In concomitanza con l’apertura al pubblico della 59. Biennale d’Arte di Venezia sono arrivate le consegne dei premi. Leoni d’oro a Simone Leigh e alla Gran Bretagna, Leone d’argento al libanese Ali Cherri. Premi alla carriera, già annunciati, per la tedesca Katharina Fritsch (presenta con scultura che apre la visita ai Giardini, Elephant) e la cilena Cecilia Vicuña, molto rappresentata in mostra con le sue opere pittoriche.
Il Leone d’oro alla Gran Bretagna è stato consegnato dal ministro Dario Franceschini a Sonia Boyce, «che lavora con altre donne nere e suggerisce un linguaggio contemporaneo in relazione a nuove forme, in particolare il rapporto con tante voci per creare un coro con diversi punti di vista».
«Sto cercando di capire cosa mi sta succedendo. L’arte consente di immaginare a chi è in grado di immaginare. Ringrazio le donne che alla metà del Novecento hanno iniziato a lavorare a questi progetti» ha detto Boyce ringraziando le altre artiste i cui contributi ha utilizzato per realizzare il padiglione.
Il Leone d’oro per il miglior artista è andato a Simone Leigh. A consegnarlo il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che ha citato «La ricerca persuasiva e monumentale all’Arsenale» dell’artista. Una sua scultura di grandi dimensioni apre infatti la visita all’Arsenale. Sulla sua opera e sul padiglione che gli Stati Uniti le hanno dedicato c’è poco da dire: elegante, denso di contenuti, esteticamente pregevole.
Il Leone d’argento (premio per il miglior artista giovane della mostra) al libanese Ali Cherri per le sue «narrative che si separano dalla logica del progresso e della ragione» Nel ricevere il premio ha rivolto un pensiero ai lavoratori del nord Sudan che lo hanno aiutato con incondizionata generosità. Le sue sculture Titans e il video Of Men and Gods and Mud raccontano con trasporto un elemento poco considerato ma fondamentale nella costruzione della civiltà: il fango.
Menzioni speciali a due donne: Shuvinai Ashoona per la sua critica al colonialismo e Lynn Hershman Leeson per la sua indagine sui cyborg, che in mostra trova ampio spazio in una sezione dedicata al tema.
Menzioni speciali ai padiglioni della Francia, con il suo coinvolgente allestimento che riporta all’attenzione il periodi coloniale algerino e al padiglione dell’Uganda (ospitato a Palazzo Fossati) per l’uso di materiali scultorei speciali come la raffia.
La giuria era composta Adrienne Edwards (presidente, Engell Speyer curator e direttrice degli affari curatoriali presso il Whitney Museum of American Art), Lorenzo Giusti (direttore della GAMeC di Bergamo), Julieta González (direttrice artistica dell’Instituto Inhotim in Brasile), Bonaventure Soh Bejeng Ndikung (curatore free lance, scrittore e biotecnologo e direttore artistico di Savvy Contemporary a Berlino) e Susanne Pfeffer ( direttrice del Museum Mmk für moderne kunst di Francoforte e già del Fridericianum).