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Il ritorno di Grounded di Livermore al Teatro Nazionale di Genova

La guerra che fino a dieci giorni fa sembrava far parte di un’epoca lontana, almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, oggi si è ripresentata ferocemente nei nostri occhi e nei nostri cuori.  La guerra era brutta quando si combatteva con le spade, le baionette, i fucili, ma non è meno crudele e spaventosa quando la si combatte con mezzi tecnologicamente avanzati che apparentemente coinvolgono meno chi li usa, ma non è così. Perchè la guerra è terribile sempre.

Grounded, testo di George Brant, tradotto fluidamente da Monica Capuani, è lo spettacolo con regia di Davide Livermore che ha debuttato al teatro nazionale di Genova il maggio scorso e che è stato ripresentato in questa stagione dall’1 al 6 marzo 2022. Sulla scena una sola attrice, Linda Gennari, che è una Top Gun, una pilota che sgancia le bombe dal suo caccia, in volo, e con lui ha anche un rapporto forte quasi di affetto. L’innamorarsi di un ragazzo che nulla ha a che fare col suo ambiente e avere con lui un figlio fa sì che  l’American Air Force le imponga di rimanere a terra (‘grounded’, appunto), dalle parti di Las Vegas. Questo le cambierà la vita perchè pilotare un aereo per lei era vita. Ora, siccome la guerra non si ferma, il suo lavoro sarà quello di pilotare sì, ma a distanza: un drone da una stanza senza finestre che diventa il suo ufficio bellico.

La sua vita di moglie e mamma si intreccia sempre più con quella lavorativa e lei fa sempre più fatica a distinguere il piano professionale da quello personale. Quella strana simulazione di guerra, che simulazione non è, la confonde, la disorienta e il senso di colpa che la consuma produce sovrapposizioni che creano un unico contesto da incubo allucinatorio dove la lucidità si allontana sempre più lasciando posto al terrore di commettere scelte sbagliate. 

Linda Gennari domina la scena dall’inizio alla fine (e lo spettacolo dura quasi due ore!) con una presenza scenica immensa. Fisico slanciato, atletico, nervoso, quello che ci vuole per un personaggio così. Con abilità attoriale ci racconta l’altalenare dei suoi sentimenti fino allo spaesamento doloroso in cui piomberà, come se tutte le bombe che ha lanciato nella sua carriera fossero improvvisamente cadute addosso a lei.  Perde ogni punto di riferimento, smarrendo la rotta della sua vita. La sua passione nel recitare porta il pubblico alla stessa tensione del suo personaggio. Brava, bravissima. 

L’impianto scenico ideato da Livermore e Lorenzo Russo Rainaldi, pur sembrando una citazione di “Star Wars”, è assolutamente d’effetto: un piano mobile sollevato dal pavimento del palco, un trapezio che rappresentare la forma del caccia, che punta il muso verso il basso per scendere e alza il naso per prendere quota. “Una macchina scenica che vuole essere un luogo di narrazione”, aveva detto il regista. Oltre a questo grosso marchingegno, lo spettatore è accompagnato da una colonna sonora fatta di suoni e musiche (di Andrea Chenna), e luci (di Aldo Mantovani) che creano e disegnano con i colori quello che sta succedendo nell’animo della donna. 

Forse però, per gli amanti della tradizione, il teatro è un altro, e “Grounded” con questa sua ridondanza di effetti speciali stile “Incontri ravvicinati del Terzo tipo” o “X Files” ci porta ad azzardare un parallelo tra il teatro di oggi e il drone della protagonista dello spettacolo di Livermore: si è tolto un po’ troppo alla bellezza della semplicità per dare alle macchine. Il teatro in fondo non ha bisogno di molto, come i giochi dei bambini. E’ come la vita, fatto di ironia e malinconia. Tutto il resto ci allontana sempre più da quell’umanità di cui abbiamo sempre tanto bisogno.

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