Un affascinante e sorprendente allestimento che prende spunto dalla figura di Muhammad ibn Musa al-Khwārizmī, gloria dell’Uzbekistan
È stato un matematico, astronomo geografo persiano, riconosciuto come il padre dell’Algebra. Nativo della regione centroasiatica del Khwārezm, l’odierno Uzbekistan, visse circa 12 secoli fa a Baghdad. Dove fu responsabile della biblioteca, la famosa Bayt al-Ḥikma, la Casa della sapienza. Che c’entra questo con una Biennale di arte contemporanea? C’entra perché l’Uzbekistan partecipa quest’anno per la prima volta alla rassegna, dopo aver debuttato lo scorso anno alla Biennale Architettura. E a rappresentare le proprie istanze non chiama un artista, ma un personaggio storico i cui studi non potrebbero essere oggi più contemporanei.
Parliamo di Muhammad ibn Musa al-Khwārizmī, autore di un trattato diffuso in Europa in traduzione latina con il titolo Dixit Algorizmi, che dà anche il titolo al Padiglione. In altre parole, colui che pose le basi degli algoritmi, che oggi governano tutti i nostri rapporti con il mondo digitale. Un allestimento che “si prefigge di mettere in discussione la narrazione dominante sulle storie e geografie ufficiali dello sviluppo tecnologico. Esplorando radici dimenticate e risonanze trascurate con luoghi, tempi e culture lontani”. E che rimanda alla tradizione islamica del giardino come luogo di incontro e scambio. Qui ripensato come spazio tecnologicamente potenziato di ricerca, riflessione e sperimentazione.
Dixit Algorizmi. Il Giardino della Sapienza è stato curato e progettato da Studio Space Caviar (Joseph Grima, Camilo Oliveira, Sofia Pia Belenky, Francesco Lupia) e da Sheida Ghomashchi. “Abbiamo concepito questo spazio come un luogo di meditazione ma anche di composizione”, sottolinea Joseph Grima. “In cui è possibile mettere in discussione l’ordine superiore delle cose e considerare la traiettoria delle storie di arte, scienza, tecnologia, filosofia e innovazione da nuove prospettive. Durante i sette mesi della Biennale d’Arte, artisti, studiosi, storici, scienziati, scrittori e filosofi saranno invitati ad affrontare la possibilità di modernità alternative. Non tanto cercando di sostituire l’immagine attuale della modernità, quanto di espanderla riconoscendone le origini profonde, in tempi e luoghi lontani e inaspettati”.