Per la collana Città mai viste, di Nardini Editore, continuano i viaggi immaginari di grandi intellettuali del passato, alla scoperta di città con le quali avevano comunque una sorta di “affinità elettiva”. La casa editrice fiorentina ha licenziato due raffinati volumetti dedicati a Firenze e Venezia, idealmente vistiate da un drammaturgo e da un romanziere.
Sulla vera identità di William Shakespeare, il più grande drammaturgo britannico e uno dei più grandi a livello mondiale, non è ancora stata fatta piena luce. Appare difficile pensare che il figlio di un umile guantaio, senza troppi mezzi, avesse avuta la possibilità di conoscere a fondo città come Venezia e Verona e la loro storia, così come di studiare la storia antica e la filosofia. Una teoria mai provata, ma comunque ben ponderata, identifica Shakespeare nel messinese Michelangelo Florio, figlio di Giovanni, medico e pastore calvinista di origine palermitana, e della nobildonna Guglielma Crollalanza. Non è questa la sede per ripercorrere la teoria formulata da Santi Paladino nel 1927, ma chiunque fosse Shakespeare, è indubbio che fosse un uomo di cultura. E sul finire del Cinquecento, la città di Firenze godeva ancora di larga considerazione nel panorama culturale europeo; ragion per cui, Maria Rosaria Perilli immagina un viaggio del Grande Bardo nella capitale granducale, dove non si sono ancora spenti i fasci del tardo Rinascimento.
Questa accurata e godibile “mistificazione” storica fa conoscere al lettore uno Shakespeare accademico della Crusca, nonché autore di diverse “opere piacevoli”, che s’immagina pubblicate nel 1590 proprio a Firenze, e le cui ipotetiche copertine sono riprodotte all’interno, concepite secondo i canoni estetici dell’epoca. Da apprezzare anche come l’autrice si sia cimentata nell’immagina i componimenti italiani di Shakespeare, secondo la metrica e la lingua del tempo, prezioso lavoro filologico che allarga i confini intellettuali di questa piccola ma evocativa opera letteraria, all’interno della quale emerge sia la realtà fastosa delle ville granducali, dei palazzi antichi e delle piazze, sia la realtà popolare delle osterie e dei piatti, poveri ma gustosi, che ancora oggi caratterizzano la cucina toscana.
L’apparato iconografico del volume è arricchito da illustrazioni e riproduzioni di opere d’arte, che costituiscono un “itinerario nell’itinerario”. Infine, per completare questo viaggio immaginario a beneficio del lettore, ricordiamo che il Cimitero degli Inglesi di Piazza Donatello, ospita ancora oggi le tombe di Beatrice Shakespeare ed Edward Claude Shakespeare Clench, che la tradizione vuole siano discendenti del Grande Bardo. Il mistero continua.
Più a nord di Firenze, città d’acqua e di pietra sospesa fra Occidente e Oriente, Venezia si specchia nella sua Laguna con l’eleganza di una dama sofisticata. Michele Mingrone la fa raccontare nientemeno che da Edgar Allan Poe, che ne apprezza l’aura “tenebrosa”, le leggende “nere”, e l’atmosfera surreale delle “strade d’acqua”. Lo spirito di questo volumetto è riassunto in questa frase: “riportare l’emozione del viaggiatore in questo luogo da sempre immaginato”.
Si tratta, infatti, di un libro scritto sull’onda della suggestione e del fascino che una città come Venezia non ha mai smesso di evocare. Una città dai mille volti, che sa essere romantica, goticheggiante, sordida, raffinata, orientale e occidentale insieme. Una città a suo modo misteriosa, dove la nebbia, incuneandosi fra i canali, i rii, le calli e i campielli, sembra assumere una morbidezza particolare e lasciare spazio all’immaginazione.
Una città che Edgar Allan Poe non ha visitato, ma solo per un disguido della storia. A “correggere” questo errore, ha appunto pensato Mingrone, che immerge Poe in una Venezia splendida e tenebrosa insieme, dove al chiasso del carnevale si sostituisce il silenzio di campielli fuori mano che sembrano ancora oggi accogliere gli spettri dei protagonisti di antiche leggende cittadine. E ancora, il fermento che animava la città alla vigilia di importanti avvenimenti storici: il viaggio di Poe si compie nel 1847, un anno prima delle gesta di Manin e Tommaseo. E i fermenti patriottici vengono qua e là accennati nel corso del racconto.
Due volumi da leggere a differenti livelli: per fantasticare sui personaggi cui rendono omaggio, per saggiare ancora una volta la versatilità della letteratura, ma anche per scoprire usi, costumi e curiosità delle città in parola, attraverso due immaginarie guide d’eccezione.
Perché se i viaggi sono immaginari, non lo sono i contesti storici, accuratamente ricostruiti dagli autori, e che sospendono con grazia, tra fantasia e realtà, le vicende narrate.
Maria Rosaria Perilli
Viaggio a Firenze di William Shakespeare
Nardini Editore, Euro 13,00
Michele Mingrone
Viaggio a Venezia di Edgar Allan Poe
Nardini Editore, Euro 14,00