Lorenzo Marini è protagonista alla Galleria Gracis di Milano con Alphatype2022. Venti opere raccontano di un alfabeto senza significato, dove le lettere vivono della loro estetica individualità.
In rete gira un progetto che parte da lontano. Precisamente non si sa neppure quanto, dal momento che il racconto da cui è tratto è contenuto nella Bibbia. Il riferimento è alla Torre di Babele e al meraviglioso sogno racchiuso al suo interno: raccogliere più linguaggi possibili. Lo scopo? Avvicinarsi, attraverso essi, a Dio. Uscendo dal contesto religioso, lo slancio rimane valido. Il linguaggio è il più alto strumento di conoscenza a nostra disposizione. Nominare il mondo è necessario per conoscerlo. Per possederlo, in un certo senso. Per abitarlo, questo sicuramente.
L’iniziativa online parte proprio da qui. E da Borges. L’obiettivo è raccogliere ogni possibile combinazione di 1.312.000 caratteri, comprese lettere minuscole, spazio, virgola e punto. La spropositata ambizione porterebbe così a raccogliere in un archivio, Library of Babel, ogni libro che sia mai stato scritto, ma anche tutti i libri che saranno scritti in futuro. L’esaltazione finale del linguaggio, dell’arbitrario accostarsi di lettere che, dal non senso, conducono con precisione all’essenza delle cose.
Nel contempo, alla Galleria Gracis di Milano, Lorenzo Marini espone invece gli esiti di una ricerca quasi del tutto dissimile. Per l’artista milanese, con trascorsi nel design e nella pubblicità, l’alfabeto necessita di essere liberato. Per questo le sue lettere non si combinano se non in modo casuale, non conducono a un senso, non generano frasi. Insomma, negano la loro natura simbolica. Permangono come segni, ebbri della loro immanente (e gratuita, ma questo è il bello) esistenza.
La sua è una celebrazione della bellezza delle lettere. La grafia, la forma, le non preventivate corrispondenze con oggetti, animali e ogni altra cosa. In mostra venti opere che dettagliano un contesto visivo libero da grammatica e sintassi, ma studiato per suscitare esperienze percettive giocose e raffinate. Non c’è nulla da leggere, ma solo da guardare. Beandosi degli intrecci artistici che miscelano design, pubblicità, cartoon, futurismo e pop art.
“In questa personale ricombino in ordine casuale le opere delle singole lettere, come un visual dove non c’è nulla da leggere ma solo da guardare. Si creano così le combinazioni alfabetiche dove la diversità tipografica è un valore assoluto. E l’individualità della nostra società viene ampiamente raccontata. Guardo, dunque sono.” commenta Lorenzo Marini.
Fulcro e somma dell’esposizione la stanza che occupa Raintype. 1200 lettere riprodotte su materiale trasparente e appese a fili che pendono dal soffitto, in un gioco caleidoscopico di colori e forme. Per quest’opera, Lorenzo Marini ha disegnato centinaia di type originali che oscillando casualmente nel vuoto, rivelano accostamenti non sempre immediati come suggerirebbe la logica.
Dunque per l’artista non conta quanto le lettere, tramite la loro combinazione, generino un linguaggio capace di condurre al significato. Per Marini le lettere devono regredire, cedere il substrato simbolico che abbiano loro attribuito e ritrovare la spontaneità della forma, l’immediatezza visiva che si conclude nel piacere dell’occhio. Questo si traduce in soluzioni sorprendente e giocose: la pancia della P che diviene un pesce palla, i rigonfiamenti della B sono cupole di una chiesa, la C un magnete e la L un calzino.
In occasione del Salone del Mobile (7 al 12 giugno) il percorso espositivo coinvolge anche lo spazio Certosa Initiative. Protagonista l’installazione Mirrortype, una stanza di acciaio specchiato dove all’interno sono state sospese sette lettere, anch’esse in acciaio specchiato. Uno spazio che apparirà così senza dimensione.