Marchio storico del design italiano, Paradisoterrestre presenta una mostra retrospettiva dedicata all’artista faentino Augusto Betti
“Questa che per me è stata – ma credo che per molti altri sarà – una vera e propria scoperta, non fa altro che confermare la visionaria intuizione gaviniana di arte e design come imprescindibile binomio”. Così Gherardo Tonelli, titolare di Paradisoterrestre – spazio ibrido tra galleria e showroom, tra arte e design, attivo dal 2018 a Bologna – tratteggia la figura di Augusto Betti, protagonista della mostra Trasversale • Pulsazione • Ritmo, inaugurata in questi giorni nell’ambito di Art City in occasione di Arte Fiera e visibile fino a fine giugno. “Nel mio lavoro di costante ricerca di pezzi storici del design, mi sono imbattuto in alcuni incredibili oggetti realizzati da Betti. Studiando la sua biografia, ho scoperto che questa eccezionale produzione è stata solo una piccola parentesi nella sua vita creativa”, aggiunge.
E questa trasversalità è iscritta nel DNA di Paradisoterrestre, che infatti si pone come continuatore dell’omonimo brand pensato sul finire degli anni Settanta da Dino Gavina. Un imprenditore capace di circondarsi di alcune tra le figure più prestigiose del mondo dell’arte e dell’architettura. Da Carlo Scarpa a Man Ray, da Enzo Mari a Lucio Fontana. E il nuovo corso dell’impresa riprende questa vocazione, proponendo progetti dedicati a Roberto Matta (2019), Tobia Scarpa (2020) e Paola Pivi (2021). E ora Augusto Betti (1919-2013), di cui parliamo nell’intervista a Gherardo Tonelli…
Pur se caratterialmente schivo e riservato, Betti si afferma prevalentemente come artista visivo. Da dove nasce l’attenzione di un marchio storico del design italiano come Paradisoterrestre?
Nasce dalla continua ricerca di pezzi storici del design, che entrano a far parte della nostra Historical Design Selection e dallo speciale focus che ci differenzia dagli altri brand, ovvero la commistione di arte e design, una delle lezioni impartite dal nostro storico fondatore Dino Gavina.
Sulla scorta dell’imprinting di Dino Gavina, per voi centrale: dove passa il filo che separa (o lega) scultura, installazione e oggetto di design?
Uno degli aspetti dell’incredibile eredità gaviniana – che cerchiamo di portare avanti – è sicuramente quello del connubio tra arte e design. Nel nostro catalogo tra le nuove edizioni abbiamo sculture realizzate da architetti (Scudo Magico e Festuca Lapis di Tobia Scarpa) e oggetti di design realizzati da artisti (il tappeto Universe e la lampada Let’em shine art di Paola Pivi, il vaso Altabella 23 di Calori&Maillard). Cerchiamo di portare avanti quello che Gavina faceva già più di cinquant’anni fa, coinvolgendo gli artisti nella sua rivoluzionaria operazione Ultramobile, facendo loro realizzare ‘opere d’arte funzionali’ quali Margarita e Sacco alato di Roberto Matta, Fausto di Novello Finotti e Le Témoin di Man Ray, tutti parte delle nostre riedizioni di pezzi che hanno fatto la storia del design. Pertanto per noi il filo non separa ma lega, e in quest’ottica è stato per noi naturale aprire nel 2018, a un anno dal rilancio del marchio, una galleria tra arte e design. La produzione di Betti, che in questo senso non ha confini, è per noi solo una conferma di questo inscindibile legame.
Nell’occasione della mostra, avete rieditato la poltrona “Noodle”. È un auspicio per la valorizzazione di un autore non molto noto al grande pubblico?
Tutto è partito con la poltrona Noodle, un prodotto di design straordinario realizzato da Augusto Betti nel 1967 che ha catturato la nostra attenzione. Da lì è scaturita la ricerca sull’autore che ci ha fatto scoprire una figura straordinaria. È stata per noi chiara fin dall’inizio la volontà di rieditare questo pezzo, ma anche la consapevolezza che fosse fondamentale presentarla all’interno di una doverosa retrospettiva dedicata all’intera produzione di Betti, una creatività senza confini. Confidiamo che la mostra alla Galleria Paradisoterrestre e la riedizione della poltrona Noodle (che presenteremo in una edizione speciale all’ADI Design Museum Compasso d’Oro a Milano dal 6 al 12 Giugno) possano contribuire alla rivalutazione del lavoro di questo grande artista.
“Trasversale”, “Pulsazione”, “Ritmo”. In che modo questi termini diventano significativi nel presentare l’opera di Augusto Betti?
Il titolo della mostra è composto da tre parole chiave, che sintetizzano magistralmente la ricerca di Augusto Betti. Tre parole che ritornano continuamente negli scritti e nelle conversazioni dell’artista, conservati dalla figlia Cristiana. Lasciamo dunque ‘rispondere’ a questa domanda Betti stesso…
Trasversale
“Quel momento in cui nell’arte, nella vita, nella fisica, nella biologia due fattori, anche apparentemente discordanti si incontrano e generano una armonia superiore. Legge che regola i rapporti armonici tra le manifestazioni dell’essere. Trasversale è la relazione che arricchisce e valorizza le cose, che fa del contrario il complementare. Uno più uno non fa due, c’è il valore aggiunto del rapporto che è immenso. Tra la locomotiva ed i vagoni, per costruire il treno, la parte che ha più importanza è l’aggancio. Trasversale è l’unione che non mescola le cose rendendole indifferenziate, ma che esalta i valori reciproci. Una brutta parola ma che deve essere brutta perché deve far riflettere e ragionare”.
Pulsazione
“La vita nell’universo si esprime attraverso pulsazioni: dal microcosmo al macrocosmo (dalla cellula alle masse galattiche), seguendo ritmi differenti, ora veloci, ora lentissimi e non percepibili dall’uomo. La luce ed il suono si trasmettono per onde: la marea va e viene, il battito cardiaco e la respirazione sono pulsazioni ritmiche. Tutto ciò che è vivo pulsa e le differenze fra le forme di vita sono differenze di pulsazioni. Se io pulsassi al ritmo di quell’albero, sarei quell’albero”.
Ritmo
“Il ritmo è lo spazio-tempo che divide un oggetto dal suo trasversale. Sulla terra ogni organismo è composto dagli stessi elementi: carbonio, ossigeno, idrogeno, ecc.; quello che determina la differenza fra di loro è il ritmo. I colori sono dati dalla stessa luce riflessa: noi li percepiamo diversi fra loro a causa del variare della lunghezza d’onda (ritmo)”.
Bologna sperimenta il passaggio dell’”art week” da gennaio a maggio. Qual è il vostro giudizio su questo cambio?
Non abbiamo mai partecipato direttamente come espositori ad Arte Fiera, ma da quando abbiamo aperto la galleria nel 2018 siamo sempre rientrati con le nostre mostre nel programma di Art City che ha contribuito a dare visibilità alla nostra nuova realtà. Già lo scorso anno per la situazione pandemica l’art week bolognese era stata spostata a maggio, proprio quando in galleria inauguravamo un’importante personale di Paola Pivi. Solo quest’anno però Art City torna a coincidere con Arte Fiera, come è giusto che sia. Sicuramente lo spostamento in primavera (che sembra già estate!) favorisce una maggior partecipazione del pubblico, ma siamo consapevoli che per mettere a calendario una fiera non possano essere prese decisioni esclusivamente considerando le condizioni climatiche. Sia per le gallerie che per i collezionisti – attori fondamentali per la buona riuscita di un evento fieristico – un aspetto sicuramente fondamentale è il posizionamento temporale di diversi appuntamenti in un calendario fittissimo. Noi stessi, ad esempio, saremo presto impegnati durante il Fuorisalone a inizio giugno all’ADI Design Museum Compasso d’Oro con una mostra omaggio al nostro storico fondatore Dino Gavina in occasione del centenario della sua nascita. Non possiamo e non vogliamo sbilanciarci prima del week end ma confidiamo che la concomitanza dei due eventi possa rendere questa edizione ancora più speciale.