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Orizzonti Verticali, la X edizione guarda il mondo odierno attraverso le performance degli artisti

La danza della realtà_ph Enrico Coviello
Tripofobia_ph_Enrico Coviello

Si è svolta dal 25 al 27 agosto 2022 la X edizione del festival “Orizzonti Verticali” – Arti sceniche in cantiere/Horti conclusi – Visioni prospettiche a San Gimignano (Siena)

Bisogna veramente ringraziare Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari se da ben 10 anni portano artisti e pubblico nei giardini chiusi, cortili, piazze di uno dei più bei posti del mondo: San Gimignano. Il festival “Orizzonti Verticali – Arti sceniche in cantiere” da loro diretto, a cura della Compagnia Giardino Chiuso e Fondazione Fabbrica Europa che vanta il contributo di MiC, Regione Toscana e Comune di San Gimignano – Assessorato alla Cultura, e il sostegno di Intesa Sanpaolo, è letteralmente un viaggio nella bellezza tanto delle arti performative, quanto di quelle offerte dalla natura del luogo.

Questa X edizione che si è svolta dal 25 al 27 agosto 2022 portava il titolo “Horti conclusi – Visioni prospettiche”, una tre giorni di teatro, danza, incontri, performance, installazioni. Sette gli spettacoli in cartellone di cui due prime italiane, una prima nazionale ed una prima regionale, affiancati da una installazione dell’artista visivo Sebastiano Pelli, due incontri, un laboratorio con Anna Dora Dorno, Nicola Pianzola e Anuradha Venkataraman.

Un’edizione che ha dato molto spazio alla danza portando venerdì 26 agosto, nei bellissimi spazi della Rocca di Montestaffoli,  la compagnia romana Atacama con La danza della realtà di Patrizia Cavola e Ivan Truol. In scena 5 danzatori che entrano correndo sul palco e si muovono su musica elettronica (la pioggia che ha preceduto lo spettacolo non ha permesso l’esibiziane sull’erba com’era previsto). Corrono in circolo, solo uno sta al centro. Infilano la mascherina, uno scontra l’altro che si irrita. E’ subito scontro. Un danzatore continua a correre sul posto, un altro lo raggiunge, c’è competizione. Le donne sembrano più unite, compatte, cercano indubbiamente un contatto sia tra loro che con il sesso opposto, ma non è facile. Finalmente tra due ci saranno gesti che avvicinano, ma non si toccheranno mai. Un passo a due intenso arriva alla fine, ed è un segno di speranza, prima di una coreografia di gruppo che chiude la performance. La coreografia è ispirata all’universo di Alejandro Jodorowsky, mentre la ricerca parte dalla lettura di Cabaret Mistico e delle brevi storie riportate nel libro. Un viaggio nelle contraddizioni dell’essere umano che cerca contatto e nel frattempo lo respinge. Lo specchio di una comunicazione non facile ai giorni nostri. 

La danza della realtà_ph Enrico Coviello

Senza dubbio più interessante e forte la performance di un’ora dopo alla Galleria Continua in cui la compagnia IVONA ha proposto in prima regionale T.R.I.P.O.F.O.B.I.A. A danzare una coppia maschile di cui uno è anche il coreografo del brano, Pablo Girolami, che insieme a Guilherme Leal, sono riusciti a creare un particolarissimo lavoro che va all’esplorazione della grossa installazione in alluminio FRAME di Antony Gormley (il noto scultore inglese). I due sono immobili quando il pubblico prende posto nell’ex cinema adesso di proprietà della Galleria, e lo saranno a lungo. I loro movimenti partono lenti da ogni più piccola parte del loro corpo, sembra di assistere ad una danza butoh. Si muovono con circospezione ed abiltà misurando ogni movimento nei buchi della scultura, insinuandosi fra le figure geometriche che unite fra loro creano spazi, uscite. Il loro è un gioco anche perverso al limite del masochismo. Si applicano l’uno l’altro delle ventose di plastica che lasciano segni sulla pelle. Vogliono creare paura, angoscia, anche nel pubblico, che con loro vive del disagio che prende campo. La loro fobia diventa quella di chi li guarda che comunque non può che riscontrarne la grande tecnica della loro gestione del corpo. Un corpo che si misura fino allo stremo, un corpo che però alla fine, con un bacio omosessuale, decide per la libertà.

Tripofobia ph_Enrico Coviello

Si vedrà danza anche la giornata successiva, assistendo allo spettacolo al Giardino di Sant’Agostino ad opera della compagnia svizzera di Tiziana Arnaboldi. Una performance che vuole portare l’attenzione del pubblico verso le grandi intuizioni della Bauhaus. Titolo del lavoro è Autour du corps ed infatti le due danzatrici che si esibiscono nel bellissimo giardino delle suore benedettine lavorano  con la forma trasformata in costume: una lunga gonna di 4 kg composta da 9 anelli concentrici. L’oggetto stimola la danza che si fa via via incalzante fino a diventare una specie di danza tribale, come una taranta, che trascina le ragazze in un vortice quasi di sabba, ma poi torna la quiete  e le due sembrano riconciliarsi con sé, il loro abito ed il cosmo intero.

Invece non si può parlare di danza, anche se la protagonista è propio una danzatrice, riguardo Lo spazzasuoni/Suono con cui la compagnia Giardino Chiuso ha debuttato in Prima nazionale la sera del 26 agosto nel sotterraneo, ex rifugio antiaereo nel centro di San Gimignano.

Il progetto a cura di Tuccio Guicciardini, Patrizia de Bari e Carla Tatò è ispirato all’omonimo racconto di J.G. Ballard. Un lavoro che si configura come progetto sonoro e che indaga la profondità della psiche umana servendosi dei suoi infiniti spazi onirici. Il pubblico viene accompagnato all’interno del sotterraneo immerso nel buio più totale. Questo fa sì che si entri subito in quell’atmosfera che estranea dal resto del mondo. La protagonista, la stessa Patrizia de Bari, si muove con una torcia esplorando oggetti e muri che la circondano. Colonna sonora è la voce di Carla Tatò, la nota attrice romana che nel 1967 debuttò nel teatro di Carmelo Bene. Una voce forte e inquitetante che fa muovere i passi della de Bari all’interno di quel mondo misterioso e claustrofobico fatto da oggetti dimenticati, andati in disuso, ricordi tragici del passato, che detta il racconto di Ballard. Un lavoro interessante che però, come hanno dichiarato gli stessi  autori – registi, è ancora un work in progress, lasciando quindi ad intendere che forse la prossima edizione ci darà modo di vederne il completamento.

Lo Spazzasuoni ph_Enrico Coviello

A chiudere il festival, alla Rocca di Montestaffoli, è Marco Baliani con il suo lungo monologo Opposti flussi. Balliani entra in scena con un libro in mano, il suo (Ogni volta che si racconta una storia), per raccontare di una statua di Sofia Loren, divisa a metà non si sa come e di cui la parte alta, custodita da un bieco gruppo di slavi, è considerata una vera e propria reliquia. Il pretesto serve all’attore per  enunciare come la scrittura si opponga alla voce che narra. Da qui parte un lungo peregrinare in spazi e luoghi senza tempo che portano a immaginare mondi sconosciuti e poco esplorati come quelli del sogno in cui più ci si perde e più, forse, si è felici. Attraverso un viaggio tra le opposte sponde della realtà e della immaginazione, Baliani ci fa capire che le distanze non sono poi così grandi, che a volte un sogno può diventare realtà o viceversa, e che la stessa realtà non è mai così definita come può sembrare. Lui stesso, però,  casca nel tranello quando cede nel parlare della guerra in corso tra Russia e Ucraina schierandosi palesemente con “i buoni “. Evidentemente non  conosce a fondo la storia di due popoli i cui conflitti non riguardano solo il momento storico attuale, due nazionalismi a confronto in un mondo sempre più rischioso.

www.sangimignano.com

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