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L’essenziale è invisibile agli occhi: tracce di memoria di Sara Montani alla Permanente

Teodolinde,2010 stampa calcografica su carta Bugra Grain Rose Buvard e su carta velina cm 107x310
Velo, 2019 resina, tessuto cm37x40x40

Il Museo della Permanente di Milano presenta la mostra  “Trivium. Storie di senso” dedicata ai membri della Commissione Artistica uscente: Simonetta Chierici, Sara Montani, Vincenzo Pellitta

La rassegna (23 giugno – 17 luglio 2022) raccoglie le opere più significative dei tre artisti in un percorso che porta lo spettatore a conoscere le loro rispettive cifre stilistiche. Trivium rappresenta il punto di convergenza di tre Storie di senso raccontate attraverso i linguaggi propri di ogni autore: tre personali che si intrecciano e si uniscono in un’unica proposta espositiva.

Padroneggiare le arti liberali del Trivium significava sapersi esprimere in maniera dialettica e saper “parlare del mondo”: questo è quello che fanno, attraverso i loro linguaggi visivi, le moderne icone di Simonetta Chierici, le tracce dell’invisibile di Sara Montani e le Strutture minimaliste e dal perfetto rigore compositivo di Vincenzo Pellitta.

“L’essenziale è invisibile agli occhi” racconta il lavoro della Montani (Milano, 1951) attraverso un focus sul suo percorso di ricerca degli ultimi vent’anni.  L’artista  ha sperimentato vari linguaggi spingendoli sempre ai limiti e accogliendo nelle sue opere sia il proprio vissuto che oggetti reali. La sua poetica si radica in una fiducia nel lavoro collettivo e pluridisciplinare che è la diretta eredità di esperienze importanti, come scenografa e come insegnante. Quindi la pratica simultanea della pittura, della scultura, dell’incisione o del libro d’artista non si risolve in un semplice eclettismo ma si traduce in immagini ricche di tracce e rimandi, in uno scambio reciproco di materie e processi.

Teodolinde,2010 stampa calcografica su carta Bugra Grain Rose Buvard e su carta velina cm 107×310

“L’essenziale è invisibile agli occhi” – titolo mutuato da un brano de “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupéry – pone innanzi tutto l’accento sul confronto dialogico che nasce dalla mescolanza di linguaggi ma, e soprattutto, su un costante denominatore, comune ad ogni opera in mostra: la messa in evidenza del vuoto come raccoglitore di memoria, quell’invisibile che l’impronta rende presente. Il recupero e la valorizzazione della memoria, si accentra, dagli inizi degli anni Duemila, in un lavoro che utilizza prevalentemente capi d’abbigliamento che la stampa al torchio calcografico o la scultura in resina rendono indumento/scultura o indumento/matrice, pezzi unici, nella dimensione che appartiene al reale, in un rapporto di grandezza alla pari.

«L’abito, la sottoveste, la camicetta, un grembiulino, un colletto o il bavaglino – afferma l’artista – mettono al centro l’Uomo, trattengono in modo effettivo, concreto, fisico, la vita, l’intimità, il valore dell’esistenza. Il dar loro ‘nuova forma’ mi cattura, ‘l’invisibile dà senso al visibile’, si incarna, si fa corpo, materia e segno e, contemporaneamente mi consente di recuperare immagine storica e tradizione, altro patrimonio che non voglio disperdere».

L’artista non si concentra sul significato culturale e sociale, o sulla funzione pratica e simbolica dell’abbigliamento ma focalizza la sua ricerca soprattutto sull’impronta quale proiezione autentica della personalità umana che lo ha “abitato”. I linguaggi espressivi che ha ritenuto più idonei sono la scultura in resina e la calcografia. Quest’ultima tecnica di cui si è avvalsa molto di frequente soprattutto negli ultimi anni, utilizzata come occasione per creare elementi a sé stanti, completi e autonomi, costituisce una sorta di “fermo-immagine” che consente di fissare il ricordo dell’oggetto e del suo vissuto su una matrice, per poi stamparla più volte, in una ripetizione ossessiva nella ricerca di ciò che meglio sa conferire all’oggetto dignità di vita, nella ricerca della gamma cromatica più idonea o, addirittura, dall’assoluta assenza di colore, nel bianco della stampa a secco.

Textum, 2002 tessuto, resina, legno 220 x 130 cm

Anche con la scultura in resina l’abito, acquisisce una nuova “veste”, proprio per via del medium che gli conferisce una nuova struttura e fisionomia e consente all’artista di mescolare l’invisibile alle sue sensazioni nel dargli forma rendendolo un oggetto d’arte, concreto, che custodisce e racconta la vita personale di chi l’ha posseduto. Un esempio su tutti è dato dall‘opera Il vestito della festa, realizzata utilizzando un abito appartenuto a sua madre, nella quale, racconta, ho sentito la necessità di non esorcizzare il terrificante, la ferita – ovvero la scomparsa della mamma – bensì di includere il dolore nella bellezza di una forma per trovare una “bellezza della ferita” e quindi confrontarmi con ciò che è inesprimibile. La forza del lavoro sta nel restituirmi qualcosa di ciò che non ha immagine, nel rappresentare l’irrappresentabile.

L’ascolto della forma è il metodo che Sara Montani applica a tutti i suoi progetti artistici – o di natura pedagogica e sociale – che nascono nello spazio che lascia alla materia stessa. Così come diventa una necessità permettere al caso di entrare nel processo creativo e, soprattutto, la trasgressione, l’uscire dalla regola, inventando le sue matrici, cioè trasformando materiali eterogenei in “lastra” utilizzabile per la stampa, ed avere quindi la possibilità di inseguire la meraviglia della scoperta nel risultato finale del lavoro. Così si presenta il lavoro decennale delle Foglie, esposto in mostra, dove Montani porta elementi del reale a rivivere, nella loro dimensione naturale, all’interno dell’opera: una stampa, realizzata a secco, senza colore dove, sul foglio bianco di carta cotone, è proprio la linfa rilasciata dalle foglie sotto la pressione del torchio, a costruire la composizione dando voce all’invisibile.

Completa questa sezione della mostra il film Impronte, realizzato dal regista Alberto Nacci: una narrazione simbolica che documenta e avvalora la ricerca di Sara Montani attraverso il linguaggio filmico.

Straccio di donna, 2017 tessuto, resina, plexiglass cm52x57x35

Sara Montani
L’essenziale è invisibile agli occhi

Nell’ambito della rassegna Trivium. Storie di Senso
a cura di Luca Cavallini

Museo della Permanente, Milano
23 giugno – 17 luglio 2022

Inaugurazione 23 giugno, h. 17.00

Milano, via Turati, 34
info: 02.6551 445

Orari:
lunedì – venerdì 10.00-13.00 14.30-18.30
sabato – domenica 11.00-13.00 14.30-18.30

www.lapermanente.it

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