Sono state molteplici, negli ultimi anni, le riflessioni dedicate alle biblioteche e al loro futuro. Molte volte è stato annunciato il loro canto del cigno: l’avvento di Internet, i social media, i grandi database digitali
La verità è che, probabilmente mai come in questo momento, la nostra società necessita di biblioteche: come centro di produzione culturale; come luogo aggregativo per le nuove generazioni; come punto di riferimento per lo sviluppo individuale e collettivo; come guida per la comprensione dei grandi temi legati alla cittadinanza digitale; come struttura in grado di garantire ai cittadini l’accesso alla conoscenza.
Il nostro attuale sistema bibliotecario, tuttavia, non sempre presenta le caratteristiche per poter assolvere a questi “bisogni”, che, oltre ad essere di difficile soddisfacimento, allo stato attuale si configurano più come bisogni taciti, che espliciti.
È quindi quantomai necessario comprendere l’enorme lavoro che sinora è stato condotto dal settore bibliotecario, che in molti casi rappresenta una realtà ben lontana dallo stereotipo della vecchia biblioteca polverosa. Ma è altrettanto essenziale comprendere che gli enormi passi avanti condotti da molte delle nostre biblioteche in materia di risorse digitali, di servizi, di attività rivolte ai cittadini, sia ben lontano dal rappresentare un punto di arrivo.
Molti sono gli aspetti che devono ancora essere affrontati. Tra essi, però, una particolare rilevanza assumono il concetto di rete, quello di efficacia ed efficienza del sistema bibliotecario ed infine quello della creazione di servizi territorialmente integrati.
Punto primo: il network
Molte volte è stato ripetuto che le biblioteche rappresentano un formidabile hub potenziale per la cultura italiana, con una distribuzione capillare sul territorio. Questo è sicuramente vero. Ma è altrettanto vero che la presenza di una tale molteplicità di punti di contatto con i cittadini è condizione necessaria, ma non sufficiente, a fare del nostro sistema bibliotecario un sistema integrato.
Punto secondo: l’efficienza e l’efficacia della singola biblioteca
I termini efficienza ed efficacia vengono sempre, e immediatamente, associati a grandezze monetarie. Spesso lo sono, ma non è sempre così. Nel caso della biblioteca, efficienza ed efficacia riguardano due aspetti, tra loro correlati ma non perfettamente sovrapponibili. Da un lato c’è l’esigenza di creare un sistema di biblioteche che gravi il meno possibile, sulle dimensioni economiche territoriali. È un’esigenza che non deriva da un impianto di pensiero privatistico, ma da evidenze di finanza pubblica. Dall’altro, però, l’intera attività di ciascuna biblioteca deve essere imperniata sulla capacità di creare valore per il territorio, impiegando al meglio le risorse (efficienza) per far sì che i benefici generati ai cittadini siano i maggiori possibili (efficacia). Questa duplice dimensione (monetaria e non monetaria), richiede fortissime competenze di management, diverse e se vogliamo, in alcuni casi anche più complesse, rispetto alle capacità necessarie per condurre e gestire una società di produzione di prodotti di largo consumo. Il nostro attuale sistema è stato costruito in un momento storico in cui la biblioteca veniva percepita prevalentemente come un centro di costo che l’Amministrazione accettava per motivi di rapporto con la cittadinanza e per logiche occupazionali. In questo contesto, quindi, l’esigenza di formare manager in grado di coniugare la forte spinta “pubblica” della biblioteca, con la forte spinta, altrettanto pubblica, di efficienza di gestione, era tutt’altro che diffusa.
Oggi però i dettami e le logiche che regolano la finanza pubblica sono notevolmente mutate. Ed è necessario che di questo se ne rendano concretamente conto anche coloro che, ad ogni proposta di “maggiore efficacia” della biblioteca rispondono con la retorica dell’agora, senza considerare che avere un sistema bibliotecario che sia invece in grado di rispondere in modo efficiente ed efficace ai bisogni dei cittadini ambisca proprio a rendere quelle biblioteche quei centri di scambio e di crescita personale e collettiva che ora, in molti casi, non sono.
Punto terzo: il rapporto con gli interlocutori e la creazione di servizi
Per favorire l’affermazione di un nuovo sistema bibliotecario, è necessario in primo luogo individuare quali siano quei campi d’azione su cui, ragionevolmente, le singole biblioteche, e, integrate tra loro, i sistemi bibliotecari, possono e devono intervenire, evitando la duplicazione di servizi già esistenti, o investendo risorse (economiche, ed in termini di risorse umane) in progetti, iniziative e attività che non apportino benefici concreti alla collettività.
Ciò significa, banalmente, fare in modo che i servizi offerti debbano inscriversi nella più generale offerta di servizi al cittadino che sul territorio vengono realizzati, condizione, tutt’altro che banale, che richiede che tali servizi vengano progettati in accordo con le altre istituzioni territoriali.
Tale condizione, pur nella sua evidente complessità, permetterebbe di ottenere due risultati molto importanti: il primo sarebbe la classificazione dei servizi sulla base delle esigenze di tutte le categorie della società civile, come ad esempio le esigenze di informazione e conoscenza delle imprese, che spesso vengono poste in un secondo piano, sia l’identificazione di servizi che la biblioteca e, per estensione, il nostro sistema bibliotecario, potrebbero fornire anche alle stesse amministrazioni e alle istituzioni culturali presenti sul territorio.
Queste tre dimensioni, per quanto non esauriscano il ventaglio dei “grandi temi” che le biblioteche dovranno affrontare nei prossimi anni, rappresentano tuttavia delle “leve di cambiamento” importanti, su cui è opportuno che amministrazione pubblica e società civile inizino a confrontarsi.
Avviare una politica intensa sul settore bibliotecario può essere una grande opportunità per il nostro Paese, a patto che però si sappia cosa la tanto auspicata “biblioteca del futuro” debba essere.