Il Comune di Rimini e la Fondazione San Patrignano, sviluppando un’idea di Patrizia Sandretto Re Brandeburgo e Giuseppe Iannaccone, promuovono il Premio Artisti Italiani PART. Avrà cadenza biennale ed è indirizzato alla scoperta e alla promozione di giovani artisti di età inferiore ai quarant’anni, italiani o residenti in Italia.
Il comitato selezionatore è composto da Edoardo Bonaspetti, Lucrezia Calabrò Visconti e Francesco Garutti, e gli artisti proposti in questa prima edizione sono: Benni Bosetto, Costanza Candeloro, Caterina De Nicola, Binta Diaw, Lorenza Longhi, Beatrice Marchi, Diego Marcon, Daniele Milvio, Margherita Raso, Andrea Romano, Giangiacomo Rossetti, Davide Stucchi.
Le opere saranno fruibili fino al 2 ottobre 2022 all’interno del PART – Palazzi dell’Arte Rimini, sito in Piazza Cavour.
Sabato 1 ottobre il comitato dei sostenitori del Premio e il Sindaco di Rimini avranno il compito di scegliere le tre opere che entreranno a far parte della Collezione San Patrignano e che saranno esposte al PART; i tre artisti selezionati si aggiudicheranno una somma in denaro per un totale di 20.000 Euro.
In occasione della presentazione del premio abbiamo dialogato con Edoardo Bonaspetti per poter indagare i criteri e le modalità che hanno determinato la scelta dei dodici artisti partecipanti.
Puoi parlarci della tua esperienza in qualità di membro del comitato selezionatore? Sia in questa sia in occasioni passate, come ti approcci al portfolio d’artista e cosa desta la tua attenzione? Quali sono gli elementi che maggiormente ti incuriosiscono?
Mi è sempre piaciuto partecipare a commissioni o comitati di selezione, che siano premi o residenze. È un’opportunità per ampliare lo spettro delle proprie conoscenze e confrontarsi con artisti e colleghi. In un periodo relativamente ristretto, si ha accesso a molti portfolio e si può riformulare le proprie idee su una scena artistica. A volte può essere impegnativo per l’attenzione e il tempo che richiede ma con l’esperienza si impara a riconoscere più velocemente la profondità di una ricerca, l’unicità di una pratica. Naturalmente apprezzo la chiarezza di una presentazione, l’equilibrio tra sintesi ed espressione, e la capacità di padroneggiare i principi di composizione di un buon portfolio.
Le opere selezionate restituiscono una rappresentazione molto variegata delle ricerche artistiche attualmente in corso. In questo compito condiviso con Lucrezia Calabrò Visconti e Francesco Garutti, come vi siete mossi e come avete articolato il lavoro? I vostri diversi percorsi sono emersi in questo contesto di squadra?
Conosco Lucrezia e Francesco da molti anni e la nostra amicizia ha facilitato le discussioni. Fiducia e sintonia di visioni ci hanno permesso di definire una rosa di artisti in cui ci siamo riconosciuti. In un primo momento ognuno di noi ha indicato un’ampia selezione di candidati dalla quale ci siamo mossi attraverso raffronti, portfolio e ricerche. Si doveva comporre un gruppo di opere e artisti che dialogassero tra loro e che fossero rappresentative di una visione corale.
Che indirizzo avete voluto dare alla prima edizione del Premio Artisti Italiani con la selezione dei dodici artisti attualmente in mostra?
Ci siamo sentiti molto liberi, del resto i criteri di selezione non dovevano rispondere a nessun principio o filosofia. Le opere in mostra affrontano diversi temi: dalle questioni di genere, identità e appartenenza, per arrivare a interrogarsi sul valore dell’opera d’arte, il mercato dell’oggetto o le capacità dell’arte di essere politica. Abbiamo cercato di far emergere e rappresentare alcune delle ricerche che riteniamo oggi più vive e attuali in Italia.
All’interno del catalogo della mostra, nel contributo scritto con Lucrezia Calabrò Visconti e Francesco Garutti, parlate del risultato di questa selezione come di un “arcipelago eterogeneo” di narrazioni. È possibile evidenziare un filo conduttore che percorre queste indagini, o delle matrici comuni che attraversano le opere in mostra?
Si è trattato di comporre una possibile narrazione sulla giovane arte italiana. È uno scenario tra molti, definito da scelte personali e contingenti. In questo caso, abbiamo evitato di tracciare un percorso tematico o determinato da specifici criteri, ma abbiamo giocato su relazioni, contrasti e assonanze. Ci siamo mossi in libertà dando un valore collettivo alle nostre ricerche e visioni sul “qui” e l’ “oggi”.
La creazione di questo evento biennale rende possibile la promozione volta all’acquisizione di nuove opere d’arte, in grado di arricchire il panorama artistico contemporaneo. Hai lavorato molto in questa direzione, sia con la fondazione di Mousse Magazine, sia attraverso la fondazione della casa editrice Lenz Press e curando gli spazi di Ordet e della Fondazione Henraux. A cosa stai lavorando e quali saranno i tuoi progetti futuri?
In questo momento il mio lavoro si alterna tra la passione per l’editoria e la curatela. Da un lato c’è Lenz Press, un nuova casa editrice fondata nel 2020 con Stefano Cernuschi, che mi sta dando molte gratificazioni. In breve tempo si è inserita in un panorama internazionale e abbiamo attivato collaborazioni con molte istituzioni che ammiro. Dall’altro lato il mio impegno curatoriale con la Fondazione Henraux e Ordet. Con la Fondazione ho appena inaugurato una mostra presso le Gallerie d’Italia a Milano e a fine mese ci aspetta il Premio Internazionale di Scultura. Ordet è per me una piattaforma di sperimentazione e collaborazione con gli artisti dove presentare progetti inediti e ricerche originali. Abbiamo inaugurato da poco la doppia personale di Lorenza Longhi e Megan Marrin, che rimarrà aperta fino a settembre, e poi un calendario fitto di eventi per l’inizio dell’autunno.
Questo contenuto è stato realizzato da Anna Masetti per Forme Uniche.
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