Amarcord 65 – Un nuovo appuntamento con la rubrica di Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi: Ben Vautier, tutto e il contrario di tutto
Ben Vautier è senza dubbio uno dei maggiori artisti del secolo scorso. Cela va sans dire. La Storia e il Mercato spesso sono matrigne (si può ancora dire citando i grandi poeti e senza degenerare nel politically uncorrect?). Ben Vautier, a mio avviso più importante di Yves Klein e di Manzoni, che hanno avuto la fortuna di morire giovani (i miti nascono quando si muore giovani: Rimbaud, Jackson Pollock, James Dean, Raffaello, Gesù Cristo e appunto Yves Klein e Manzoni, colleghi e amici di Ben) perché poi si diventa vecchi e allora bisogna fare i conti con i tempi e il tempo che scorre, le mode e gli acciacchi. E così la strada si fa più stretta e lunga. Voi ce lo vedete un mito sulla sedia a rotelle oppure con l’alzheimer o le stampelle ai giardini con i nipotini e il volto mummificato?
Si può offrire loro amore o tanto affetto, considerarli immortali ma mitizzarli mi appare difficile. Il Mito è giovinezza, bellezza, forza, velocità, volatilità. Evviva Marinetti che per vecchiaia voleva rottamare anche la Nike di Samotracia. (Perdonami immenso Stephen William Hawking, anche se ti conosco poco). Ben Vautier, protagonista assoluto di un movimento, Fluxus, che è vissuto solo un paio di anni e poi è diventato una goliardata o meglio una gioiosa scampagnata en plein air, fatto di déjeuneur sur l’herb con mortadella e fiaschi di vino. Come dovrebbe essere la vita, di cui Fluxus fu l’incarnazione.
Ma altro che i Monocromi bianchi di Manzoni o i quadri blu di Klein: Ben ha veramente disarcionato l’arte contemporanea, facendo di tutto e il contrario di tutto. E sempre ad altissimi livelli e con grande capacità di innovazione e provocazione. Ma si sa (anzi, non si sa bene) come si arriva al grande successo in arte. Spesso, questo lo so, l’ho visto e vissuto, è un colpo di fortuna. Incontri uno al bar e via. E Ben, il grandissimo Ben, svizzero, nato a Napoli, chiamato Ben in onore di Benito Mussolini come accadeva spesso in quei tempi e sempre vissuto in Francia, anzi, a Nizza, l’amatissima Nizza, di cui è stato l’indiscusso agitatore culturale e interprete, non ha mai incontrato nessuno al bar che gli abbia detto vieni con me verso la gloria.
Ricordo le lunghe serate d’estate trascorse da lui, nella sua casa-museo-discarica in collina sulla Grande Corniche di Nizza (sui cui tornanti morì Grace Kelly) a giocare a ping pong con tutti gli artisti residenti e di passaggio e con Leo Castelli incuriosito osservatore e io buon protagonista, battuto solo da Bernar Venet, perché con il mio gioco opportunista di rimessa senza errori, innervosivo tutti e vincevo quasi sempre. E dal ping pong ho appreso anche che il miglior attacco è la difesa (se sei più debole difenditi, non attaccare, non ci voleva von Clausewitz per scoprirlo). Ricordo le interminabili partite a New York con On Kawara, grande artista concettuale ed esperto giocatore giapponese che però si scontrava con la mia difesa da metronomo, che infastidiva tutti ma batteva anche quasi tutti.
E anche l’imbattibile On Kawara cadeva sotto il mio gioco implacabile di rimessa perché io avevo capito che era debole sulla sua sinistra da cui non poteva effettuare le sue micidiali schiacciate. Per riconoscenza (del tempo che gli dedicavo? Perché ero uno dei pochi a batterlo?) ci riempì di suoi telegrammi I am still alive e di cartoline, per due o tre mesi consecutivi, I got up. Due mesi a me, ogni giorno una cartolina da qualsiasi parte del mondo dove si trovasse con l’ora in cui si svegliava. E un mese a Helena. Un giorno ho visto che una serie di cartoline era stata messa all’asta a mia insaputa da Sotheby’s a New York. Provenienza Gino Di Maggio, allora mio grande amico. Gli strani effetti e rapporti dell’amicizia ad oltranza.
Cervelli d’altri tempi
E Ben che inventava ogni sera d’agosto incontri, discussioni sulla pittura e su Duchamp, su Tel Quel o Support-Surface. Temi che uscivano dai sofisticati cervelli parigini di Philippe Sollers, Julia Kristeva, Marcelin Pleynet, Todorov, Michel Foucault, Georges Bataille, Roland Barthes (cervelli d’altri tempi). O mostre nel suo studio e tornei di ping pong a cui partecipava tutta la Nizza dell’arte. Io ritengo che Ben Vautier sia stato il vero e unico artista Fluxus, teorizzato da Georges Maciunas.
Ma questa sua grandezza e unicità è stata riconosciuta da pochi (Leo Castelli era suo grande estimatore e gli ha dedicato due mostre ma non è bastato) o da pochi che contano. In giro ci sono suoi attempati fan (alcuni patetici), ma non riescono a farlo emergere. Eppure Ben ha esposto ovunque, ha realizzato almeno mille mostre in luoghi prestigiosi e sconclusionati, che a lui piacciono tanto. Dal Centre Pompidou o da Daniel Templon almeno dieci volte.
La Gloria, di cui lui parla spesso, Ben l’ha rincorsa, in tutti i modi, soprattutto sbagliati. Irridendola con una produzione allo sbaraglio e seconda solo a Picasso che però ha avuto il mercato globale dei suoi tempi. Invece il mercato di Ben è stata soprattutto l’Italia, poi un po’ in Provenza e qualcosina a Parigi. Che non lo ha mai preso sul serio (come ha fatto invece con i “parigini” Daniel Buren e Christian Boltanski, illustri glorie nazionali e sofisticati strateghi) e la Germania. Poi qualcosa qua e là nei tempi d’oro, in quei fatidici anni ’70 in cui sembrava che spiccasse il volo più di Manzoni e Klein. Però il grande Ben è sempre sopravvissuto bene gridando e sbracciandosi molto e mostrandosi come a lui piace, da clochard dell’arte e da visionario della vita.
Spiritoso, ironico, tragico
Ma perché ho ricordato il grande e sommerso (a livello internazionale) Ben Vautier: perché ho una grande stima di Ben, perché è stato mio amico sincero di tempi migliori (ormai Nizza è lontana, ahimè, e le autostrade impraticabili) e perché da lui ricevo mensilmente o anche più spesso, una curiosa Newsletter, in cui lui, come suo solito, parla di tutto e di più, ma in modo intelligente, assordante, spiritoso, ironico, tragico. Ma soprattutto ludico.
Ciao grande Ben, ti seguo sempre, in tutte le tue follie, negli alti e bassi della vita. Ma soprattutto nelle tue ironiche e iconiche interpretazioni dell’arte. Sei stato un mio mito e tale resti anche con i tuoi capelli bianchi e i miei alla Yul Brinner.
PS. Chi avesse un po’ di confidenza con il francese e volesse ricevere le famose e illuminanie spiritose newsletter di Ben Vautier, potrà richiederle, anche a mio nome se vuole scrivendo a: ego@ben-vautier.com.
Per scrivere a Giancarlo Politi:
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