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Il luccicante mondo di Giovanni Boldini torna a splendere in una grande mostra ad Asti

Giovanni Boldini La camicetta di voile , 1906 c. Olio su tela , 72x63,5 cm Collezione Sacerdoti Ferrari
Giovanni Boldini, La camicetta di voile, 1906 c. Olio su tela, 72×63,5 cm. Collezione Sacerdoti Ferrari
La Belle Époque, i salotti, le nobildonne e la moda. Il luccicante mondo di Giovanni Boldini rivive nella mostra – Boldini e il mito della Belle Époque – che Palazzo Mazzetti di Asti gli dedica dal 26 novembre 2022 al 10 aprile 2023.

Letteratura e moda, musica e lusso, arte e bistrot si confondono nel ritmo sensuale del can can. Oltre 80 magnifiche opere – tra cui Signora bionda in abito da sera (1889 ca.), La principessa Eulalia di Spagna (1898), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.) – sono protagoniste di una narrazione cronologica e tematica al tempo stesso.

L’esposizione, a cura di Tiziano Panconi, si concentra su quella che forse era la maggior qualità di Boldini: esaltare con unicità la bellezza femminile e svelare l’anima più intima e misteriosa dei nobili protagonisti dell’epoca.

Una mostra che pone l’accento sulla capacità dell’artista di psicoanalizzare i suoi soggetti. Era capace di chiedere alle donne che ritraeva di rimanere sedure di fronte al suo cavalletto per ore, addirittura giorni. Nel mentre parlava con loro, poneva domande scomode, impertinenti, al fine di comprenderne nel profondo lo spirito scrutandone l’anima.

Per questo farsi ritrarre da Boldini significava svestire i panni dell’aristocratica superbia di cui erano dotate le dame dell’epica. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze. Una dialettica giocata sul filo della scortesia, ma necessaria a far emergere sfumature e fragilità del soggetto.

Spesso a tradire chi posava per Boldini non era una frase o una confessione, quando una minima reazione, un impercettibile movimento del corpo. Pertugi in cui il pittore si inseriva per afferrarne i segreti e riportarli sulla tela.

Ovviamente con lo stile che gli era proprio. Lunghe e vorticose pennellate, impresse come energiche sciabolate di colore, che rimodellavano in senso dinamico i corpi delle sue “divine” creature.

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