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Traffico illecito di opere. Coinvolti un curatore e l’ex direttore del Louvre?

Una veduta aerea del complesso del Louvre Abu Dhabi
Una veduta aerea del complesso del Louvre Abu Dhabi
Due archeologi e curatori sono stati interrogati dalla polizia francese nell’ambito di un’indagine sul traffico illecito di opere d’arte, che ha coinvolto il Louvre Abu Dhabi, il Met e l’ex direttore del Louvre Jean-Luc Martinez.

Secondo il quotidiano francese Liberation, Jean-François Charnier e Noëmi Daucé sono sospettati di aver ignorato gli avvertimenti sulla discutibile provenienza di almeno due antichità egiziane (presumibilmente rubate) di altissimo valore (si parla di milioni di euro) e di aver esortato il Louvre Abu Dhabi ad acquisirle.

La negligenza di cui ora sono accusati risale al 2017, quando i due lavoravano presso l’Agence France-Muséums (AFM), società privata (ma partecipata pubblicamente da diversi enti, tra cui proprio il Louvre) incaricata di certificare la legalità e la provenienza dei manufatti antichi per il Louvre Abu Dhabi. Con loro collaborava l’ex direttore del Louvre Jean-Luc Martinez, presidente del comitato scientifico dell’AFM dal 2013 al 2021. Anche lui è accusato di “complicità in frode di gruppo e riciclaggio”.

Daucé, ora curatore al Louvre di Parigi, era in precedenza capo del dipartimento di archeologia dell’AFM. Charnier, che era il direttore scientifico dell’AFM e “braccio destro” di Martinez, è ora consulente di un’altra agenzia culturale francese, Afalula, per lo sviluppo culturale della regione di Al-Ula in Arabia Saudita.

Charnier e Daucé sono stati interrogati dall’OCBC, l’ufficio francese contro il traffico d’arte, ma non sono ancora stati accusati di alcun reato. Possono essere trattenuti per essere interrogati per un massimo di 96 ore, decorse da lunedì mattina, secondo Liberation, che ha svelato la storia.

Tutte e tre le istituzioni coinvolte – Louvre di Parigi, Louvre di Abu Dhabi e Agence France-Muséums – si sono dichiarate parte civile. In totale, il valore delle opere d’arte – presumibilmente rubate, e per cui l’AFM ha approvato l’acquisizione da parte del Louvre Abu Dhabi – ammonterebbe a oltre 50 milioni di euro.

Tra queste ci sarebbe una una stele di granito rosa che farebbe riferimento a Tutankhamon. Un manufatto la cui autenticità è stata certificata per mezzo di documenti falsi, autorizzati da Charnier. Il quale avrebbe ceduto alle pressioni del presidente del dipartimento della cultura e del turismo di Abu Dhabi, Mohamed Khalifa al Mubarak, copresidente della commissione di acquisizione del Louvre Abu Dhabi.

A peggiorare la situazione di Charnier concorrerebbero inoltre una serie di depositi anomali effettuati sul suo conto bancario, tra il 2016 e il 2018, da una casa d’aste belga gestita dai fratelli Ali e Hicham Aboutaam. La cui galleria d’arte – la Phoenix Ancient, con sede a New York e Ginevra – è stata ripetutamente oggetto di indagine per traffico illecito di manufatti. I fratelli Aboutaam avrebbero inoltre venduto diverse opere al Louvre Abu Dhabi tramite Charnier.

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