Venerdì 1° luglio 2022 riapre a Perugia, dopo un anno di lavori, la Galleria Nazionale dell’Umbria. Uno dei musei italiani più importanti si presenta rinnovato e modernizzato, più fruibile e tecnologico. La nuova GNU guarda con occhi nuovi ai suoi antichi capolavori.
Sette secoli di storia dell’arte ritrovano il loro posto. Più di un contenitore, più di uno spazio espositivo, più di un museo. La Galleria Nazionale dell’Umbria, la nuova Galleria Nazionale dell’Umbria è una casa per i capolavori conservati al suo interno. Una casa che dopo un anno di lavori appare rinnovata, ancora più accogliente. Per le opere, ma anche per il visitatore.
5 milioni di euro il fondo che il direttore Marco Pierini aveva a disposizione per cambiare volto al Museo, che oggi appare al tempo stesso guardare al passato e proiettarsi verso il futuro. Da una parte la Galleria è ora dotata di varie tecnologie all’avanguardia (dal meccanismo per portare avanti le opere e osservarne il retro ai sistemi di illuminazione che si attivano solo in presenza del visitatore), utili tanto alla fruizione quanto alla conservazione delle opere; dall’altra la ristrutturazione ha riportato alla luce le torri attorno alle quali è sorto l’edificio, le stanze dove visse il filosofo Giovanni Capitini e anche aperto una serie di vetrate che mettono in comunicazione i dipinti con il luogo dove sono nate: lo città di Perugia.
Difatti è lo stesso direttore a raccontarlo: «Se a Perugia non c’erano bravi pittori, i perugini li chiamavano da fuori. Ma è certo che i migliori sono spesso passati di qui». Per questo il nuovo percorso – 39 sale, da visitare rigorosamente in ordine cronologico – presentano una serie di capolavori che poche istituzioni possono vantare. Dal Duecento al Novecento, il meglio della pittura italiana. Da Duccio di Boninsegna alla scuola di Giotto, da Gentile da Fabriano a Beato Angelico, da Piero della Francesca a Perugino, da Pinturicchio a Orazio Gentileschi, da Pietro da Cortona ad Alberto Burri.
Firmamento luminosissimo in cui la stella polare è indubbiamente Pietro di Cristoforo Vannuccio, meglio noto come il Perugino. Se il riallestimento ha previsto sale più asciutte, che prediligano la qualità alla quantità, e sale monografiche per approfondire ed esaltare le eccellenze, ben due di queste sono state dedicate a colui che nel 1500 era considerato “il meglio maestro d’Italia”. Allievo del Verrocchio e maestro di Raffaello, il Perugino è stato in grado di generare un linguaggio nazionale che sintetizzasse luce e monumentalità, naturalismo e modi lineari.
La Galleria Nazionale dell’Umbria conserva il maggior numero di opere dell’artista. Tra cui Miracoli di San Bernardino, la Pietà del Farneto, l’Adorazione dei Magi, l’Annunciazione Ranieri; ma anche opere più tarde dove la sua tecnica pare matura ma non certo scevra di sperimentazioni e guizzi modernisti.
Tante le sale che meriterebbero approfondimento, ne segnaliamo alcune che spiccano per particolarità:
- La cappella dei Priori (sala 3). Le antiche vetrate della cappella, ricostruite dall’artista Vittorio Corsini in chiave contemporanea, paiono risplendere di un fascino antico e moderno al tempo stesso. Certo è che la svolta innovativa della Galleria ben si nota dall’altare ligneo disegnato prendendo a modello le montagne di Giotto.
- La loggia dell’Alessi (sala 11). Uno spazio ritrovato, riportato alla sua originaria funzione di loggia. Non è aperta, ma le grandi vetrate sono più che sufficienti affinché la luce del sole e i tetti di Perugia possano affacciarsi sulle sculture di Agostino di Duccio.
- Il polittico di Sant’Antonio di Piero della Francesca (sala 13). Probabilmente l’opera più rappresentativa dell’intera collezione. Opera capolavoro di un artista che incarna pienamente gli ideali del Rinascimento. Pittore, matematico, architetto. Artista totale che ha lasciato un segno indelebile nella storia.
- Le già citate sale del Perugino (16 e 23).
- La Sala Farnesiana (sala 19). Un ciclo di affreschi sul soffitto, un grande divano per sdraiarsi a osservarli. Superfluo aggiungere altro.
- Ductus (sala 20). Con grafite e inchiostro indiano l’artista contemporaneo Roberto Paci Dalò ha realizzato Ductus. Una timeline che in maniera precisa ma ironica ripercorre le tappe fondamentali della storia di Perugia e del Museo.
- Pinturicchio (sala 24). Così chiamato per via della sua bassa statura (Pictoricius), Pinturicchio è insieme a Perugino il pittore più iconico del rinascimento umbro. Un’intera sala è dedicata al suo capolavoro: la Pala di Santa Maria dei Fossi. Al suo fianco dei pannelli multimediali ne esaltano i dettagli. Il risultato è una visione caleidoscopica, didattica e suggestiva al tempo stesso.
- Raffaello a Perugia (sala 25). Una stanza dedicata a Raffaello, anche se non c’è nemmeno un’opera di Raffaello. Poco male: le tracce della sua presenza (un tempo erano almeno sei le sue opere presenti in Umbria, ora tutte disperse) riecheggiano nei dipinti degli artisti che a lui hanno guardato.
- Aldo Capitini (sala 34). Un intellettuale d’altri tempi, fuori dai dibattiti superflui ma fine pensatore. Nella sala numero 34, chiamata dell’orologio (per via del grande orologio di cui si ammira il retro), Capitini scrisse saggi filosofici, pedagogici, politici, sulla nonviolenza, sulla democrazia diretta, sull’esperienza religiosa, sul vegetarianismo, sull’obiezione di coscienza. Una figura da riscoprire assolutamente, a maggior ragione nei luoghi che furono suoi.
- Il Novecento (sala 39). Una sala destinata ad assomigliare quasi a una mostra temporanea, con le opere che ruotano a seconda delle occasioni. Una di queste è la concessione in prestito di Nero di Alberto Burri, affiancata a un’altra sua opera: Bianco e nero C2. E poi Tramonto lunare di Gerardo Dottori, Andi(i)Rivieni, 1970 di Dorazio e Bissau Hotel à Jaipur del ternano Alberto Mecarelli. Un segno visibile che la storia dell’arte umbra arriva forte fino a noi.