terzo capitolo, con un raffronto critico tra la versione del film presentata a Venezia e uscita su Netflix e quella, incompleta e continuamente rimaneggiata e ripensata, di Orson Welles, ripercorrendo la storia di questa vera e propria ossessione cinematografica che ha portato a una rincorsa durata oltre quarant’anni, nel tentativo di portare alla luce un capolavoro a lungo perduto.

Il libro nasce da un lavoro di documentazione ricco e complesso, passati al vaglio centinaia di lettere, telegrammi, appunti, svariate versioni del copione, tutto il materiale sulla lavorazione di The Other Side of the Wind custodito al Museo del Cinema di Torino, una raccolta preziosa che ha costituito la base di questo volume assieme ai fondi dell’Università del Michigan e a quelli della Cinematheque Francaise.

La storia della produzione di questo film è stata pluridecennale, attraversa in lungo e in largo la carriera del regista e dei suoi collaboratori, ricostruirne la storia è complesso, Orson Welles e la New Hollywood si pone quindi come una vera e propria indagine, alla ricerca della soluzione delle incongruenze e dei misteri che costellano questa strada tortuosissima; una guida alla lettura che aggiunge un tassello fondamentale nella lettura critica del lavoro del regista più inafferrabile della storia del cinema.

Orson Welles e la New Hollywood

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