Per descrivere la mostra di Giorgio Galimberti nello spazio milanese di Glenda Cinquegrana Art Consulting (in Via Settembrini 17, fino al 12 marzo) la curatrice, sceglie una poesia di Gianluca Nadalini:
Lasciateli stare i sognatori, sono gente di carbone per vecchi treni a
vapore, lasciateli stare nelle loro piccole case, che abitano come
tasche, piene di spine e di more
Sono parole che si riflettono nella visione dell’artista. «Il Sogno di George si riferisce ad alcune peculiari caratteristiche della pratica fotografica di Giorgio Galimberti. Come se guardasse al mondo con lo stupore e l’ingenuità di un bambino, la fotografia di Galimberti è frutto di un’operazione visiva di continuo spiazzamento: la realtà del quotidiano da cui costantemente attinge è trasfigurata per diventare surrealtà, o meglio scenario da sogno. Quello di Giorgio è un mondo abitato da uomini, donne o figure infantili che ne percorrono costantemente i territori urbani con semplicità e candore, che sono necessarie a guardare al quotidiano con occhi di volta in volta nuovi. Il fotografo si identifica completamente con i protagonisti delle sue immagini, un prolungamento di se stesso: e così Giorgio diventa George, come la Alice di Lewis Carroll compie il suo tuffo nella realtà dello specchio» racconta Glenda Cinquegrana.
Nello spazio milanese si snoda una ricca raccolta di immagini in formato 50×70 cm, realizzate dal 2017 ad oggi, a partire da un grande manifesto dove è riprodotta una foto datata 2020 che inquadra l’acquedotto vanvitelliano di Maddaloni ed esposta per la prima volta in una mostra.
«Sono in gran parte foto inedite selezionate proprio sulla base dell’evoluzione della mia ricerca» spiega Galimberti.
Ma quali sono i maestri e le correnti a cui attinge l’artista comasco, da sempre appassionato di fotografia, un interesse amplificato anche dal clima familiare aperto all’arte e alla creatività che lo spinge fin da piccolo ad avvicinarsi al mezzo fotografico attraverso le Polaroid?
«Un punto saldo di riferimento per me è la poetica fotografica di Mario Giacomelli ma per il mio bianco e nero guardo molto alle inquadrature di André Kertész e mi sono ispirato al suo lavoro soprattutto sulla produzione di Washington Square Park, scattata dalla finestra del suo appartamento. Ho cercato di dare meno estetica alle mie immagini puntando più sul contenuto e sempre cercando di mantenere una forte carica emozionale ed evocativa come mi ha insegnato mio padre (Maurizio Galimberti)».
Nei suoi lavori di taglio metafisico che l’autore definisce “romantici e semplici” lo sguardo è limpido e si perde nel gioco armonico di sogno e di realtà, restituendo tracce di gioia e di melanconia. Ora lavora a un nuovo progetto a cura di Denis e Alessandro Curti che sarà esposto in Triennale prossimamente.
La mostra è accompagnata dal catalogo: George con testi di Angelo Cucchetto, Gianluca Nadalini, 2021, in collaborazione con Trieste Photo Days.
Glenda Cinquegrana Art Consulting
Via Luigi Settembrini 17
20124 Milano, Italy
www.glendacinquegrana.com