La mostra Il Manifesto del Realismo. Vittorio Tavernari a Casa Testori si compone di un importante nucleo di sculture di Vittorio Tavernari (1919-1987), realizzate negli anni intorno al Manifesto del Realismo, e di un coevo gruppo di disegni. A cura di Alice Boltri e Davide Dall’Ombra. Dal 5 giugno al 23 luglio 2022, a Casa Testori a Milano.
Nel marzo 1946 sulla rivista Argine Numero viene pubblicato Oltre Guernica. Il Manifesto del Realismo di pittori e scultori. Tra i dieci firmatari compaiono anche i nomi di Vittorio Tavernari e Giovanni Testori. Un passaggio del testo recita “Dipingere e scolpire è per noi atto di partecipazione alla totale realtà degli uomini, in un luogo e in un tempo determinato, realtà che è contemporaneità e che nel suo susseguirsi è storia”.
Oggi Casa Testori si occupa di dettagliare visivamente tale istanze, portando in mostra un nucleo di sculture e disegni che Vittorio Tavernari ha realizzato in quel periodo. Un’occasione per tradurre nel concreto le dichiarazioni esposte nel manifesto. Anni cruciali per l’attività dell’artista che, intento a scardinare il figurativo, si accingeva a vivere un’importante evoluzione stilistica.
Ad aprire l’esposizione una scultura in gesso del 1943. Una figura femminile in torsione, precedente alla produzione scultorea legata agli anni del Manifesto. In essa si coglie un processo sul corpo in divenire, di forme che gradualmente emergono.
Il nucleo centrale dell’esposizione sono però le sette sculture in legno legate al periodo del Manifesto, tra il 1944 e il 1947. Sono pezzi chiave per comprendere l’evoluzione da una raffigurazione fortemente figurativa a una semplificazione delle forme. Ne risulta un’estetica primitiva e arcaica, tendente a quell’astrattismo che caratterizzerà il periodo successivo dell’artista, dal 1948. Maternità (1944) apre la serie con tratti semplici ed essenziali, atti a delineare i volumi in modo netto. Le figure si presentano in pose statiche ma caratterizzate da movimenti ancestrali e impercettibili, come avviene per la Donna che si sveste (1945).
Le successive tre sculture di piccolo formato e grandissima tensione plastica risalgono al 1945. I tratti somatici e i dettagli delle vesti scompaiono per lasciare posto a forme più compatte e sfaccettate. Un trattamento meno accentuato in Cariatide e che trova la sua espressione piena in Figuretta femminile con braccio levato dietro la testa e Figuretta femminile con braccia distese. Due sculture che mostrano una mutata ricerca dell’impressione di movimento, sul filo dell’impercettibile.
A concludere il percorso è una coppia di sculture di diversa proporzione messe in dialogo tra loro. Realizzate dopo la pubblicazione del Manifesto, Piccolo nudo (1946) e Torso femminile (1947) si incamminano sulla via che porterà all’astrattismo e ai celebri “Torsi” di Tavernari. L’artista trasforma il legno intagliandolo finemente, per ricavarne forme sinuose, nelle quali rimangano riconoscibili solo gli elementi anatomici distintivi.
In stretto dialogo con le sculture, una parete è dedicata alla coeva attività grafica di Tavernari. Da una parte, una serie di nudi fortemente legati al periodo pre Manifesto della scultura in gesso; dall’altra, una terna in cui si rintraccia lo stesso lavoro a piani materici delle sculture lignee esposte, qui reso con disegni a penna e pennarello di china su carta bagnata. Spesso si tratta di disegni bifronte, in cui Tavernari riutilizza carte appartenenti al primo periodo, dando vita a documenti che condensano le caratteristiche formali di questo passaggio cruciale per l’artista, dal 1943 al 1948.