La maison Gucci rende omaggio a Stanley Kubrick con una nuova collezione d’abiti, disegnata da Alessandro Michele in un eclettico connubio tra film e moda
È l’affascinante produzione cinematografica del grande regista Stanley Kubrick (1928-1999) ad ispirare Exquisite, la nuova campagna autunno inverno 2022/2023 di Gucci, fotografata da Mert & Marcus. Arancia Meccanica, Barry Lindon, Eyes Wide Shut, Odissea nello Spazio, Shining: alcuni frammenti cult di queste note pellicole sono stati rivisitati dal direttore creativo della maison, Alessandro Michele, con l’inserto di magnifici abiti di Haute Couture, che anelano però a una fruizione di massa. In un’epoca in cui tutto ciò che è ibridato e mixedmediale risulta inevitabilmente sexy, l’innesto, firmato Gucci, tra moda, fotografia e settima arte, non poteva che cogliere nel segno.
Gli obiettivi di Exquisite sono molti; anzitutto mescolare lusso e everyday life: “Nelle sequenze selezionate è come se Nietzsche, Kant e Freud dialogassero con la strada. Le più grandi domande sul senso della vita diventano immagini pop. Trasfigurazioni complesse sul piano del significato si trasformano in accessi immediati sul piano dell’esperienza”, commenta Michele. Sottolineando con commozione la partecipazione alla campagna di Milena Canonero, che ha aiutato la Maison nella ricostruzione di alcune scene. La costumista italiana, vincitrice di quattro premi Oscar ai migliori costumi, ottenne il suo primo premio nel 1976, proprio per Barry Lindon.
Rabdomante della visione
“Tutto diventa immagine iconica, simbolicamente raffinata, ma capace di depositarsi all’interno di una cultura decisamente popolare. Ho scelto Kubrick anche per questo. Quello che ha prodotto fa parte dell’immaginario collettivo”, continua Michele. “Il suo essere un rabdomante della visione ha reso le sue opere riconoscibili al pari della Cappella Sistina, della Vergine delle Rocce o dei Simpson. Manipolarne le immagini rilanciandole all’interno di un inedito quadro semantico, assume lo stesso senso che può avere un hackeraggio della Gioconda. Con l’aggiunta dell’afflato e del coinvolgimento empatico che solo la macchina della finzione cinematografica riesce a produrre”.
L’abilità di Kubrik, cineasta filosofo, nelle parole del direttore della Maison, risiede nella sua “carica sperimentale che sopravanza tutte le possibili categorizzazioni. Ogni film condensa, anime molteplici: il distopico si incastra alla parodia, il dramma diventa commedia umana, l’orrore assume le sembianze di un trattato psicofilosofico, il sentimento del vero sfocia nel perturbante”. E, se il regista statunitense è stato in grado di trarre dal reale sottili paradossi emozionali e obliqui slittamenti percettivi, Gucci rivela di aver guardato molto all’arte filmica per la propria produzione: “ho sempre pensato alle mie collezioni come a dei film capaci di restituire una cinematografia del presente: una partitura di storie, eclettiche e dissonanti, in grado di sacralizzare l’umano e la sua capacità metamorfica”.
Seducenti corto-circuiti
Seguendo la sua prassi creativa, Michele spiega di essersi appropriato delle pellicole per risemantizzarle e popolarle con i suoi vestiti, nel tentativo riuscito di creare seducenti corto-circuiti. L’abito disegnato da Laura Whitcomb, con il quale Madonna solcava negli anni ’90 la scena newyorkese, si inserisce nelle scene gotiche di Shining, laddove il vestito di Adidas, che aveva già perso il suo statuto di oggetto sportivo per diventare un costume vittoriano, diventa protagonista novello nella sceneggiatura di Barry Lyndon. Il clima onirico-delirante di Eyes Wide Shut, tra eleganti maschere poco rassicuranti, accoglie una venere in pelliccia, con indosso preziose perle di stampo borghese.
E così via. In Arancia Meccanica fa il suo ingresso esplosivo un paio di scarpe anni ’90 dal sapore fetish. Mentre un abito da sera, dei più sognanti, tra ruches di tulle infiniti, irrompe nell’ambiente “asettico e distopico” della Discovery di 2001: Odissea nello spazio. Un’operazione ludica e insieme pregiata, quella di Gucci, che scavalcando i confini elitari dell’alta moda vuole mostrarsi pop, ma lo fa attraverso la raffinatezza di un regista visionario. “In questo gioco situazionista si mescolano i piani storici, le referenze, i vissuti. Il passato esplode nel presente. Tutto può diventare qualcos’altro. Come in quella famosa scena del capolavoro di Kubrick in cui l’osso si trasforma in un’astronave. Come nella vita”.