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Superbia. Nelle profondità dell’hybris con Agostino Arrivabene

Le due morti, dall’omonimo trittico, 2020, encausto su lino, cm 150 x 200. Collezione privata.

Agostino Arrivabene: l’Odisseo contemporaneo che sfida hybris, usura e vanitas in un viaggio alla scoperta degli abissi dell’umanità. In mostra a Crema

La durata di un’opera d’arte è proporzionale all’umanità e alla verità che contiene”
Odd Nerdrum1

Superbia. Nelle profondità dell’hybris è il titolo della personale di Agostino Arrivabene in corso ancora  fino al 3 aprile 2022 al Museo Civico di Crema e del Cremasco.

A vent’anni dall’ultima antologica presentata nella città di Crema, in Sala Pietro da Cemmo – Agostino Arrivabene. Dipinti 1988-2001 – la poetica del pittore di Rivolta d’Adda torna nelle Sale Agello del Museo Civico di Crema e del Cremasco con un nucleo di 29 opere tra dipinti, disegni, studi preparatori e vanitas.
La mostra, a cura di Silvia Scaravaggi e con testi di Elena Alfonsi ed Edoardo Fontana, è fondata sull’equilibrio della triade tematica superbia-usura-vanità.

La riflessione sulla superbia si configura come determinante nella poetica di Arrivabene dell’ultimo biennio. Una riflessione che risiede e trova linfa vitale, come indicato ed esposto in mostra, nel sonetto Rime, 285 di Michelangelo Buonarroti.

Questo sonetto scritto tra il 1540 e il 1555 anche identificato come “sonetto della vecchiaia” sottolinea la presa di coscienza dell’artista dell’avvicinarsi inevitabile della morte e quindi dell’eterna dannazione. Sia l’arte che l’amore gli sembrano ora, davanti alla morte che si avvicina e che può coincidere con l’eterna dannazione, cause soltanto d’errore e di peccato.

“Giunto è già ‘l corso della vita mia,
con tempestoso mar, per fragil barca,
al comun porto, ov’a render si varca
conto e ragion d’ogni opra triste e pia.
Onde l’affettuosa fantasia
che l’arte mi fece idol e monarca
conosco or ben com’era d’error carca
e quel c’a mal suo grado ogn’uomo desia.
Gli amorosi pensie, già vani e lieti,
che fien or, s’a duo morte m’avvicino?
D’una so ‘l certo, e l’altra mi minaccia.
Nè pinger nè scolpir fie più che quieti
l’anima volta a quell’amor divino
c’aperse, a prender noi, n’croce le braccia”.

Arrivabene si impossessa di questi versi che lui stesso definisce folgoranti e li fa suoi attraverso il suo sapere “antico” e alchemico del dipingere. Il risultato è straordinario e testamentario: “Arrivabene2, nato nel 1967, si trova oggi in quello che potremmo definire il mezzo del cammin di nostra vita, un periodo di bilanci su ciò che ha caratterizzato la sua giovinezza e la prima parte dell’età adulta verso una più conscia pienezza della maturità”.

La mostra diventa infatti un’occasione per fare il punto sull’intera produzione artistica di Arrivabene e una riflessione profonda sul sistema dell’arte e di chi lo nutre. Il percorso espositivo si sviluppa su due piani.

Al piano terra, la prima opera che accoglie il visitatore non è affatto casuale; si tratta di una grafite su carta raffigurante l’artista che si auto-ritrae nei panni di Odisseo. Autoritratto come Odisseo (1994) ci fornisce le coordinate del viaggio che stiamo per intraprendere: un viaggio tra suggestioni artistiche e poetiche, tra mitologia, letteratura antica e moderna. La tragicità greca si configura come punto di partenza e strumento di lettura per l’intera produzione artistica di Agostino Arrivabene.

Come Odisseo ci apprestiamo a compiere un viaggio alla scoperta di superfici3 dipinte con colori ottenuti dall’abilità sapiente di ricomposizione di miscele di antichi pigmenti: colori ed encausti che l’artista si fabbrica da solo.

L’inaudibile (studio per L’inaudibile II), 2020, encausto su tavola, cm 50 x 38. Collezione privata

Si prosegue nella sala principale dove si trova la produzione dell’ultimo biennio di attività artistica con il trittico Le due Morti (realizzato tra il 2020-2022) opera cardine dell’esposizione.
Il trittico si compone dell’omonimo dipinto, Le due Morti, magistrale encausto4 su lino, dell’opera Usura anch’essa encausto su lino e dell’olio dell’olio su lino L’inaudibile II. Completa il trittico la tavola Purgatorio, Canto XI (I superbi), creata per il ciclo pittorico dedicata alla Divina Commedia di Dante Alighieri, fino ad oggi inedita e qui esposta per la prima volta, accanto agli studi preparatori.

Purgatorio, Canto XI (I Superbi), dal ciclo illustrativo della Divina Commedia di Dante Alighieri, 2021, tempera grassa e olio su tavola incamottata, cm 52 x 38,2. Collezione privata

Accanto ai riferimenti danteschi che risuonano anche per la presenza costante della numerologia rappresentata dalla scelta esecutiva dei trittici (Tre come la Trinità Cristiana, la perfezione e la conoscenza), troviamo in Usura, il riferimento al Canto XLV di Ezra Pound Contro l’Usura (With Usura).
Dante aveva collocato gli usurai al VII cerchio dell’Inferno, rappresentandoli nel canto XVII. In questo suo canto, Pound riprende il motivo dell’usura, convinto che questa pratica consolidatasi con la diffusione del commercio e l’istituzione delle banche, rappresenti il male peggiore della società moderna e contemporanea.

L’usura viene descritta come un peccato contro natura, capace di alterare ogni rapporto affettivo, ma è soprattutto «lebbra», una «cancrena», che può corrodere e corrompere ogni cosa, portandola alla decomposizione e alla putrefazione.

Studio per Usura, 2021, olio su tavola incamottata, cm 57,5 x 44,5. Collezione privata

La postura dei soggetti ritratti in queste opere monumentali è la chiave di volta. Postura già indagata dall’artista attraverso diversi lavori concepiti e realizzati negli anni Novanta tra cui si segnalano Il disperato (1996-1997) e L’ingobbito (1998). Si tratta di figure piegate dall’eccesso, talvolta inginocchiate, a capo reclino, e altre curve in pose tese su se stesse in torsione costante e drammatica.

Contra mundum, 2021, olio su tavola, cm 50 x 40. Collezione privata.

Questa tensione dei corpi ritorna anche in Contra Mundum (2021) e ne La crisalide II (2021). In quest’ultima riecheggia lo studio profondo che l’artista ha compiuto in passato sulle Metamorfosi di Ovidio: “Per5 le tematiche mi è corso in aiuto lo studio delle Metamorfosi di Ovidio. Ho visto questo flusso metamorfico che pervade fino alla terra sconvolta da queste mutazioni. Metodo digestivo interiore che trasforma l’essere umano da bruco che è una creatura mostruosa in Crisalide ma che però preannuncia una rinascita di una vera era di una nuova immagine rappresentativa di quello che è l’artista in quel momento”.

La crisalide II, 2021, olio su tavola incamottata, cm 63 x 50. Collezione privata

 

Sconcertante l’attenzione spasmodica al dettaglio e al particolare. Si pensi, per esempio, all’olio su tavola, Verbo (2021), immagine guida dell’esposizione. In 47 x 40 cm Arrivabene è in grado di catalizzare l’attenzione del nostro occhio su quel dito che tocca lievemente il riflesso dell’acqua. Narciso  simboleggia nello specchio riflesso la tentazione costante dell’uomo, che fluttua tra dio e il diavolo.

Verbo, 2021, olio su tavola, cm 47 x 40. Collezione privata

Condensata in un dito
Presa di coscienza, raggiunta quiete, una consapevolezza che consente al nobile corpo di adagiarsi e connettersi con la parola, con una volontà che nel linguaggio si fa strumento per una via superiore, un tramite tra la terra e una più elevata dimensione, priva di di materia, fatta di aria e luce, di oro come “elemento per la catarsi, elemento alchemico che certamente simboleggia il raggiungimento della luce della sapienza come meta finale ma, sempre attraverso la preghiera e la contemplazione del Dio manifestato. Lo specchio d’acqua avverte, Narciso quale sia la tentazione o dannazione di ogni uomo

Il primo piano completa l’esposizione mostrando opere riconducibili agli esordi di Arrivabene. Nella pala lignea, La custode dei destini (1988) realizzata da Agostino Arrivabene ventenne e che appare per la prima volta al pubblico, troviamo Atena al centro della trinità impersonificata dalla cugina Marika figura chiave per l’avvicinamento dell’artista alla letteratura greca, Orfeo (figura mitologica che ritorna diverse volte nell’immaginario “Arrivabeniano” si pensi, per esempio, al tondo I sette giorni di Orfeo (1996).

“… In6 questa analogia Orfeo diventa simbolo del soprannaturale. Infatti riesce, attraverso lo strumento della lira, donatagli da Apollo, a decifrare i suoni della natura, li ricompone in un ordine matematico, crea l’armonia, l’arte. Non casualmente viene anche definito come colui che, attraverso la musica, attira a sé il mondo informe e tutta la natura lo segue. Il figlio di Calliope diventa calamita catalizzante che trasforma ordo ab chao, in ordine il creato. Orfeo per me ha rappresentato non solamente il personaggio bello esteticamente da dipingere ma è diventato metafora stessa del mio atteggiamento di fronte alla vita. Nel dipinto I sette giorni di Orfeo (1996) sta racchiusa questa summa. Vi si trova condensata tutta la mia esistenza d’artista e alchimista. Cioè di colui che va alla ricerca dell’oro interiore. I disegni proposti in quel tondo dedicato ad Orfeo riportano una serie di simbologie arcane che ci sono state tramandate. È il punto finale, quando l’iniziato raggiunta la “Rubedo”, vede l’elemento volatile diventare durevole e attraverso la trasfigurazione ottiene l’oro alchemico…”.

Ne La Custode dei destini Orfeo incarna Andrea, fratello dell’artista; accanto riappare Odisseo nei panni di Arrivabene.

Tra le opere principali, La caduta di Fetonte e la mutazione delle sorelle Eliadi (2018), olio su pietra paesina, tipica della regione toscana (patria indiscussa del Rinascimento) e originata circa 50 milioni di anni e che il mediceo Opificio delle Pietre Dure già utilizzava nel 1588. L’etimologia di questa pietra deriva dal fatto che questa nasconde al suo interno disegni che sembrano opera di un pittore, ma sono assolutamente naturali, simulando in modo a volte sorprendente veri e propri paesaggi.

E un’altra straordinaria triade dipinta in età giovanile: I figli di Nyx (1993), che ritrae la femminilità di Nyx, dea greca della notte, insieme ai gemelli da lei generati: Hypnos (Sonno) e Thanatos (Morte).

Come descrive Edoardo Fontana in uno dei testi in catalogo7, Arrivabene opera come un veggente: “… traduce nel quadro, in forma definita e in apparenza senza alcuno sforzo cosciente, quello che si presenta al suo occhio spontaneamente; è persa la distinzione tra l’organico e l’inorganico mentre da questa entropia si giunge all’ordine, passando oltre il confine dell’inattuabile per inaugurare un nuovo mondo fantastico e inesplorato che pone un piede nell’incubo e un piede nel meraviglioso…”.

Il mio nous manifesto, 2021, olio su tavola incamottata, cm 50,5 x 39,5. Collezione privata.

Le opere di Agostino Arrivabene saranno esposte presso le Sale Agello fino al 3 Aprile 2022. Accompagna la mostra un catalogo edito da Edizioni Museo Civico Crema a cura di Silvia Scaravaggi con saggi e schede di approfondimento realizzate da Elena Alfonsi ed Edoardo Fontana. All’interno delle iniziative promosse dal Museo Civico di Crema, volte ad approfondire le tematiche e le tecniche pittoriche della mostra, si segnala una visita guidata gratuita con l’artista.

 

domenica 3 aprile ore 16,30
Alla scoperta di Superbia: una visita guidata gratuita programmata con l’artista Agostino Arrivabene nell’ambito della sua mostra personale Superbia. Nelle profondità dell’hybris

Prenotazione 0373/256414 museo@comune.crema.cr.it entro le ore 17.00 del venerdì precedente la visita.

Superbia. Nelle profondità dell’Hybris, opere di Agostino Arrivabene

5 marzo –  3 aprile 2022
Museo Civico di Crema e del Cremasco – Sale Agello

La mostra è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Crema con la sponsorizzazione di Azimut Capital Management

T. 0373 257161 / 0373 894481
museo@comune.crema.cr.it
www.culturacrema.it


Note

1 Come riporta l’artista: “ … Oltre ai maestri antichi, fondamentali sin da subito, Odd Nerdrum è un maestro norvegese che ritengo molto vicino ai miei metodi pittorici e ai miei procedimenti…”.

2 S. Scaravaggi, Guardare nel proprio abisso. Superbia, usura e vanità nell’opera di Agostino Arrivabene, tra consapevolezza e ispirazione, catalogo mostra Superbia nelle profondità dell’hybris edito in occasione dell’omonima mostra, Edizioni Museo Civico di Crema, 2022, pp.13-19

3 E. Alfonsi, “Dette cose che mai non furono”, catalogo mostra Superbia nelle profondità dell’hybris edito in occasione dell’omonima mostra, Edizioni Museo Civico di Crema, 2022, pp.21-25

4 L’artista procede personalmente alla macinazione dei pigmenti per la composizione dei colori naturali, alla decantazione degli oli, alla preparazione di solventi e vernici pittoriche, secondo le antiche tecniche dei maestri medievali. Si veda approfondimento tratto da W. Venchiarutti, Agostino Arrivabene ovvero delle demiurgiche arti trasformatorie, 2015 “… Questa ricerca della tecnica, delle basi, come ad esempio la composizione dei colori in modo artigianale, passano attraverso la selezione dei pigmenti, l’uso del macinello, la mescolatura dell’amalgama sulla lastra smerigliata, la predisposizione delle tele. Sono tutti processi che hanno costituito la prima ossatura del fare l’arte. Ho cercato di approfondirli sempre di più e hanno finito per diventare quasi una ossessione. Quando preparo la tela per la prima stesa a colla seguo un lavoro lento, noioso ma appagante nei risultati. Ad esempio parto dal lino un po’ più grezzo e scelgo sempre le tele della migliore qualità, poi stendo le stratificazioni di colla di coniglio che sciolgo a bagnomaria. A freddo, quando diventa trasparente, è simile ad un gel, perché non deve impregnare tutta la tela ma svolge il compito di turapori. Dopo questa operazione seguono tutti gli strati di colore, la preparazione a base di olio di lino grasso, gesso, pigmenti e poi il lavoro cresce…”.

5 Fonte: Studio Visit Agostino Arrivabene a cura di Alberto Mattia Martini, 2014

6 Fonte: W. Venchiarutti, Agostino Arrivabene ovvero delle demiurgiche arti trasformatorie, 2015

7 E. Fontana, Agostino Arrivabene: tra simbolismo e svelamento del sacro, catalogo mostra Superbia nelle profondità dell’hybris edito in occasione dell’omonima mostra, Edizioni Museo Civico di Crema, 2022, pp.27-29

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