Gli ultimi libri di Borja-Villel disegnano la necessità di un museo democratico, trasparente, partecipativo, sensibile ai territori
Il 27 aprile 2019 Manuel Borja-Villel tenne una memorabile lectio magistralis al Museo Macro Asilo di Roma. Ora sono usciti in Italia alcuni libri importanti per conoscere il pensiero e le pratiche di uno dei migliori direttori di museo e curatori d’arte del nostro tempo. Il primo è uscito in Italia ma in spagnolo, in forma di fascicolo con il titolo di Arte turismo y melancolia. Edito dal Macro Asilo, il testo è stato pubblicato come parte del volume Museo, teorie, pratiche, politiche a cura di Giorgio de Finis, traduzione di Laura Cazzaniga, edito da Bordeaux, Roma, nell’autunno del 2021.
Per i tipi di Hopefulmonster abbiamo poi Campi magnetici, scritti di arte e politica, tradotto da Anna Maria Farinato. Il volume si articola in tre parti e un epilogo in forma di lettera a un giovane artista. Di fatto un’antologia di brevi testi critici prodotti tra 1995 e 2021, qui raggruppati in tre sezioni a comporre un discorso su tre piani. Nella prima parte ragionamenti di ordine filosofico sulla complessa e contraddittoria natura della contemporaneità, nella seconda parte l’analisi di alcuni artisti come veri casi di studio. Emblematici per comprendere le forme del nostro tempo. Nella terza parte infine il ruolo istituzionale che il museo materializza e la sua relazione possibile con territori e altroistituzionalismo, ossia quelle Alter-Istituzioni che autonomamente nascono dal basso oppure riflettendo sulle possibili attività anche fuori dal proprio recinto disciplinare.
Il volume nel complesso mostra tutti i limiti di certe pratiche spettacolarizzanti (sia quelle degli artisti che quelle delle istituzioni). Si capisce bene quanto l’autore deplori una certa disneylizzazione di tanti musei che trasformano il soggetto politico, ossia il cittadino, il visitatore, lo studioso, in consumatore di entertainment artistico. L’autore critica apertamente quegli artisti che promuovono forme scandalistiche sfruttando le miserie altrui, mercificando l’arte rendendola solo un fatto di mercato. L’impegno politico di Borja-Villel, il suo posizionamento critico non è affatto nascosto. Anzi, rivendica l’importanza della costruzione di una vera memoria del nostro tempo attraverso l’aggiornamento e il riordino delle collezioni. Come nel caso del museo da lui finora diretto, il Reina Sofia di Madrid.
Si evince la necessità di un museo democratico, trasparente, partecipativo, sensibile ai territori e non una macchina da guerra votata alla “valorizzazione capitalista”. Per questo ciascun museo non può mai essere neutrale ma si deve situare, posizionare, socialmente e politicamente. L’epilogo finale è straziante, commovente e mette in gioco ciascuno di noi sia sul piano emotivo che sul piano genericamente culturale o estetico. Queste letture sono di straordinario interesse per gli artisti, per gli studiosi e per chi si occupa di arte e di musei.