“Il fascismo era reale: deportavano, torturavano, uccidevano. Tutto questo invece mi sembra una farsa”, risponde Aldo Braibanti a Ennio che lo esorta a reagire – lui che da partigiano aveva combattuto contro i fascisti – alle accuse di plagio che gli sono state mosse dalla famiglia di Ettore, giovane con cui Braibanti ha una relazione amorosa. La sua vera colpa è però un’altra nell’Italia degli anni ’60 (e forse anche odierna): la propria omosessualità.
Il signore delle formiche (2022), nuovo film di Gianni Amelio presentato in concorso a Venezia 79, ricostruisce liberamente la vicenda del poeta, drammaturgo, sceneggiatore e mirmecologo (studioso di quelle formiche che danno il titolo al film) Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio). Nel 1968, Braibanti venne condannato a nove anni di carcere – poi ridotti a due per i suoi meriti di partigiano – in base all’articolo 603 del Codice Penale che, dichiarato incostituzionale nel 1981, perseguiva il reato di plagio: “Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla a uno stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”.
Avanti e indietro nel tempo
La narrazione costruita da Amelio è frammentata. La prima sequenza si svolge alla festa de l’Unità a Roma, è il 1965: Braibanti ed Ettore (Leonardo Maltese) sono una coppia che si scambia dolcemente poesie per poi tornare a casa insieme. Sarà la loro padrona di casa, avendoli scoperti a letto insieme, ad avvertire la famiglia di Ettore che, “prelevandolo” contro la sua volontà, lo affida alle “cure” di un ospedale psichiatrico. Un salto indietro di sei anni ci porta in Emilia-Romagna, mentre assistiamo all’incontro tra Ettore e Braibanti e allo sbocciare del loro amore. Per poi essere catapultati in avanti, al processo.
Qui entra in scena il personaggio di Ennio (Elio Germano), giornalista de l’Unità al quale viene chiesto di occuparsi del processo di Braibanti, cui ben presto si appassiona, schierandosi nei suoi articoli dalla parte dell’intellettuale. La sequenza chiave del film, la più toccante, si svolge in tribunale, quando a testimoniare viene chiamato Ettore: visibilmente provato, egli richiama alla mente la natura della sua relazione con Braibanti, ricordando quanto tutto ciò che era accaduto tra di loro fosse nato dal comune sentimento d’amore.
Poche emozioni
Escludendo questo intenso piano sequenza di alcuni minuti – che fa di Leonardo Maltese un possibile aspirante al il Premio Mastroianni come miglior attore esordiente –, Il signore delle formiche è un film che difficilmente riesce a emozionare, nonostante l’ottimo cast e le tematiche forti scelte dal regista calabrese. Se il risultato complessivo è comunque convincente, restituendo un ritratto di un intellettuale fiero che non vuole abbassarsi alla mediocrità di chi lo accusa, si stenta a capire come la distruzione di un amore e, in particolare, l’annientamento della persona di Ettore – peraltro abbandonato dalla famiglia che ha deciso di togliergli tutto piuttosto che saperlo libero di vivere la propria omosessualità – riesca a suscitare così poca empatia.
Non aiuta forse la scrittura di Amelio, in collaborazione con Edoardo Petti e Federico Fava, che affida a personaggi comuni un registro linguistico proprio più a un raffinato intellettuale che ad abitanti della provincia emiliana. La sensazione, all’uscita della sala, è quella di un’occasione mancata. Non tanto nel ricostruire una vicenda storica che fece scandalo e che a maggior ragione agghiaccia oggi, quanto nel provocare una reazione istintiva ed emotiva che ci si sarebbe aspettati da una storia così drammatica nelle mani di un regista così esperto.