Appena mi sono laureato, nel 2005, ho cominciato a lavorare subito come assistente/garzone per una serie di gallerie d’arte contemporanea. Volevo entrare in questo rutilante mondo dell’arte e siccome non avevo particolari relazioni di famiglia mi sono inserito facendo quello che impara.
Di cose in effetti ne ho imparate molte, lavorando in galleria. Una di queste era che a Bologna ci si doveva andare, ogni Gennaio, per la fiera. ArteFiera era, in quegli anni, un bancomat per le gallerie. L’imprenditoria del Triveneto dava da mangiare a tutti. Non c’erano solo i grandi collezionisti di razza ma anche tutto un esercito di commercialisti, avvocati, dentisti, professionisti in genere, che qualche migliaio o decina di migliaia di euro lo spendevano sempre.
Stacco di scena. Benvenuti nel 2022.
La fiera di Bologna cambia padiglioni (l’entrata Nord non è particolarmente comoda in termini di logistica, non lo dice Nicolella ma chiunque ieri abbia avuto modo di partecipare alla vernice), cambia stagione (rimandata da gennaio a maggio causa covid) e spiace ammetterlo ma perde il ruolo di fiera leader per il mercato italiano.
Le gallerie straniere sono praticamente assenti, le big italiane anche (no Continua, no Alfonso Artiaco, no Massimo De Carlo, no Scudo di Verona, no Lia Rumma…). Passeggiando per gli stand nel giorno dell’inaugurazione ho registrato un’affluenza veramente modesta e una proposta francamente poco al passo coi tempi, specie per la sezione contemporanea. Perché parliamoci chiaro, nel moderno da Mazzoleni e Tornabuoni i capolavori si trovano, un bello stand di Cavaciuti ha ospitato una selezione di Accardi e Boetti, la sezione dedicata a Mimmo Rotella pre vip lounge è di alto livello, da Allegra Ravizza uno stupendo omaggio a Gunter Weseler da poco scomparso… Insomma, a ben cercare, nel moderno le cose ci sono, appetibili.
Per quanto riguarda la parte contemporanea invece si vedono un po’ sempre le stesse cose, si ha timore a osare perché i tempi probabilmente sono funestati dalla guerra e da una certa prudenza. Certo è che le mode che vengono a galla a Frieze e a Fiac qui non le trovi. La pittura figurativa che passa in asta da Christie’s, per capirci, è inesistente, o quasi.
Le cose belle
Segnalo bellissimo lo stand di Monica De Cardenas con Gideon Rubin, monumentale. Un pittore vero che tanti artisti digitali stanno selvaggiamente sciacallando, come se cambiando il medium i furti non si palesassero. Segnalo Vistamare, che vince per l’allestimento complessivo migliore. Ha convinto Benappi con i suoi anni ’80 tra Oliviero Toscani e Aldo Mondino, o i Cortesi che almeno hanno provato a stare al passo coi tempi proponendo arte generativa vecchia e nuova con gli NFT mintabili in fiera. E ancora bella l’installazione “Bolognese” da Francesca Minini di Flavio Favelli, o i bei lavori di Valerio Berruti da Marco Rossi.
Non posso dire di aver visto solo cose trascurabili dunque, ma certamente una situazione fiacca e stanca sì. Molte gallerie hanno dovuto affrontare problemi di allestimento veramente gravi, complice il fatto che in questi giorni sono in corso altre due fiere importanti nel polo e l’over lavoro ha imballato tutto.
Le occasioni in città, come sempre, le ho saltate, e chiedo venia. Ma una visita al Mambo di Lorenzo Balbi e alla performance di Tino Seghal l’avrei fatte molto volentieri.
Per chiudere, personalmente ho la sensazione che i tempi siano veramente cambiati, che il motore economico crocevia tra Lombardia, Emilia, Veneto e Trentino si sia un po’ arrestato, con lui l’interesse e la ricerca. Mancano ancora tre giorni e auguro al Direttore Menegoi e a tutto il team di lavorare e bene. In bocca al lupo. Per me Bologna resterà sempre una fiera del cuore. Sono un nostalgico.