Travisato Travasato: Francesco Snote illumina per un mese intero l’isola di Salina, dal 30 luglio al 20 agosto si tiene la personale dell’artista piemontese al Centro Studi Santa Marina Salina per il progetto MATTA di Giulio Rampoldi e Pier Francesco Petriacchi. Di seguito il testo critico.
Perché una mostra su un’isola non ha senso / Perché è importante
Una delle poche cose che mi manca della Germania è la lotta per il lavoro.
Io Lo chiamo pretenzioso, lui mi chiama idiota. Ciò ha concluso la mia ultima discussione con F. Non sopporto l’arte vicino all’oceano. Troppe conchiglie, troppa sabbia sulla spiaggia.
Cosa stai cercando di aggiungere? Cosa intendi con terreno tremolante? Bagnarsi i piedi è sempre un problema! Amo la scultura. Ha molti problemi.
F. Ha sempre molto da raccontare del suo lavoro, delle isole e del suo lavoro, isole, lavori e un viaggio. Alcune volte è difficile per me capire.
La maggior parte delle volte a F. questo piace.
Sono anche stato su un’isola.
Ok nessun problema !
Qual è il tuo problema?
Erutta come un vulcano. Poiché il lavoro quotidiano di F è arte, ogni giorno ha molti problemi
– Poiché l’arte inizia sempre con un problema, lui ha sempre molto lavoro.
QUA IN ITALIA SI COMBATTE SOLO CON SE STESSI (Whatsapp venerdì 17 giugno)
Lui odia litigare sulla sue prove di disegno.
Io amo litigare sulla sue prove di pittura.
Adoro questo stucco. così tanto.
(Lo chiamo Pittore) Mi odia tanto. Mentre lui mi racconta dei suoi disegni io penso alle sue sculture. Quella con l’uovo in testa. Quella rossa. Mi chiedo come starà su un’isola.
F. si è tagliato i capelli. Finalmente. Come se avesse importanza.
F. Ha iniziato a dipingere. Finalmente. Come se avesse importanza. Per lui conta molto, lo vedo.
Riesco a vedere quanto contano queste teste. Lo vedo, perché contano. Non vedo acqua e conchiglie. Semplicemente non guarderò.
Riesco a vedere dentro le teste, sono in grado di vedere cosa vedono loro. A causa dell’isola vulcanica, assomigliano all’isola vulcanica.
Gli piace viaggio verso l’isola più dell’isola stessa.
Me l’ha detto.
Ho visto una scatola sul sedile posteriore della sua Fiat. Era una scatola per una scultura da viaggio. L’ho portato sul mio grembo durante l’ultimo giro. Quattro persone ed una scatola. Sul mio grembo. Teste che viaggiano dentro a scatole in auto su navi.
Perché hai bisogno dell’isola?
Senza l’isola nessun viaggio. Senza viaggio niente teste dentro alle scatole nelle macchine sulle navi.
– Ha senso. Ma non importa.
Siediti. Su una sedia. La sedia è per gli amanti. F. ha fatto una sedia. Una sedia per gli innamorati.
– Non ha senso. Ma importa.
PS:
La scultura di F. è stata vandalizzata qualche tempo fa. Hanno lanciato pietre. – Ha sempre la meglio critica.
Martin Kähler
L’ARTISTA
Francesco Snote (nato a Biella 1991).
Diplomato all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, ha partecipato a mostre nazionali e interna- zionali tra cui “Sulle colazioni e sulle imboscate”, L.U.P.O., Milano (IT), “Allenamento 01” Basis Fran- coforte, Francoforte (DE), “Sabaudade” Progetto Las Palmas, Lisbona (PT), “Pelle d’oca” Villa Vertua Masolo, Nova Milanese (IT), “Luna Crescente” Residenza La Fornace (IT), “It’s my party Deep-End” Sonnenstube, Lugano (CH) .
È stato co-fondatore di Spaziobuonasera, run-space artis attivo dal 2016 al 2019 a Torino e del Club Pineta, residenza estiva annuale. Nel 2019 ha curato il programma delle lezioni semestrali all’Accademia Albertina di Torino.
Cara Matta,
ci sono dei fattori che non si possono assolutamente escludere quando si ha l’occasione di partecipare a una mostra su un’isola del mediterraneo:
1
La salita e la discesa (o ascesa e caduta) in un’isola di origine vulcanica, quindi forgiata sull’inquietudine e sul ribollire sotto una crosta nera ostile, irascibile, in continua mutazione e temporanea.
2
Ogni luce che si incontra è un faro e ogni faro segna salvezza o disastro.
3
Il problema di essere in un posto troppo bello e quindi, di conseguenza e nella natura, il tuo mezzo funziona da spalla destra agli eventi e alle emozioni, ai tramonti rossi e a questo genere di cose a cui non si è abituati.
4
La questione dell’orizzonte. Pensando per esempio alle persone che sono in vacanza e che per tutta la loro permanenza non fanno altro che lanciare all’orizzonte delle brevi occhiate tra una pausa relax e l’altra. Non si capisce cosa si vada cercando in queste brevi e fugaci occhiate, ma tutte le volte che ci penso mi riaffiora alla mente una donna che un mattino al bar mi disse che
“Cadendo dall’alto una figura rimpicciolisce e cessa brutalmente di rimpicciolire in una posa da burattino. Una figura che si allontana è invece una figura che cade dolcemente e, anziché sfracellarsi, si disperde come una nuvola o un alone di acqua su un piano”.
Una mostra su un’isola deve avere la stessa delicatezza di una figura che si allontana e può aiutarti a comprendere che l’orizzonte è una linea disegnata che puoi gestire, che non esiste un sopra e un sotto ma soffi e immagini che avvolgono e abbracciano, aiutandoti a ricordare momenti già vissuti in un tem- po non definito o ancora da vivere. Sfortunatamente Salomon Rossbach, famoso mercante di diamanti di Manhattan pensava di esserci arrivato, e nel 1961 si lanciò dal suo appartamento al trentottesimo piano lasciando un biglietto con scritto “Dal momento che non esiste più un sopra e un sotto,
io mi butto” e cessò brutalmente di rimpicciolire in una posa da burattino.
Per questo fare una mostra su un isola può essere molto pericoloso e bisogna prendere coscienza di 3 piani fondamentali che nelle rappresentazioni, e nelle mie in particolare, sono sempre esistiti:
1
Qualcosa che viene proposto in primo piano (un problema, uno sguardo, un atteggiamento)
2
Un’ipotetica architettura, un mezzo, un oggetto o scenario che ti potrebbe portare alla soluzione finale e farti sentire al riparo.
3
Lo spazio infinito e ambiguo dalle infinite probabilità e riluttante a qualsiasi risposta perché chi le cerca si ferma al punto primo, ovvero al problema.
Questo è uno dei motivi, rudi per intendere che un’opera o feticcio o risultato parzialmente completato fa parte di una serie di episodi perpetui e che l’opera finita non esiste.’
Il mare è uno spazio profondo che nasconde e custodisce il passato e le memorie dell’uomo. E’ quindi pericoloso per chi non riesce a scrutare in fondo all’acqua
o in lontananza nell’orizzonte.
La camera o come dir si voglia lo spazio della mostra, diventa un’isola quasi dimenticata dal passaggio di navi mercantili e di sguardi euforici, quindi, di innominabile serietà.
Queste sono le AVVERTENZE per iniziare la spedizione verso il Monte Analogo di noi altri e per guardare.
Le tavole disegnate saranno dei giochi di specchi molto fragili, degli scenari che NON TORNANO e dei binocoli che guardano le cose allontanarsi.
Le sculture saranno le accompagnatrici e l’agevolazione dei nostri spazi interni e esterni, qualcosa su cui riposare e accasciarsi esausti.
Insieme saranno senza etica e morale, senza sinderesi e legami accademici di bene e male. Potrebbero palesarsi come dei sospiri iperbolici che ci avvicinano di qualche passo a quella linea d’orizzonte che tanti reputano impossibile da raggiungere semplicemente perché legati ai soliti mezzi di trasporto comuni.
Cos’è quest’oggetto, ieri vivo e stamani morto, “questa testa divenuta oggetto, piccola scatola misurabile, insignificante?”. Si vorrebbe aggiungere, “insignificante” perché “misurabile”. Entrata ormai nel campo del métron, dell’antropometria, in quest’era del Terrore post rivoluzionario in cui l’invenzio- ne del metro accompagna la decapitazione delle teste in nome della Ragione,
il volto umano cessa di essere rappresentabile. Infatti il volto è precisamente ciò che non si può misurare, ciò che appunto fa dell’uomo una non-cosa, un non-oggetto, senza limiti, un no-thing, per cui l’esistenza dell’Altro, di fronte a sé, non è dell’ordine del “c’è “, del “quello”, neutro, anonimo, misurabile,
ma dell’ordine dell’ “è qualcuno”, un “tu”, un “voi”, che m’interroga, mi sfida, mi arresta, mi sorprende, trattiene la mia attenzione. Cos’è il contegno, cos’è che contiene il volto, come la brocca contiene l’acqua? Perché si dice di qualcuno che il dolore sommerge, che i suoi tratti “si decompongono”? Cosa vogliono indicare quelle espressioni di cui la lingua è tanto ricca, come “salvare la faccia”, “perdere la faccia”, “far bella figura”…, se non tutte quelle mimiche che segnano l’imprevedibile del volto, l’im-previsto, al di là del visibile,
che vediamo nascere e in cui si afferma la libertà dell’Altro di fronte a noi, è la sua irriducibilità di individuo.
Residui di una visione: ecco quel poco, quel quasi nulla, il granello di vita che la visione dell’artista mantiene sul fondo dell’occhio, nel punto più sensibile della retina, quando tutta la realtà attorno si è decantata, al termine di quell’operazio- ne che ho chiamato travaso, passaggio di un viso nell’altro, rovesciamento della visione del modello nello sguardo dello scultore.
Jean Clair, Teste che guardano, 1992