«L’arte non è un mestiere ma un pensiero» dichiara Gino Castelli, pittore originale e raffinato, per cui ogni pennellata è un ricordo, un’emozione, un momento di vita. La sua pittura, brillante, smaltata, fiabesca, è un mondo, in cui lui stesso spesso si nasconde sotto le vesti di un ironico e critico burattino.
Gino Castelli, nato a Riva del Garda il 15 agosto 1929, ma trentino di adozione, ha avuto una vita dura. Figlio di un musicista, ucciso da un bombardamento aereo sulla città il 13 maggio del 1944, ha assaporato la miseria, da cui ne è uscito con la forza di volontà. A fine guerra trova lavoro a Trento presso i “Disegnatori Riuniti” in via del Suffragio e si specializza in disegno tecnico e cartografico. Sono gli inizi, che daranno un’impronta particolare alla sua arte: disegni fini e dettagliati, incisioni di spaccati di città, degni di un maestro secentesco, dipinti forti e sintetici, in cui nessun particolare è trascurato.
Ma la vera formazione di Castelli è quella che si è fatto da solo, girando per chiese e musei, leggendo libri e riviste di storia dell’arte, studiando i maestri antichi e la letteratura, ammirando la vita e la natura, i paesaggi trentini e i volti delle persone. L’esordio è nel 1965, a trentasei anni, quando erano in voga astrattismo e informale, che lui non segue, attratto dalla figurazione. Si immerge nei boschi del Trentino e ne sente il respiro, ascolta il rumore dei ruscelli e osserva la bellezza dei paesaggi, dei contadini e delle loro case che gli ricordano Giotto. Così nascono opere straordinarie come L’inverno a Palù, un olio su tela del 1968, in cui le piccole case ruotano insieme alla neve spinte dal vento. Il sole che giunge da sinistra illumina il profilo degli alberi.
Negli anni Settanta le nature morte (La mia terra, 1978; Scoppia l’autunno, 1979) oscillano tra fauve e realismo magico, con i loro colori accesi, acidi, scintillanti e le forme compatte. Un linguaggio unico e personale, che nasce dai sogni. Come le ondulazioni dei paesaggi degli anni ‘70-‘80 dove case, colline, montagne immerse in una natura arabescata, si trasformano in “tele di ragno”. Perché i paesaggi ondulano, ruotano, si muovono? «Perché» spiega Castelli «quella terra un tempo era coperta dal mare e io ho voluto rappresentare il paesaggio montano in fase evolutiva, in perenne movimento ondulatorio come se le case, le balze, gli alberi fluttuassero tra le onde».
I colori intensi hanno timbri inediti, tra fauve e liberty, come quel Girasole del 1985, in cui ai gialli intensi di Van Gogh si sostituiscono delicati verdi, azzurri e arancio a indicare meditazioni, malinconie, sentimenti, come le sue foglie arabescate, con le vene sofferte.
I soggetti si ampliano: di fronte ai paesaggi, e integrati con loro, attraverso sottili trasparenze compaiono volti stralunati e pensosi, gli occhi sgranati come Rosa Scarian nell’isola di vetro, del 1988, in cui massicci manichini diventano ideali ritratti dell’anima. Dominano gli azzurri lapislazzulo a continuare la tradizione delle Madonne quattrocentesche.
Poi arrivano i Pierrot, gli Arlecchini, i Pinocchi e, con loro, la satira del pittore (La casta dei politici teatranti) che non perdona. Sotto quelle intriganti figure si nasconde l’artista, che vive le difficoltà e le ambiguità dell’esistenza tra illusioni e delusioni, espressi con malinconia, amarezza, bellezza. Le maschere, eterno memento mori per qualsiasi uomo, per un maestro sensibile come Castelli diventano simboli di legami affettivi come in Padre e figlio in veste di arlecchini, una tela del 1979.
Ad ogni momento di tristezza ne arriva un altro di rinascita. E, negli anni Novanta, la rinascita si chiama Venezia, una città esplorata in ogni angolo. Calli, campielli, piazzette, vengono reinterpretate, con la loro storia e fisionomia, nei taccuini e nei disegni, dove spesso sono indicati i colori (grigio, verde, ocra) in vista della pittura, come facevano i maestri antichi. E proprio in occasione del mio catalogo dell’Accademia di Venezia ci siamo conosciuti e da allora il dialogo è stato proficuo e illuminante.
Maestro Gino Castelli
Via Gen. Medici 33
38100 Trento
tel. 0461-920431