Le biblioteche sono uno dei network culturali più capillarmente diffusi sul territorio nazionale e dovrebbero essere centri di produzione culturale e di valore sociale. Creare un servizio a pagamento in una biblioteca, può attrarre nuovo pubblico?
Nella forma più cruda, il concetto di mercato, vale a dire il concetto di “domanda” e di “offerta”, si può sintetizzare prendendo in esame anche una semplice transazione: c’è un soggetto (domanda) che è interessato a possedere o a fruire di qualcosa e c’è un soggetto (offerta) che dispone di quella cosa ed è disposto a cederla.
In questo meccanismo così crudo e semplicistico, il “prezzo” è un valore informativo essenziale, in quanto rappresenta il “valore” che domanda ed offerta attribuiscono a quel determinato oggetto o a quella determinata esperienza.
Applicando dunque questa arcaica forma di transazione alla “cultura”, è possibile affermare che, nella cultura, c’è da un lato un soggetto (offerta) che eroga un’offerta culturale e che dall’altro ci sono dei cittadini (domanda) che sono interessati a tale offerta.
Nella maggior parte dei casi, tali transazioni non vengono pagate dai cittadini “direttamente” in quanto le attività dell’offerta culturale vengono finanziate attraverso varie forme, alcune delle quali provenienti dal settore pubblico, e quindi dal sistema fiscale che agisce sugli individui.
Accanto a tali attività, tuttavia, ce ne possono essere anche altre che i cittadini contribuiscono direttamente a sostenere. Queste attività hanno un valore molto più che monetario, perché, nei fatti, avvicinano l’offerta e la domanda in uno scambio, una transazione, alla pari.
Dal punto di vista strategico, la realizzazione di “servizi a pagamento” da parte di istituzioni culturali (non importa siano profit o meno), prevede che ci sia un confronto diretto tra “istituzione” e “cittadinanza” e questo incide nell’istituzione a vari livelli:
-Incremento della conoscenza dei bisogni dei cittadini;
-Maggiore connessione con i cittadini;
-Capacità di “consolidare” il rapporto con i cittadini facendo sì che questi ultimi possano essere soddisfatti per quanto hanno “concretamente” sostenuto.
Ci sono poi ulteriori fattori che rientrano in questo schema. E sono schemi semplicissimi. Il primo punto è che gli esseri umani tendono a dare maggior valore percepito alle cose per le quali hanno effettivamente sostenuto un esborso (sia esso uno sforzo fisico, uno sforzo mentale, un impegno intellettivo o uno sforzo monetario).
Il secondo è invece di natura sociale, ed è un meccanismo che vediamo applicato tutti i giorni: se un cittadino è consapevole che, con il proprio acquisto, non solo godrà del bene o dell’esperienza che aveva già deciso di acquistare, ma contribuirà anche a consolidare un’istituzione culturale che ritiene importante per il proprio territorio, non solo ci sarà una maggiore probabilità che il cittadino apprezzi tale bene o tale esperienza, ma ci sarà altresì la possibilità che il cittadino si senta “partecipe” dell’istituzione stessa.
Sono questi i meccanismi alla base di attività prosociali come ad esempio il fundraising: donare soldi non significa soltanto erogare contributi ad un’organizzazione. Significa sentirsene parte. E fare in modo che le persone si sentano in qualche modo parte di un’organizzazione o di un’iniziativa è l’obiettivo più significativo che il fundraising si possa porre.
Queste considerazioni sono estremamente importanti soprattutto per quei centri di cultura che hanno una immediata relazione con il territorio di riferimento e, tra questi, le biblioteche svolgono un ruolo centrale.
Per quanto infatti tali istituzioni rappresentino forse uno dei network culturali più capillarmente diffusi sul territorio nazionale, gli utenti principali di ogni biblioteca sono, e restano, i cittadini.
Malgrado sia ormai pacificamente accettata la necessaria distinzione tra “ricavi” e “profitti”, permane una sostanziale diffidenza nei confronti delle attività a pagamento condotte da istituzioni culturali pubbliche, a scapito di esperienze analoghe ormai più che sdoganate, come le mostre a pagamento all’interno dei musei pubblici.
Spesso è attraverso una mostra, che ha differenti leve di comunicazione e di marketing rispetto ad una collezione permanente, che giovani e meno giovani si avvicinano per la prima volta ad un museo: la previsione di un biglietto d’ingresso per visitare la mostra, quindi, non sono non confligge con gli scopi istituzionali di un museo, ma anzi, contribuisce a perseguirli.
Attraverso la mostra, infatti, il museo incrementa la propria quota di autofinanziamento, ma soprattutto intercetta bisogni culturali diversi, acquisisce maggiore visibilità, e ha l’opportunità di conoscere meglio i contenuti che la propria “audience” (per usare un termine in voga qualche tempo fa) mostra di apprezzare maggiormente.
Meno diffusa è invece questa percezione quando si valutano altre istituzioni, come ad esempio le biblioteche, sebbene tra le due “offerte” non ricorrano differenze di sorta né dal punto di vista economico, né dal punto di vista culturale, né, soprattutto, dal punto di vista della funzione.
Come una mostra può attrarre nuovi pubblici in un museo, così può un servizio a pagamento in una biblioteca.
Sono molteplici le esperienze che ci insegnano che, per le istituzioni culturali, quello che conta è creare una connessione con i propri utenti, e non importa se tale connessione implichi un avvicinamento agli spazi fisici o digitali. Allo stesso modo va percepita la biblioteca, avendo ben chiaro tuttavia, che in una visione contemporanea, la biblioteca più che un centro di smistamento, deve sempre più divenire anche un centro di produzione culturale e di valore sociale.
In questa interpretazione dell’istituzione bibliotecaria, infine, non è da sottovalutare un ulteriore elemento di grande interesse: la realizzazione di servizi a pagamento, oltre a tutte le dimensioni già citate, prevede altresì una crescita importante anche sotto il profilo organizzativo: per erogare servizi aggiuntivi, siano essi prodotti internamente oppure realizzati in associazione ad altri soggetti istituzionali e non istituzionali, la biblioteca ha bisogno di dotarsi di figure chiave che siano in grado di gestirne i relativi processi o di coinvolgere le proprie figure interne in questo processo di crescita.
È quindi essenziale che anche nel campo delle biblioteche emergano sempre più progettualità e sempre più competenze attraverso le quali coinvolgere in modo significativo i propri utenti. Anche sviluppando servizi per i quali i cittadini siano disposti a “pagare” per fruirne.
In economia, del resto, si parla di “incontro” tra domanda ed offerta e di “libero scambio”.
A volte, in fondo, basta solo prestare attenzione alle parole.