La commedia dell’arte. Maschere e Carnevale nell’Arte del Novecento Italiano. Questo l’affascinante ed eloquente titolo della mostra che la Galleria del Laocoonte presenta a Roma dal 23 febbraio al 30 maggio 2022.
La maschera. Un oggetto così carico di simbologie – profonde, eterogenee, disparate – che solo pronunciandone la parola pare vederle evocate all’improvviso. Una di queste si lega alla pittura e deriva dalla sua stessa iconografia. La personificazione della pittura porta infatti una maschera appesa al collo, perché essa imita la natura così come l’attore mascherato il personaggio che egli interpreta.
La Galleria del Laocoonte di Roma ne indaga le sfumature attraverso dipinti, disegni e sculture del ‘900. Dalla rappresentazione dell’oggetto in sé – soggetto di nature morte futuriste o metafisiche – alla maschera indossata dall’attore – come i personaggi tradizionale commedia dell’arte italiana – e spesso celebrata nella storia dell’arte visiva.
Non si può che partire da Venezia, che con il suo carnevale è la capitale ideale della maschera. La racconta un dipinto di Ugo Rossi (1906-1990), lungo quasi 4 metri, che rappresenta piazza San Marco a Venezia piena di gente in costumi carnevaleschi, colorati e di ogni foggia. Sulla stessa linea la poetica di Umberto Brunelleschi (1879-1949), un toscano che ebbe un grande successo a Parigi come disegnatore di costumi, scenografo e illustratore di moda. Di lui troviamo in mostra due pochoirs con corteggiamenti amorosi di coppie e uno studio per una locandina dedicata ad una festa a soggetto veneziano in maschera tenuta al Cercle de l’Union Interalliées di Parigi. Come anche un autoritratto con maschera, studiato per un manifesto della prima parigina della commedia La maschera e il volto, opera oggi quasi dimenticata di Luigi Chiarelli. Un’opera ispirata al teatro di Pirandello.
Ugualmente influenzato dallo scrittore siciliano fu il pittore Giovanni Marchig. Nonostante la sua opera più importante, Morte di un autore (1924), sia ora a Palazzo Pitti, non è certamente tra i pittori più ricordati. Per questo la Galleria del Laocoonte è orgogliosa di presentare una sua opera del 1933 da poco riscoperta, il ritratto di un giovane attore vestito come Arlecchino. Egli ha il suo costume multicolore ma non indossa la maschera, non è in scena. L’enfasi è per una volta posta sulla persona dietro l’attore, sull’uomo e non sul personaggio.
Segue un’opera di Oscar Ghiglia (1876-1945). Si tratta del disegno preparatorio per la copertina dell’opera teatrale Il matrimonio di Casanova (1910), dove l’eroe del titolo diventa il burattinaio che manipola tutti i personaggi della trama. Ambientata dove? A Venezia ovviamente. Come anche le due pitture sottovetro di Vittorio Petrella da Bologna (1886-1951).
Vi sono poi maschere metafisiche al centro delle enigmatiche nature morte nei dipinti di Marisa Mori (1900-1985), allieva di Casorati, e di Aligi Sassu (1929), promettente futurista da giovanissimo, ancora lontano dai cavallucci rossi che lo hanno reso famoso.
E ancora Roberto Melli (1885-1958), ombroso maestro del colore, con Mascherina; un’illustrazione toccante di Arlecchino portato in paradiso dagli angeli, del disegnatore Enrico Sacchetti, appartenuta al famoso attore Ettore Petrolini; di Ettore Petrolini Maschera nuda, per natura più espressiva di ogni faccia di cuoio, cartone o cartapesta; Mario Barberis (1893-1960) con un disegno originale per la copertina di una delle raccolte di racconti brevi di Pirandello, Terzetti, del 1912; un Arlecchino dell’artista contemporaneo Pino Pascali (1935-1968), inventato quando era impegnato a produrre cartoni animati per la pubblicità televisiva.
Oltre a questi, tanti altri ancora.